SRI AUROBINDO
E I SUOI DIARI PERSONALI

di Tommaso Iorco
(autore tutelato S.I.A.E.)


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Fra il 1909 e il 1927 Sri Aurobindo tenne una serie di taccuini — ritrovati postumi — dove annotò alcuni appunti riguardanti l’evoluzione del Lavoro intrapreso.
Trattandosi di diari personali che Sri Aurobindo non intendeva affatto pubblicare (semmai era intenzionato a distruggerli, come avvenne per buona parte di essi — possiamo anzi supporre che fu solo per una svista che non vennero distrutti totalmente), essi sono piuttosto difficili da decifrare. Difficili, ma straordinari, in quanto gettano un po’ di luce sulla ricca e multiforme ‘impersonale personalità’ del suo Autore e su quell’Opera di Trasformazione della Materia compiuta insieme a Mère.
La terminologia contenuta in questi documenti (scritti in inglese) è alquanto intricata, ricchissima di vocaboli in sanscrito ma anche in altre lingue (greco, latino, francese, begali, hindi), oltre al fatto che ricorrono in essi parecchi segni particolari e abbreviazioni, non sempre facili da decifrare. Accanto ai due volumi di complessive 1.500 pagine — dal titolo RECORD OF YOGA — l’Editore ha realizzato un documento di oltre 200 pagine intitolato Glossary to the Record of Yoga.
Per dare un’idea della complessità di quest’opera — e della sua importanza — offriamo qualche estratto che illustri in una breve rassegna i punti fondamentali di questi diari, volta a applicare il potere spirituale sulla sfera materiale allo scopo di trasformare radicalmente le condizioni e le leggi terrestri e farne una creazione nuova, libera da tutte quelle deformazioni che costringono la materia in uno stato asservito, ottenebrato e mortale. Spirito e Materia, per Sri Aurobindo, non sono termini antitetici, ma i due poli di una medesima Realtà. Svelare nella Materia gli splendori dello Spirito era pertanto il suo Lavoro.

Prima di gettarci a capofitto nell’impresa, un link contenente un breve esame del percorso spirituale di Sri Aurobindo ci pare indispensabile.

BREVE BIOGRAFIA DI SRI AUROBINDO

E anche qualche estratto epistolare dello stesso Sri Aurobindo può sicuramente aiutarci nella comprensione del suo diario.

«La legge terrestre deve essere cambiata, una nuova atmosfera deve essere creata. Il problema non è soltanto raggiungere la conoscenza, il potere, eccetera, ma farli scendere; tutta la difficoltà consiste nel farli scendere in basso».

«Il funzionamento del potere sopramentale quale io lo considero non consiste nell’influenzare il corpo fisico conferendogli delle facoltà anormali, ma nell’entrare nel fisico e nel permearlo, cambiandolo completamente in un corpo fisico sopramentalizzato».

«Non sono venuto per compiere miracoli, ma per mostrare la via, aprire la strada, aiutare sul percorso di un grande cambiamento interiore della nostra natura umana — i cambiamenti esteriori nel mondo saranno possibili solo se e quando questa trasformazione si sarà effettuata e estesa».

«Questa trasformazione non può essere fatta individualmente o in modo solitario. Nessuna solitaria trasformazione individuale avulsa dal lavoro per la terra (che è molto di più di una trasformazione individuale) sarebbe possibile né utile. Inoltre nessun essere umano individuale può con le sue sole forze operare la trasformazione, né è scopo dello yoga quello di creare un superuomo individuale qua e là. Lo scopo dello yoga è quello di far discendere la coscienza sopramentale sulla terra, di stabilirvela, di creare una nuova specie con il principio della coscienza sopramentale che governa la vita individuale e collettiva, interiormente e esteriormente. Quella forza, accettata da un individuo dopo l’altro a seconda del grado di preparazione di ciascuno, stabilirà la coscienza sopramentale nel mondo fisico in modo da creare un nucleo per la sua espansione».


Giorno dopo giorno, Sri Aurobindo si sottopone a una sperimentazione diretta, annotando e verificando con la scrupolosità di uno scienziato l’evoluzione del “programma” cui si era sottoposto. Un programma articolato, «ampio e complesso» (per usare le sue stesse parole), che cercheremo di esaminare almeno in parte nei links sottostanti.
Prima di addentrarci nel resoconto del perfezionamento di questo programma, occorre notare come Sri Aurobindo puntasse anzitutto a individuare la soggettività del funzionamento dei vari poteri. «Perché, altrimenti, in che cosa consiste l’utilità di tali poteri se non si è certi che una percezione sia genuina e non una falsa intuizione, la percezione di una attualità o semplicemente di una possibilità, la percezione di qualcosa che deve essere e non la percezione di qualcosa che qualcun altro pensa o compie o concepisce come una possibilità, o quando un impiego di volontà apporta un risultato favorevole o sfavorevole?» (“Record of Yoga”, pag. 110, 17 novembre 1912). Se vogliamo fare un esempio, è un po’ come quando un artista si accinge a comporre un poema, o una sinfonia: come si può essere certi di essere realmente ispirati e non sotto l’influsso di una falsa ispirazione? Solo l’esperienza può dirlo. Ecco allora che Sri Aurobindo si fa guidare dall’esperienza — e dalla metodologia dell’esperienza — ponendo ogni cosa al vaglio del suo spirito indagatore e sovrano.

JNANAM

TRIKALADRSHTI

PRAYOGA

BHAUTASIDDHI

PRAKAMYA-VYAPTI

DAIVIPRAKRTI

AROGYA

UTTHAPANA

SAUNDARYAM

ANANDA

Con tutta evidenza, non si tratta di uno Yoga intrapreso allo scopo di acquisire una individuale libertà (o un personale potere) che lasci il mondo al proprio destino. Al contrario, la sua ragion d’essere consiste in un ampio movimento che elevi tutte le umane facoltà alla più alta dimensione divina mediante la discesa della Soprannatura nell’ordinaria natura terrestre, in modo da creare una nuova specie sopraumana, sopramentale, divina, così come dalla scimmia si è evoluto l’umano essere pensante. Si tratta perciò di un Lavoro di portata mondiale che richiede l’assunzione in sé dell’intera coscienza terrestre. Già nel 1912 Sri Aurobindo poté annotare che «gli ostacoli della perfezione sopramentale e di tutti i poteri soggettivi non sono più in me stesso ma nell’ambiente circostante di annamaya prakrti [la Natura fisica universale]: non quello attaccato a me stesso come atmosfera del mio passato karma (essendo quest’ultimo purificato), ma della prakrti generale. È da questo ambiente circostante che le imperfezioni da me espulse rientrano temporaneamente nel sistema, o i vecchi e risolti samskara della Natura, che erroneamente consideriamo come delle leggi che si oppongono sulla via del progresso — per es. malesseri, disagi fisici, sete, limitazione di potere o di conoscenza, inefficacia del potere o della conoscenza. Per fare un esempio, non sento nessuna sete nel corpo ma un senso di secchezza intorno a me che mi invade, pur senza sostenerlo come invece avviene quando è nel karmadeha o nel circumcosciente personale; devo bere di tanto in tanto per soddisfare queste devata [divinità]. Quando non provo alcuna sensazione fisica di freddo o di disagio nell’esposizione, mentre dormo scoperto al freddo vento notturno, attorno a me persiste tuttavia un disagio e un fastidio che non posso ignorare. L’ostruzione e la limitazione, comunque, non sono più avverse o malevole, ma l’espressione volontaria o involontaria della naturale inadeguatezza delle annamaya devata [deità del mondo fisico sottile] ai nuovi movimenti ai quali esse non sono abituate, che incrinano il loro agio e il loro amor proprio» (Record of Yoga, 1° luglio 1912, pagina 78).
La perfezione di questo complesso yoga ha varie tappe, gradi successivi di sviluppo prima di arrivare alla ‘siddhi’ (perfezione) conclusiva. Il 26 agosto 1917, per esempio, Sri Aurobindo annota che «la siddhi che adesso si è stabilita sta per essere innalzata e portata a compimento su un più elevato livello» (pag. 1001).

Si tratta, in definitiva, di una trasformazione radicale della natura umana e terrestre — e universale, probabilmente. Una trasformazione che ha le sue radici alla base stessa della vita, nel cuore stesso delle cellule materiali della natura. Perciò, lo “Yoga della Trasformazione” intrapreso da Sri Aurobindo culminerà naturalmente nello “Yoga delle cellule” che Mère documenta nella sua Agenda (tredici volumi curati da Satprem). Peraltro, lo stesso Sri Aurobindo annota nei suoi diari il processo di trasformazione del corpo fisico di Mère. Il 12 gennaio 1927, per esempio, dopo avere elencato alcuni processi dello yoga della trasformazione nel proprio corpo, aggiunge: «Quanto al corpo di lei [di Mère], inizierà da domani. Finora è avvenuta la preparazione delle forze». Dal 1927 al 1973 — per 46 anni — Mère ha affrontato nel proprio corpo il processo della trasformazione. E dopo?

L’AGENDA DI MÈRE

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