a cura della redazione del sito arianuova.org
«Nei tempi della menzogna universale,
dire la verità è un atto rivoluzionario»
George Orwell
Difficile definire il tempo in cui stiamo vivendo.
Tempo di crisi, certamente.
Se, all’inizio del XX secolo, Freud ha scandalizzato il mondo scientifico nel descrivere l’uomo mosso dalle sue pulsioni inconsce, è fondamentale ripensare, partendo dal contesto attuale, la soggettività emergente in questo nuovo secolo — in questo nuovo millennio.
E come collocare la problematica della identità e del soggetto quando le frontiere geografiche si dissolvono nello spazio cibernetico?
Se Anna Arendt ci avvertiva a metà del secolo XX della «banalizzazione del male», l’avvertimento che deve essere lanciato in questo XXI secolo è la banalizzazione tout court con l’assenza delle frontiere e con l’inondazione immaginifica, lo spessore e la densità necessarie alla costituzione di una identità individuale e privata sparisce nella stessa proporzione nella quale la velocità dei cambi è avvenuta fra il mondo esterno e il mondo interno.
Secondo Jean Baudrillard, gli attacchi dell’11 settembre 2001 inaugurerebbero «una quarta guerra mondiale» — la prima ha rappresentato la fine della supremazia europea e del colonialismo; la seconda ha determinato la fine del nazismo; la terza (meglio conosciuta come “guerra fredda” e conclusasi nel 1989 con la caduta del muro di Berlino) ha decretato la fine del comunismo. La quarta guerra mondiale sarebbe invece «una guerra di complessità frattale, condotta su scala mondiale contro realtà singole ribelli che, come gli anticorpi, oppongono resistenza in ogni cellula». Nessuno sembra però riuscire a immaginare dove tutto questo potrà condurre l’umanità.
Ma notiamo anzitutto quanto parziali siano stati i risultati ottenuti mediante le prime tre guerre di cui sopra.
La prima guerra mondiale ha effettivamente e provvidenzialmente segnato la fine della supremazia europea, tuttavia una sorta di colonialismo a ben vedere sopravvive ancora oggi, mutato nomine — basta esaminare come l’Unione Europea sta raggirando le ex-colonie africane con il cosiddetto “Accordo di Partenariato Economico” (A.P.E.).
La seconda guerra mondiale ha certamente e ancor più provvidenzialmente distrutto il delirio hitleriano, ma la discriminazione etnica sopravvive ancora ai giorni nostri. I campi di sterminio non esistono più, forse, ma in un certo senso il mondo intero si è trasformato in un immenso LAGER GLOBALE che non riusciamo nemmeno a vedere, talmente si è abilmente camuffato nella quotidianità, nella cosiddetta ‘normalità’.
La guerra fredda ha determinato il crollo del comunismo sovietico e il fallimento del socialismo reale, determinando uno squilibrio a tutto favore delle economie di tipo capitalistico e, in particolare, del colosso imperialistico statunitense, il quale ha immediatamente dato inizio a una strategia conosciuta come “guerra preventiva” — in pratica, uno stato permanente di conflittualità.
La crisi della classe dei politici, incapaci ormai di costruire consenso — giacché la loro politica (che poi si è ridotta a mero servilismo economico) produce dappertutto miseria e precarizzazione —, ha certamente influito in questa scelta, così come la necessità di controllare meglio i flussi delle risorse energetiche (il petrolio, anzitutto), ma alla base c’è un forte senso di insicurezza individuale e collettivo.
Oggi, in linea di massima, la vita della maggior parte degli individui oscilla fra la bulimia e l’anoressia culturale.
La bulimia culturale è l’eccessiva informazione (spesso faziosa e sommaria, quindi indigesta) che causa confusione e crea tessuto adiposo che va ad accumularsi nel nostro cervello, rallentandolo e inibendolo nelle sue funzioni. Gli individui si ingozzano di informazioni che non riescono a digerire, ad assimilare, a trasformare in sangue vitale, in esperienza viva.
L’anoressia culturale rappresenta invece l’inappetenza all’informazione; essa è pericolosa quanto l’eccessiva informazione perché causa una particolare forma di inedia nota con il nome di ignoranza.
Una cultura equilibrata si raggiunge anche mediante l’armonia fra ciò che si legge e ciò che si riesce a metabolizzare.
E oggi, per la verità, anche chi legge, non sa nulla della vera arte della lettura — così, si divora un libro dietro l’altro per colmare il vuoto esistenziale, esattamente come altri si annegano nel vuoto, nelle mille insensatezze, nel fondamentalismo (di qualunque bandiera), nelle perversioni, nella degradante stupidità di un mondo fasullo e di una realtà sempre più esiziale.
Siamo immersi in un tempo di crisi.
Ma proprio per questo la nostra epoca è straordinaria!
Viviamo in un momento straordinario perché siamo in un momento di crisi straordinario.
La crisi attuale (a differenza di quelle precedenti che hanno segnato la storia dell’umanità) non è limitata a un paese o a un impero, a un gruppo di individui più o meno vasto, a un particolare sistema economico o religioso: è una crisi planetaria che attraversa ogni singolo uomo e tutti i sistemi umani complessivamente: organizzazioni, istituzioni, chiese, partiti, aziende. La complessità dell’attuale situazione mondiale rende imperativa una soluzione nuova, radicale, ALTRA.
Per incominciare, osserviamo che anche oggi, come in tutte le crisi, si possono assumere due atteggiamenti affatto differenti: chiudersi in un passato morto e putrescente per paura del nuovo, oppure cercare di dare espressione intenzionale all’ignoto, partendo ognuno dalle proprie radici più autentiche, cercando di dare nascita a qualcosa di genuino, che sia davvero nuovo, unico, irripetibile.
Finito lo Stato-nazione e tramontate le autorità (morali, religiose, economiche o altro), nessuna istituzione potrà arrogarsi il diritto di disegnare l’ordine delle cose in vece nostra.
È finita l’èra in cui si delegava ad altri (preti, stregoni, guru, capi-tribù, psicanalisti, o chiunque altro) la propria libertà.
Siamo nel vivo di una crisi evolutiva senza precedenti nella storia dell’umanità.
Perciò è il tempo del Grande Senso.
E riecheggiano in noi i versi di Sri Aurobindo:
«E forse troveremo,
quando tutto sarà fallito,
nascosta dentro,
la chiave del perfetto cambiamento».