a cura della redazione del sito arianuova.org
Nel periodo del colonialismo il Sud del mondo è stato defraudato delle proprie ricchezze naturali. I paesi del Nord hanno disposto a proprio piacere — mediante il sopruso, l’arroganza, la crudeltà — delle ricchezze minerarie, agricole e perfino umane dei popoli del Sud. E questo è un fatto innegabile.
Nessuno ha tenuto una contabilità di quanto è stato barbaramente sottratto.
Nessuno può fare un calcolo di quanto valga una vita ridotta in schiavitù.
In prospettiva storica, le popolazioni del Nord sono debitrici verso quelle del Sud di valori letteralmente “non restituibili” e inestimabili (una vita umana, per esempio).
Perciò, quando il pagamento degli interessi sul debito in un paese africano ogni anno supera in media di quattro volte la spesa sanitaria annuale (a fronte di tassi di mortalità infantile entro il quinto anno di vita in certi casi superiori al 20%), qualunque cittadino africano ha diritto di dire che gli interessi non vanno più pagati e che, anzi, il debito va azzerato una volta per tutte, proprio a causa del saccheggio dei secolo scorsi.
Inoltre, le politiche che (alla fine degli anni Settanta) dettarono l’impennata dei tassi di interesse e del dollaro determinarono lo sviluppo della crisi e moltiplicarono gli esborsi, in valuta locale, dei paesi debitori. Si verificò insomma un fenomeno, provocato dalle scelte politiche dei creditori, che penalizzò i debitori e avvantaggiò i creditori. Se si ricalcolano le somme dovute e le somme restituite utilizzando come unità di misura non il dollaro, ma un paniere di monete che tenga conto delle variazioni di valore di tutte le monete, comprese quelle locali, si ottiene che per quasi tutti i paesi il debito è stato già restituito completamente, e in qualche caso anche più volte, dunque più del dovuto.
E non si dica che vogliamo riesumare i problemi di un colonialismo ormai morto da decenni. I paesi del Nord continuano ancora oggi a fare terra bruciata dei paesi del Sud. Il sistema commerciale, economico, politico mondiale continua ad approfittarsi dei paesi poveri. Economisti onesti e giudici imparziali sanno bene quanto il cosiddetto Terzomondo sia stato obbligato a “svilupparsi”, creando l’infrastruttura industriale; per pagarla ha dovuto esportare — o, per meglio dire, svendere — prodotti agricoli (i suoi alimenti) e chiedere prestiti (dollari inflazionati, come abbiamo appena indicato) con tassi da usurai. Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso, che aveva capito trattarsi di una trappola per i poveri e non l’aveva accettata, è stato assassinato in un colpo di Stato (nel 1987).
Non si tratta perciò di condonare filantropicamente, ma di sanare le distorsioni di una contabilità menzognera che usa in modo dispotico una unità di misura unilaterale. Il debito non va cancellato perché c’è un debitore senza dignità che non sa essere autosufficiente, ha fame e tende la mano. Va cancellato perché è basato su menzogne e distorsioni inaccettabili.
I paesi economicamente arretrati non chiedono l’elemosina, ma giustizia!