Mère e Sri Aurobindo hanno parlato piuttosto spesso dell’Italia.
Sri Aurobindo considerava l’Italia una delle nazioni che maggiormente hanno contribuito a formare e arricchire la cultura europea. Egli aveva studiato l’italiano (che considerava, al pari del bengali, una lingua «dolce, diretta e musicale») e apprezzava molto periodi storici quali quello della Roma dei Cesari, il Rinascimento e il Risorgimento, oltre ovviamente a essere un amante dell’arte e della poesia italiana (Dante, Petrarca, Ariosto e Tasso sono i poeti che egli cita più di sovente e che lesse nell’originale, mentre loda la «splendida e prorompente vitalità, il potere e la forza di carattere riscontrabili nella pittura italiana, negli affreschi di Michelangelo oppure nei dipinti di Tiziano o Tintoretto»).
Mère aveva dei parenti italiani per parte di madre (che, lo ricordiamo, era egiziana) e perciò visitò l’Italia fin da bambina. Elvire, la figlia maggiore di sua nonna materna Mira Ismalun (donna di forte carattere e cultura, amica di Gioacchino Rossini), aveva infatti sposato un italiano. Mère inoltre amava molto la lingua italiana e in gioventù la apprese in modo molto approfondito, come lei stessa ricorda il 31 dicembre 1969 nella sua Agenda: «Oh, tanto tempo fa l’italiano lo sapevo benissimo! L’avevo studiato tanto…». Durante il suo periodo di pittrice soggiornò inoltre per qualche tempo in Italia per aiutare il celebre pittore francese Henri Morisset a dipingere alcune grandi tele che gli erano state commissionate.
Qui di seguito abbiamo cercato di riportare le citazioni più importanti riguardanti l’Italia.
Sri Aurobindo:
La Grecia e l’Italia antica avevano il gusto della bellezza. Gli italiani sono dei veri appassionati di arte e di musica. Mère ha avuto una esperienza significativa. Si trovava nel nord Italia e un giorno si mise tutta sola a suonare l’organo in una chiesa. Quando finì, ci fu un grande applauso — scoprì che una folla si era raccolta a ascoltare compiaciuta.
Purani, Evening Talks with Sri Aurobindo, 24 gennaio 1939
Entrando un po’ più nel dettaglio, riportiamo ora un breve passaggio sulla Roma dei Cesari.
Sri Aurobindo:
La Roma repubblicana — prima che fosse influenzata e infine conquistata dalla Grecia vinta — appare come uno dei fenomeni psicologici più sorprendenti della storia umana. Dal punto di vista dell’evoluzione umana, si presenta come un esperimento pressoché unico di formazione di caratteri nobili e forti, ben lontana dalla grazia e dalla luce conferite al carattere sia dal senso della bellezza che dal gioco della ragione, e per nulla ispirata dal temperamento religioso; per i romani primitivi, infatti, la credenza era una superstizione, una religiosità superficiale che non aveva nulla del vero spirito religioso. Roma rappresentò la volontà umana che disciplina la mente delle emozioni e delle sensazioni per giungere al dominio di sé formando un tipo etico ben preciso; e fu questo dominio di sé che permise alla repubblica romana di giungere anche al dominio del mondo circostante e d’imporre alle nazioni il suo ordine pubblico e la sua legge.
Sri Aurobindo, The Human Cycle (circa 1917)
Sri Aurobindo fu un attento studioso e ammiratore dell’Italia rinascimentale; proprio per questo seppe individuarne i suoi limiti, che riassume nel passaggio che segue.
Sri Aurobindo:
L’insufficienza della visione estetica della vita diventa ancora più evidente quando arriviamo a esaminare uno dei suoi più grandi esempio, quello dell’Italia del Rinascimento. Il Rinascimento era considerato, soprattutto una volta, come una reviviscenza del sapere, ma nella sua culla mediterranea fu piuttosto la fioritura dell’arte, della poesia e della bellezza della vita. Molto più di quanto fosse possibile anche nei tempi di maggiore rilassatezza dell’Ellade, la cultura estetica rinascimentale fu estranea all’impulso etico e talvolta fu addirittura antietica, richiamando alla memoria le licenze della Roma imperiale. Aveva dottrina e curiosità, ma concedeva poco al pensiero elevato, alla verità e alle grandi conquiste della ragione, benché servisse a preparare la strada alla filosofia e alla scienza. […] La susseguente prostrazione e molle debolezza dell’Italia fu l’inevitabile risultato del grave difetto del suo periodo di raffinata cultura, e perché questa potesse rivivere occorreva un nuovo impulso di pensiero, di volontà e di carattere che gli avrebbe, più tardi, conferito Mazzini.
Sri Aurobindo, The Human Cycle (circa 1917)
Le due figure più importanti dell’antica Roma e del Rinascimento sono certamente quelle di Cesare e di Leonardo da Vinci. Qualcuno ipotizza che si tratti di due precise "vibhuti” di Sri Aurobindo (e questa è la nostra stessa percezione). Ecco comunque come Sri Aurobindo parla di questi due personaggi;
Sri Aurobindo:
Cesare Augusto ha organizzato la vita dell’impero romano e tale opera è servita di base alla prima diffusione della civiltà greco-romana in Europa. Cesare Augusto era venuto proprio con questo compito, mentre le opere di Virgilio, Orazio e altri hanno ampiamente collaborato al successo della sua missione. Dopo l’intervallo del Medioevo c’è stato un rinascere della civiltà sotto una nuova forma, stavolta non nei suoi aspetti vitali ma intellettuali, che si è chiamata Rinascimento. È stato dunque un intellettuale supremo, Leonardo da Vinci, a riprendere il lavoro e a riassumere in sé quello che doveva diventare il seme dell’Europa moderna.
Sri Aurobindo, Letters, 29 luglio 1937
Ma è nell’Agenda di Mère che troviamo riferimenti più ‘personali’. A partire dalla Venezia dei dogi.
Mère:
Ho viaggiato in Italia, a quindici anni, con mia madre; e avevo avuto una vita anteriore, in Italia, che era stata molto cosciente. Nel vedere i posti era proprio quella a tornare di colpo [la vibrazione emotiva psichica], con delle immagini… La cosa che precede è il movimento psichico (la parola emozione non va bene, ma insomma), è il movimento psichico che affiora la cosa importante, che viene per prima — perché è viva, forte, molto forte. E poi, come un rivestimento più superficiale, ecco affacciarsi — sotto l’aspetto di un ricordo nebuloso, che segue al sentimento psichico — le forme, le apparenze, le circostanze.
Quell’esperienza in Italia, a quindici anni, in viaggio con mia madre, mi aveva colpito molto. D’altronde era molto sorprendente: era il ricordo di essere stata strangolata nella prigione dei dogi. Una lunga storia. Dopo, ho chiesto in giro: mi sono informata sui nomi, i fatti, le vicende (avevo la possibilità di informarmi sul luogo di quel che era successo — mi trovavo a Venezia), e le coincidenze erano prodigiose… Stavo visitando con mia madre e tutto un gruppo di turisti accompagnati da una guida l’intero Palazzo Ducale. Sai, lì fanno scendere i visitatori nei sotterranei dove c’erano le prigioni. La guida aveva incominciato a raccontare una storia (che a me non interessava), quando all’improvviso mi sono sentita prendere, così, da una specie di forza che mi si era svegliata dentro, e poi — senza rendermene conto per niente — mi sono trovata in un angolo e ho visto una frase scritta sul muro. E… contemporaneamente, il ricordo di essere stata io a scriverla. E tornava tutta la scena: ero io che avevo scritto quelle parole sul muro (le ho viste, viste con i miei occhi fisici: erano rimaste scritte; la guida diceva che avevano lasciato intatti i muri dove c’erano ancora i graffiti fatti dagli antichi prigionieri dei dogi). E la scena continuava: allora ho visto, ho avuto la sensazione di un gruppo di persone che entravano, mi afferravano (io ero lì con un prigioniero, non ero io la prigioniera: mi trovavo lì in visita), allora sono entrate quelle persone, mi hanno presa e…[gesto al collo] afferrata qui; e poi (io ero sempre con quel gruppo di una decina di turisti che ascoltavano la guida, vicino a un piccolo abbaino che dava sul canale)… ho avuto la sensazione di venire sollevata e precipitata dall’abbaino… Avevo quindici anni, sicché, ovviamente, capirai!… Ho detto a mia madre: «Andiamocene via di qui» [Mère ride].
Difficile trattenersi. Siamo andate via.
Dopo, però, ho fatto un’indagine, ho domandato, ho studiato (avevamo dei parenti in Italia, conoscevo della gente): e mi sono resa conto che era tutto esattamente vero. Una storia vera, con i nomi e tutto (ora è tutto sparito). Un certo doge aveva fatto imprigionare il figlio del suo predecessore, che rappresentava un pericolo vivente per lui, perché aveva tentato di prendere il posto che era stato del padre; sicché il doge in carica l’aveva fatto imprigionare. E la figlia del doge in carica, innamorata del giovane pretendente, aveva fatto in modo di andarlo a trovare in carcere. Allora, il padre, furibondo, aveva ordinato che l’annegassero buttandola nel canale. Insomma, tutta una storia. Mi era tornata in modo assolutamente spontaneo, prima non la conoscevo certo (fuori del posto dove si sono svolte, queste storie non le conosce nessuno, si sanno solo lì dove sono successe).
L’Agenda di Mère, tomo VIII, 15 luglio 1967
Tutte le stanze del Palazzo Ducale in cui si svolgevano funzioni connesse alla giustizia erano collegate fra loro in senso verticale, a partire dal piano terra, con le prigioni dette Pozzi (alle quali Mère fa riferimento), per proseguire poi al piano delle logge con l’Avogradria, al primo piano con le Quarantie e la sua sala del magistrato alle leggi, al secondo piano con le diverse sale con funzioni di tribunale, fino alle prigioni del sottotetto, i Piombi.
Già alcuni anni prima Mère aveva parlato a Satprem di questo episodio, dove si era soffermata su un particolare interessante:
Mère:
Théon si ricordava di una delle sue vite al tempo della mia storia a Venezia. E in effetti io lì avevo notato un ritratto — il ritratto di uno dei dogi: Théon tale e quale! Era un ritratto di Tiziano, e il doge era proprio identico a Théon, esattamente! Proprio il SUO ritratto, come fosse stato dipinto lì per lì.
L’Agenda di Mère, tomo III, 30 giugno 1962
C’è da scegliere fra diverse facce piuttosto inquietanti. Dei cinque ritratti di dogi dipinti da Tiziano, uno dei pochi rimasti a Palazzo Ducale è quello del doge Antonio Grimani (1436-1523).
Lasciamo a voi di rintracciare nell’Agenda altre e interessanti connessioni.
Noi qui ci limitiamo a concludere con una nota in positivo sull’Italia, citando un breve scambio fra Mère e Satprem come un augurio e insieme una sorta di atto scaramantico per esorcizzare le brutture attuali. Mère, del tutto verosimilmente, allude qui alle condizioni dell’Italia sotto il dominio straniero fino a metà Ottocento, e anche all’oscuro trentennio fascista, senza parlare di quella lunghissima e tremenda oppressione esercitata sugli italiani dalla Chiesa ‘cattolica apostolica’ romana.
Mère:
L’Italia si sta muovendo molto bene.
Satprem: Sono molto più ricettivi, in Italia.
Mère:
Ah, è perché hanno avuto esperienze molto dolorose, bambino mio! Sanno cosa vuol dire essere schiacciati.
L’Agenda di Mère, tomo X, 30 luglio 1969