- a cura del CENTRO STUDI arya -
In un monastero abbandonato in provincia di Pisa (a Nicosia, per la precisione), alcuni nostri conoscenti hanno trovato, in una delle celle, il seguente frammento, opera di qualche monaco che abitava il convento (o, forse, di qualche visitatore più recente).
Ci pare esprima l’aspirazione più genuina che sta alla base del cristianesimo, perciò abbiamo deciso di trascriverlo così come lo abbiamo ricevuto.
…rinnoverà un giorno per amore del nostro corpo tutto l’universo materiale, così come per amore dell’anima rinnova tutto il corpo umano, a imitazione del corpo di Gesù!
Non sono almanaccamenti nell’astratto, non sono fumi apocalittici, non sono aberrazioni di menti malate, non sono speranze pazze, non sono ubbriacature di disperati. Sono la sostanza della nostra fede, sono una certezza in paragone della quale ogni terrestre certezza non regge, sono la realtà vera, sono la verità ultima. Peccato che noi, cristiani non oltre la pelle, cristiani epidermici e superficiali, cristiani senza nessuna profondità, cristiani annacquati e clamorosi e festaioli, non ci soffermiamo mai sopra cotali verità. La predicazione cristiana dei Padri della Chiesa e dei Dottori è stata sempre nei secoli in preponderanza una predicazione dommatica o, nella peggiore delle ipotesi morale, perché anche la morale è domma. Oggi non si saprebbe più tenere di questi discorsi al popolo; e sì che oggi il popolo è meno incolto che in passato, e dovrebbe essere più aperto a una predicazione di pensiero solido e sulle verità più profonde e più alte. Quando gli uomini erano più ignoranti capivano di più. La cultura molto spesso è un ingombro, una maschera, ora comica, ora tragica.
Nostro Signore inaugura oggi la seconda vita, in persona sua. Il suo corpo non soggiacque alla putrefazione e a nessuna miseria, fuorché a qualche ora di assenza dell’anima. La divinità non abbandonò un attimo solo il suo corpo. Risorgendo, egli risorgeva uomo nella sua forma piena, stabile perfetta, definitiva, non più mutevole né corruttibile, non più soggetto alla morte, perché il peccato ormai era vinto per l’eternità.
Il nostro corpo ha gli stessi diritti del corpo di Gesù, proprio gli stessi, in quanto alla seconda vita. Ecco quel che dovremmo oggi meditare e rimeditare profondamente. Questo povero corpo, così debole e infermo, aspetta e matura la sua seconda vita. È quaggiù come il seme sottoterra, traverserà una fase lenta di disfacimento, eppoi rinascerà nella sua, finalmente sua, primavera, come nel colmo di questa fuggitiva primavera il corpo adorabile di Gesù è rifiorito dal sepolcro. Questo povero corpo, che gli stessi piaceri intorbidano ed estenuano, che il dolore consuma e abbatte, conoscerà ogni sorta di oscuramenti, tristezze, perturbazioni, percosse, malanni; tuttavia risorgerà, tuttavia vivrà una felicità essenziale insieme con l’anima e suo compagno eterno.
Questo corpo, che per così piccola parte è nostro, mentre obbedisce per tanta parte alle leggi della natura, sicché un filo d’aria può ucciderlo, una cellula troppo prolifica può spegnerlo, una linea troppo alta di calore può bruciarlo; e, indipendentemente dalla nostra volontà, ha la stessa fragilità di vita di una foglia nell’aria o d’un insetto sulla terra; e non sembra altro fuorché un grumo indifferenziato di materia organica; ed è così segreto a noi stessi, sicché ci fugge da ogni parte tanto quanto più lo vogliamo sorprendere e comprendere; questo povero corpo sarà domani glorioso come il corpo di Cristo da questa mattina è glorioso. Non sembra vero, non sembra possibile: Gesù risorge proprio per darcene la dimostrazione irrefutabile in persona sua.
La bellezza, l’intimità, l’indicibilità della resurrezione di Gesù sta in questo messaggio che essa porta al nostro corpo, proprio in un giorno indovinato di primavera. Il rinascere della vita a cui assistiamo nei campi, la luce che di giorno in giorno sembra più luce, il cielo che si alza e schiarisce e più gemmeo si rifrange sulle cose, l’animazione degli esseri e il moltiplicarsi delle vite innumerevoli sono appena una pallida analogia, un simbolo sbiadito della primavera autentica, aperta e inaugurata da Gesù con la sua resurrezione. C’è primavera e primavera: quella dei fiori è così fugace che pare falsa e futile, quella di Gesù è eterna…