a cura della redazione del sito arianuova.org
Da qualche anno l’ONU, cosciente di avere un ruolo importante da svolgere sul panorama internazionale ma troppo spesso dimostratosi incapace e distratto, cerca di fissare alcuni obiettivi di sviluppo per il nuovo millennio. Sono chiamati per l’appunto Millennium Development Goads (MDG, in acronimo) e rappresentano uno dei primi tentativi di darsi degli scopi sostenibili e strategici, realizzabili a breve termine.
Sradicare la fame estrema dal pianeta, garantire l’educazione primaria, ridurre la mortalità infantile, combattere il virus dell’Aids: questi i punti salienti. Entro il 2015.
Per poter raggiungere questi obiettivi, l’ONU ha lanciato una campagna (non solo mediatica) volta a sensibilizzare l’opinione pubblica e i governi dei vari paesi. Si tratterebbe, in pratica, di alzare il contributo che i paesi economicamente più ricchi destinano ai paesi più poveri.
In Italia, da sempre, i vari governi hanno mostrato una imbarazzante e vergognosa avarizia in tal senso: appena lo 0,33 del PIL. Facendo qualche raffronto (i dati provengono dall’OCSE), scopriamo che la Norvegia, la Danimarca e il Lussemburgo sono i meno tirchi: il loro contributo supera lo 0,8 del PIL. Seguono la Svezia e i Paesi Bassi con un abbondante 0,7; quindi il Portogallo, con lo 0,6. Vi sono poi una serie di paesi che si mantengono sulla soglia dello 0,4: Francia, Svizzera, Belgio, Irlanda e, un po’ più sotto, l’Inghilterra e la Finlandia; Germania, Canada e Australia si avvicinano a quota 0,3, seguiti da Spagna, Nuova Zelanda, Austria, Grecia. Al di sotto dello 0,2, fra i paesi ricchi, stanno solo il Giappone, gli USA e l’Italia. Paradossalmente, tre fra le maggiori potenze economiche mondiali!
Si tenta così di convincere i vari paesi a elevare il loro contributo allo 0,7: un aumento minimo, ma che produrrebbe conseguenze enormi. Secondo le parole della Herfkens, una delle responsabili ONU del progetto, «lo 0,7 è un’aspettativa bassa, ma per noi strategica. L’Italia promette questo 0,7 da trent’anni e finora ci ha deluso. Peggio stanno solo Portogallo e Grecia: ma sono paesi poveri, non sono nel G8. Quello italiano è uno scandalo internazionale. E sono convinta che non sia un problema economico e neppure culturale: è proprio un problema politico. L’Italia è troppo concentrata sulle sue vicende domestiche e non gioca fino in fondo il suo ruolo internazionale».
Nonostante la carta degli MDG sia stata sottoscritta da 191 governi, occorre fare la voce grossa per ottenere un sia pur lievissimo aumento dell’impegno dei vari paesi.
Esiste inoltre un problema di razionalizzazione dei soldi destinati ai paesi poveri. In parole povere: darli a chi ne ha veramente bisogno. Proprio l’Italia, per esempio, troppo spesso ha destinato i propri contributi per far costruire chiese e chiesette nei paesi poveri. Citando ancora la Herfkens, «abbiamo stimato che metà del budget italiano va a chi non ha bisogno. È inutile costruire una scuola in Mozambico senza legarla al sistema di istruzione del paese. Altrimenti si fanno cattedrali nel deserto, paradisi in mezzo alla miseria. Quindi, basta pozzi e chiesette alla rinfusa: occorrono piani strutturali».
Come disse Gandhi: «Per un povero, Dio si manifesta anzitutto sotto forma di pane».
Gennaio 2008