COME SI LEGGE LA POESIA?
- a cura del CENTRO STUDI arya -
«Ora io fo poca stima di quella poesia che,
letta e meditata, non lascia al lettore nell’animo
un tal sentimento nobile, che per mezz’ora,
gl’impedisca di ammettere un pensier vile,
e di fare un’azione indegna.»
Giacomo Leopardi
(da "Operette Morali")
Se, da un lato e per certi versi, fa piacere sentirsi dire da quanti leggono le nostre pubblicazioni poetiche che si è (citiamo testualmente un esempio concreto per trasferire al meglio l’entusiasmo comunicatoci) «divorato l’intero libro in un solo giorno tanto era bello!», dall’altro è bene ribadire qualche principio che sta alla base di una proficua lettura poetica.
Non a caso, abbiamo voluto iniziare questa riflessione con la citazione di Giacomo Leopardi, già di per sé piuttosto esplicita: la poesia va «letta e meditata»... Ogni singola lirica, infatti, va fatta vibrare a lungo dentro di sé e, alla fine di questo processo (che può durare ore, giorni o addirittura settimane!), ecco che possiamo far vibrare i versi anche all’esterno, in una lettura a voce alta che condensi e al tempo stesso manifesti a livello espressivo il nostro arricchimento e approfondimento maturato grazie al verbo poetico.
Nel 2011 abbiamo dedicato un intero seminario (“Il Mantra del Reale”) all’analisi teorico-pratica di alcuni aspetti fondamentali che stanno alla base di una lettura della poesia mantrica davvero efficace, in grado cioè di esercitare i suoi effetti nella nostra coscienza a livello più radicale possibile e arrivare infine a produrre i suoi meravigliosi frutti nel nostro terreno psicologico e psicofisico. Siamo partiti da una constatazione talmente semplice da sfiorare l'ovvietà e, tuttavia, assai poco praticata: se si vuole trarne il massimo vantaggio e godimento estetico, occorre imparare a leggere le poesie rispettando le scelte stilistiche e musicali che il suo autore ha indicato, a partire dall'utilizzo di un preciso metro poetico. Ci siamo soffermati, in quella specifica occasione, su tutta una serie di elementi che attengono anzitutto alla tecnica poetica e che non possono affatto essere trascurati durante una lettura rispettosa (a partire dalla conoscenza della metrica e delle principali modalità del linguaggio poetico: ritmo e pause, melodia e figure metriche, ecc.), per poi passare a esaminare i gradi principali dell’espressione poetica fino alle vette della poesia illuminata, ispirata e, in ultimo, rivelata (o mantrica, se si preferisce). Ma molto ancora resterebbe da valutare: elementi che riguardano la preparazione interiore, la quale non può non precedere l’immersione efficace nel sublime poetico.
Alcuni, prima di iniziare a leggere un componimento poetico, si abbandonano a pratiche meditative volte a fare il vuoto dentro di sé, in modo da permettere al ‘mantrashakti’ (la potenza mantrica) di poter penetrare in profondità. È un’ottima scelta. Non si possono stabilire delle regole fisse, ovviamente: ciascuno deve trovare da sé il proprio modo di aumentare la ricettività e l’efficacia delle proprie letture.
Risulta comunque ovvio, quando si prende l’abitudine a leggere poesia nel giusto spirito e creando le condizioni più opportune, il non riuscire a leggere più di una singola lirica al giorno o, nel caso di Savitri, un breve passaggio (da un solo verso arrivando a una cinquantina come limite massimo). Perfino nel caso di poesia ispirata che non raggiunge le vette del mantra, risulta alla fine inefficace leggere troppo ed è sempre meglio la lettura meditata. Molto difficile in tempi convulsi come quello attuale riuscire a ritagliarsi lunghe pause da dedicare alla lettura creativa, ma proprio per questo ancor più necessario per riuscire a porre un argine alla follia imperante!
Ancora più ovvia è la scelta del momento e del luogo: impossibile leggere poesia in metropolitana o anche solo in presenza di persone che stanno guardando la televisione o che sono intente a sbrigare altre faccende e che interferiscono con una lettura meditata, consapevole, silenziosa, raccolta, piena di amore e di dolce abbandono a sensazioni gioiose.
La gioia, sì — questa la chiave! La vera poesia sgorga infatti dall’Ananda, dalla Beatitudine suprema e, pertanto, nulla sarebbe più contrario al suo spirito di un atteggiamento serioso, freddo, rigido. Una concentrazione intimamente felice e ricettiva è invece il segreto.
La poesia è assai più esigente della prosa. Occorre conquistarsi degli spazi di solitudine e di silenzio per poterla assaporare e godere realmente e pienamente.
Perfino in relazione alla poesia drammaturgica il discorso non cambia. Quando si assiste a una rappresentazione teatrale di un testo poetico, infatti, solitamente regna un silenzio assoluto e si crea una atmosfera davvero speciale. Perché, in questo caso, il verbo poetico è arricchito dalla fisicità degli attori e dall’azione scenica (come pure dal fascino dell’allestimento), il che richiede una capacità di concentrazione ancora maggiore ma, alla fine, un godimento più globalizzante.
La poesia nasce da un atto di magia alchemica e si attarda con coloro che sanno accostarsi a Lei con il giusto atteggiamento e nel giusto spirito magico e incantato e assetato di gioia e divina meraviglia.