THEILHARD DE CHARDIN

a cura della redazione del sito arianuova.org

Paleontologo (partecipò nel 1935 alla scoperta del Sinanthropus Pekinensis — ominide avente stazione eretta e risalente al Pleistocene medio-inferiore), filosofo e teologo (autore di testi quali Il fenomeno umano e L’ambiente divino), Pierre Theilhard de Chardin (Sarcenat, Puy-de-Dome, 1881 - New York, 1955) è uno dei più importanti cristiani eretici del XX secolo.

Lo sforzo che anima la ricerca di Theilhard è di dimostrare che la storia del mondo tende verso una comunione collettiva con l’Assoluto. Egli si trovò a intuire, fin dall’inizio, per una sorta di illuminazione folgorante, la vera realtà del mondo. La sua ricerca scientifica e filosofica, quindi, mirò soprattutto a scoprire il meccanismo intimo alla natura delle cose per il quale l’universo sta diventando quella realtà.
Sembra che la vera folgorazione si sia verificato in lui durante la prima guerra mondiale (aveva poco più di trent’anni), quando fu chiamato alle armi. Fu in quell’ambiente tragicamente caotico che, come egli stesso confessa, avvenne in lui una specie di «illuminazione rivelatrice», riguardante la comprensione profonda del significato dell’evoluzione nell’esistenza dell’universo e del suo rapporto con il Divino.
Theilhard sentiva che il fatto dell’evoluzione non poteva considerarsi un fenomeno limitato a una ristretta zona di tempo e di spazio dell’universo. Egli aveva intuito il valore universale dell’evoluzione; essa è il modo di venire all’esistenza per ogni essere; anzi, assai di più: essa è un processo generale per il quale si realizza l’essere totale, l’essere finale, l’essere in cui si sintetizza ogni esistenza.
Theilhard si definiva «figlio della terra e figlio del cielo» e voleva essere leale nei confronti dell’una e dell’altro. Perciò, partendo dalle ricerche geologiche e paleontologiche, egli cercò di decifrare il senso e di trovare la chiave di lettura della storia della materia e della storia dell’uomo. Nel mondo, fin dalle sue prime origini, esiste il germe di un poderoso cammino che dalla dispersione iniziale giunge a strutture sempre più complesse che, con l’apparire della vita, tende all’unità di tutto il creato. Per Theillard la materia iniziale ha già in sé una energia spirituale. La vita è radicata nella materia e ne condivide le leggi fisiche e chimiche, ma allo stesso tempo rappresenta, rispetto a essa, una rottura radicale, che consente il passaggio dalla biosfera alla noosfera.
Nel nostro angolo dell’universo questo processo ascendente, questa «montée» come egli la chiama, è arrivata all’uomo, a un essere in cui si è chiuso come un circuito di coscienza — il «passo della riflessione» —, un essere che va acquistando una coscienza di se stesso sempre più ampia. Contrariamente a quanto avviene nelle altre forme biologiche, l’uomo è un incompiuto che tende alla propria realizzazione. Nulla quindi permette di pensare che l’uomo sia termine a se stesso. Il raggiungimento della completezza avviene infatti nel campo dello spirito, in quello che Theilhard chiama «il punto Omega»? Perché «c’è un senso nelle cose; noi avanziamo, progrediamo». È così che per lui «il mondo è ancora in via di creazione».
Il mondo è, dunque, materia divina che cammina «in avanti» e «in alto», facendo sì che l’unità possa raggiungere il suo culmine proprio nella realtà materiale. «La Materia intera subisce, lentamente e irresistibilmente, la grande consacrazione», che è quella di riflettere e manifestare la divinità che è già racchiusa in lei.
La visione di Teilhard lo porta a concludere che la fine della storia umana sarà un trionfo perché non può rappresentare che il momento in cui la pienezza finita si apre alla trascendenza. Il punto Omega, per lui, è la perfezione dell’uomo, dove l’unità raggiunge il suo culmine, dove l’umanità si congiunge con l’Assoluto vivente, a cui aspira in ogni sua espressione. Theilhard aveva intuito empiricamente la legge posta alla base del venire all’esistenza delle cose; essa è nel processo di unificazione progressiva che attua un vero accrescimento d’essere. Generalizzando il principio di evoluzione egli ha potuto identificare quel termine dell’evoluzione al quale era arrivato per via di una legittima estrapolazione scientifica. L’estrapolazione è un modo di conoscere con il quale, da come procedono i fenomeni conosciuti, si deduce, per un prolungamento logico di quel processo, l’esistenza di altri fenomeni per ora non direttamente percepibili. Applicando questo metodo, Teilhard ha prolungato il processo evolutivo al di là dell’uomo, verso la realizzazione dell’essere totale al quale l’uomo è finalizzato e che l’uomo stesso va creando trascendendosi, se, obbedendo all’imperativo dell’amore, progredisce nell’unità con gli altri uomini.

La fede cristocentrica e sostanzialmente dualista (in quanto cristiana) di Teilhard de Chardin non gli ha permesso di effettuare un ulteriore passo in cui vengono annullate le barriere fra ’creato’ e ‘Creatore’, e tuttavia la sua intuizione resta di folgorante intensità, intravedendo nel cammino della ‘creazione di Dio’ — noi diremmo, in modo filosoficamente più esatto, ‘manifestazione dell’Essere eterno nell’eterno Divenire’ — un percorso tendente a produrre strutture sempre più complesse, tendenti all’unità dell’intero l’esistente. Teilhard giunge a riconoscere che la Materia è il Corpo mistico di Dio, e che necessariamente essa dovrà poter esprimere il Divino nel corso dell’evoluzione. Inoltre, il pensiero di Teilhard è stato travolto dal crollo dell’idea di progresso inteso come processo di dominio e di governo del mondo attraverso la crescita della scienza e della tecnica. Anche il progresso, infatti, era una fede che nasceva da una visione ottimistica della storia — e Teilhard, uomo di scienza, aderì a questa ideologia che oggi ha mostrato per intero le proprie immense lacune. Anche il progresso si basava sulla convinzione che il moto della storia ha una sua direzione e procede con un impulso profondo e continuo verso il meglio rappresentato dalla liberazione dell’uomo dalla schiavitù. Anche il progresso considerava come momento decisivo di questa liberazione la diffusione della scienza e della tecnica. In questa marcia, i diversi tipi di progresso (economico, scientifico, morale, politico…) apparivano naturalmente interconnessi con un carattere di irreversibilità e di infallibilità. Tutto questo, oggi, si è mostrato del tutto fallimentare e all’ottimismo di una modernità contrassegnata da una crescita fine a se stessa è subentrata l’angoscia dell’uomo contemporaneo.

Resta, tuttavia, una differenza fondamentale fra il concetto di una evoluzione spirituale e l’idea illuministica di progresso. Sri Aurobindo, contemporaneo di Teilhard de Chardin, ma non limitato come quest’ultimo da idiosincrasie religiose o scientifiche di sorta, lo ha saputo vedere con straordinaria precisione, illustrandolo mirabilmente nei suoi scritti fin dai primi anni Venti. Mentre il progresso tecnologico ha condotto l’attività umana a una iperattività febbrile e senza un fine (se non quello di sfruttare e sopraffare i più deboli), il movimento dell’evoluzione spirituale sfocia in una unità cosciente con l’intero esistente, in una fusione d’amore di identità totale con l’Essere. La Materia e lo Spirito sono i due poli estremi della medesima Realtà. La Materia è perciò destinare a fare evolvere gradualmente ciò che in essa è involuto: lo Spirito, il Divino. Poiché, in realtà, non esiste differenza sostanziale fra questi due termini dell’esistenza. Così, nella Materia, dopo l’emergere del principio della Vita, e successivamente del principio della Mente, un nuovo principio, divino e sopramentale, porterà alla manifestazione di una nuova specie in grado di vivere — concretamente, materialmente — l’unità con tutto e l’identità totale con il Sé. Inoltre, Sri Aurobindo non si è limitato a ‘concepire’ teorie: l’intera Opera Sua e di Mère si attua in quel processo di trasformazione che Essi hanno messo in moto e per il quale infaticabilmente lavorano. Basta leggere L’Agenda di Mère per rendersi conto delle proporzioni e delle conseguenze pratiche di questo Lavoro.