(a cura della redazione del sito arianuova.org)
Se una multinazionale investe ingenti capitali nella sperimentazione e nella ricerca scientifica, è comprensibile che lo faccia per ottenere un proprio tornaconto economico. Brevettare un’invenzione, sia essa un farmaco o un diserbante, in sé non ha nulla di malvagio. Certo, in taluni casi occorrerebbe valutare quanto sia opportuno impedire a un paese come l’India di produrre, di vendere e di esportare un farmaco contro l’Aids a un costo dieci volte inferiore a quello offerto dalle multinazionali occidentali, oppure se sia così utile e innocuo sviluppare colture geneticamente modificate, ma tutto ciò riguarda un dominio assai complesso nel quale preferiamo non addentrarci. Il problema di cui vogliamo invece occuparci in questo breve articolo riguarda la scelta di alcune multinazionali di arrogarsi il diritto a brevettare alcuni prodotti esistenti in natura da diversi secoli. Obbligando magari quanti utilizzano quel determinato prodotto naturale a pagare le cosiddette royalties, ossia i diritti esclusivi del brevetto. Questa è una operazione inaccettabile che dovrebbe essere dichiarata illegale a livello internazionale. E invece accade di continuo. Vediamone qualche esempio.
Esiste un certo tipo di frumento, di origine indiana, conosciuto come Nap Hal, da cui in India, da secoli, si ottiene il pane tradizionale, ovvero il chapati. Ebbene, la multinazionale Monsanto ha depositato il brevetto (per la precisione si tratta del brevetto Ep445929) presso lo European Patent Office (l’ufficio brevetti europeo) con il nome di Galatea (una ninfa già sfortunata nella mitologia greca, poiché si lasciò concupire dall’orrendo gigante Polifemo, e che ora è caduta nelle grinfie del colosso Monsanto).
L’albero di ’neem’, un albero di origine indiana noto con il suo nome persiano Azad-Darakth (‘albero libero’ — ironia del destino!), possiede proprietà batteriche e insetticide che non sono sfuggite alle multinazionali americane, le quali lo hanno brevettato.
Il riso bhasmati è una qualità particolare di riso aromatico originario anch’esso dell’India. Qualche furbacchione, negli Stati Uniti d’America, ha pensato bene di brevettarlo, di modo che chi voglia approvvigionarsene paghi i diritti di proprietà intellettuale (!!!). Cose dell’altro mondo, verrebbe da dire, se non stessimo parlando proprio di questo mondo qui.
La cosiddetta “bacca dell’oblio”, originaria del Gabon, contiene una sostanza dolcificante, la brazzeina, che l’Università del Wisconsin ha brevettato sostenendo di averla scoperta nei suoi laboratori. In realtà, esiste in natura da secoli!
Il colosso farmaceutico Merck ha ottenuto il diritto esclusivo di monitorare, sviluppare e brevettare nuovi prodotti originati dai vegetali, dai microrganismi e dagli animali presenti nelle foreste tropicali.
La statunitense Biocyte possiede un brevetto su tutte le cellule originate dal cordone ombelicale di feti e neonati. Ogni terapia sviluppata con tali cellule comporterebbe così il pagamento delle royalties.
L’elenco, ovviamente, potrebbe continuare ancora a lungo.
Ma a noi basta fermarci qui per riflettere sulle nuove forme di colonialismo che stanno prendendo piede. Tra queste, la biopirateria è un’insidia certamente tra le più pericolose. Ci sono, per fortuna, organizzazioni che cercano di opporsi, come lo Harat Krisnak Samaj (la maggiore organizzazione agricola indiana). Sì: Davide contro Golia!