a cura della redazione del sito
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La curiosità umana nel cercare di individuare delle caratteristiche esteriori per identificare quanti fra i propri simili hanno raggiunto una coscienza spirituale è assai vecchia.
Arjuna, nel celebre colloquio della Bhagavad-Gita, effettua in tal senso una richiesta piuttosto esplicita a Krishna: «Qual è, o Keshava, la descrizione dell’uomo che possiede saldamente questa conoscenza? L’uomo dal fermo spirito come parla, come si siede, come cammina?» — sthitaprajñasya ka bhasha samadhisthaya keshava | sthitadhih kim prabhaseta kim asita vrajeta kim || (II.54).
E Krishna, ovviamente, risponde fornendo caratteristiche tutte interiori: «Quando uno espelle tutti i desideri che sorgono in lui, o Partha, ed è pago-di-sé nel proprio sé, allora è un uomo stabilito-in-saggezza. Il saggio che ha l’animo libero da turbamento, pur in mezzo ai dolori, ed è esente da desideri violenti, pur in mezzo ai piaceri, colui che è libero da passione, paura e collera, è un uomo di fermo spirito. Colui che non prova attaccamento per cosa alcuna, sia che gli giunga il bene sia il male, che non prova attaccamento né avversione, è un uomo di stabile saggezza» (II.55-57).
Recentemente, un team di scienziati raccolti sotto l’egida del Dalai Lama per studiare le reazioni del cervello durante stati di meditazione profonda, si è posto un interrogativo analogo. Uno di essi, in particolare, — il rinomato Paul Ekman (uno dei più grandi esperti di scienza delle emozioni e direttore dei laboratori sull’interazione umana presso la University of California di San Francisco — ha proposto quattro segni distintivi per riconoscere un individuo spiritualmente “straordinario”:
«La prima è che emanano un senso di benessere, una qualità palpabile dell’essere che gli altri percepiscono e sulla quale concordano. Questo benessere, che non è semplicemente un’aura tiepida e non meglio definita, va a riflettere con integrità l’individuo nella sua essenza più vera; c’è trasparenza fra esistenza pubblica e esistenza privata, a differenza di quanto accade con i personaggi carismatici che conducono una vita pubblica meravigliosa ma che nel privato sono riprovevoli.
La seconda qualità è l’altruismo. Tali persone sono un esempio per via del disinteresse nei confronti dello status, della fama e dell’ego. Non si preoccupano che la loro condizione o posizione sia riconosciuta. Una simile mancanza di egoismo è notevole sotto il profilo psicologico.
Viene poi una terza qualità, una presenza irresistibile, che gli altri trovano contagiosa. Sebbene non riescano a spiegarlo, le persone vogliono stare vicine a questi individui perché le fanno sentire bene.
Infine, questi individui possiedono un’incredibile capacità di stare attenti e di concentrarsi».
Riconoscendo che l’elenco era provvisorio, il prof. Ekman chiese suggerimenti al Dalai Lama, il quale si limitò a precisare che la capacità di concentrazione non è necessariamente un segno di spiritualità, in quanto esistono persone dotate di grandi capacità di concentrazione senza per questo essere spirituali. «Insieme alla pratica spirituale essa può costituire un’importante forma di preparazione o un’aggiunta, ma di per sé non è tale. Si tratta di uno strumento utilizzabile per una vasta gamma di operazioni cognitive».
Nel 1962 una questione analoga venne posta a Mère. Uno studioso le chiese alcuni indizi che permettessero di identificare quanti hanno raggiunto quella particolare ‘Coscienza-Forza’ cui Sri Aurobindo diede il nome di Sopramente. Lasciamo la parola alla stessa Mère:
«C’è un americano che abita a Madras, un tipo piuttosto influente, e molto amico, amico intimissimo di Kennedy, il nuovo Presidente. Ha letto e riletto tutti i libri di Sri Aurobindo ed è estremamente interessato […]. Quest’uomo ha posto una domanda molto interessante. Ha fatto una analogia in cui dice: nella foresta passa un cervo che va ad abbeverarsi all’insaputa di tutti; ma chi ha fatto speciali studi venatori rileverà certe tracce e saprà che da lì è passato un cervo. E non solo saprà dire che genere di cervo, ma ne potrà indovinare l’età, la taglia, il sesso, eccetera. Nello stesso modo, ci devono essere persone che hanno una conoscenza spirituale analoga a quella venatoria e che perciò devono accorgersi, rendersi conto, che uno è in rapporto col Sopramentale, mentre le persone normali non ne sanno niente e neanche se ne accorgono.
Insomma, l’americano voleva sapere da quali segni si può riconoscere un uomo simile.
È una domanda molto intelligente. Ci sono due segni sicuri e infallibili. Lo so per esperienza personale, perché sono due segni che vengono SOLTANTO con la conoscenza sopramentale.
Ho risposto in inglese, molto brevemente:
Due segni inconfutabili provano che uno è in rapporto con il Sopramentale:
1 - Un’uguaglianza perfetta e costante.
2 - Una certezza assoluta nella conoscenza.
Per essere perfetta, l’uguaglianza deve essere invariabile, spontanea e senza sforzo, nei confronti di tutte le circostanze e di tutti gli avvenimenti, di tutti i contatti materiali e psicologici, qualunque carattere abbiano e qualunque impatto provochino.
La certezza assoluta e irrefutabile di un’infallibile conoscenza per identità.
Il primo segno è quell’uguaglianza perfetta di cui parla Sri Aurobindo (sai, c’è tutto un capitolo sull’uguaglianza, la samata, nella Sintesi degli yoga). Come la descrive lui è una meraviglia, una meraviglia di precisione! Ma questa uguaglianza è una specie di STATO particolare, in cui uno si trova in un rapporto identico con tutte le cose, esteriori e interiori, e nell’identico modo nei confronti di ognuna. Questa è davvero l’uguaglianza perfetta; e le vibrazioni che vengono dalle cose, dalle persone, dai contatti, non hanno il potere di modificare uno stato del genere […].
Il secondo segno è un senso di ASSOLUTO nella conoscenza. A me è venuto, te l’ho già detto, con la mia esperienza [del 24 gennaio 1962]. È uno stato che non si può raggiungere in nessuna regione mentale, neanche nella mente più illuminata, più elevata. Si tratta di una… non di una certezza; è [Mère abbassa le mani come una massa irresistibile che scende di colpo] una specie di assoluto — senza nessunissima possibilità non dico di dubbio, ma neanche di esitazione o di qualsiasi incertezza. E senza, come dire?… Tutta la conoscenza mentale, anche la più alta, è una conoscenza ‘conclusiva’, se posso chiamarla così: viene come conclusione di qualcosa, per esempio di una intuizione (l’intuizione ti dà una conoscenza che è come la conclusione di quello che hai intuito); perfino le cose che riceviamo attraverso una rivelazione sono sempre conclusioni. Sì, sono tutte conclusioni — mi viene solo questa parola, non saprei come esprimerlo in altro modo. Invece nell’esperienza sopramentale non è così: si tratta di una specie di assoluto. E poi il sentimento che l’accompagna è assolutamente eccezionale: molto al di sopra di una certezza; è… [Mère ripete lo stesso gesto irresistibile] un FATTO, capisci, lì le cose sono FATTI. Molto difficile da spiegare. Ma quando hai questa conoscenza, beh… ovviamente hai un potere completo — la conoscenza e il potere vanno di pari passo, sempre. Anche se nella mia risposta all’americano non ho parlato di ‘potere’, perché il potere è quasi una conseguenza, e io non volevo parlare delle conseguenze. Comunque, il fatto è questo: una specie di assoluto nella conoscenza, che viene ovviamente dall’identità. Sei la cosa che sai, che conosci. La SEI. La conosci perché la SEI.
In presenza di questi due segni (ci vogliono tutti e due: uno senza l’altro non basta), quando ci sono tutti e due, allora puoi star sicuro che si tratta di qualcuno che è entrato in contatto con il Sopramentale — né più né meno. Perciò quelli che raccontano di avere ricevuto la Luce… beh, sai [ridendo], sono chiacchiere e basta! Ma davanti a questi due segni, uno può essere certo della sua percezione»
(da l’Agenda di Mère, vol. II, pagina 114 e seguenti).
Febbraio 2007