nota introduttiva ai Carnets di Satprem
di Mimmo Bua
(fondatore della RIVISTA SOLIANA)
Come fa l’aspirante-foca a scrivere del pioniere che probabilmente è già arrivato dall’altra parte dello stretto di Behring?
…Gli si potrebbe intanto rivolgere un richiamo: “Ehi, marinaio! non è che dài una mano a traversare o traghettare anche noi?”.
La risposta potrebbe essere: “sì, se collaborate”.
Già... ma come si fa?
— Cominciate a issare la vela, direbbe il marinaio. Ma attenzione alla chiglia!
Le foche hanno una vela?! Parrebbe proprio di sì.
Mettiamo che un giorno una strana forza, più fluida di un gas e più dura del diamante, afferrasse le nostre cellule e ci scaraventasse in alto, senza staccare i piedi da terra; poi cominciasse a premere o stantuffare e martellare verso il basso, come se volesse perforare o traforare la terra sotto i nostri piedi...
Un giorno al marinaio è successo proprio questo. Dopo averne dato notizia in vari messaggi in bottiglia, ha deciso di trasmettere il brogliaccio di bordo della sua navigazione a chi potrebbe, forse, trarne qualche utilità o indicazione. Non è a questo, d’altronde, che servono le mappe, quando uno, mettiamo, si inoltra in una foresta vergine o in un luogo inesplorato?
«Bisogna lasciare che il laser bianco penetri in tutto questo formicolare di menzogne – diceva a un amico – bisogna fare il lavoro che c’è da fare».
Sri Aurobindo diceva (e Mère lo ricordava a Satprem il 14 ottobre del 1961) che non si può entrare direttamente nella “Coscienza di Verità” (o Sopramente o Gnosi); entrarvi direttamente «provocherebbe una mutamento così repentino che la costituzione del nostro essere fisico non potrebbe sopportare». Dunque è necessario «preparare un intermediario tra la nostra attuale condizione mentale e la regione sopramentale» (cfr. Agenda II, 1961). E nel suo ultimo messaggio, prima della decisione di andare a “spingere” dall’altra parte, Sri Aurobindo aveva precisato: «Non bisogna aspettarsi che sia l’umanità intera a innalzarsi in blocco fino al sopramentale; all’inizio, potranno arrivare alle vette supreme o a qualche cima intermedia dell’ascesa solo quelli che sono stati preparati a un mutamento di tale ampiezza attraverso la loro evoluzione interiore; o che verranno sollevati dal contatto diretto del Divino per venire trasportati nella sua luce, nella sua beatitudine e nel suo potere perfetti».
Trent’anni dopo – dopo i venti passati accanto a Mère, prima che i guardiani gli chiudessero la porta in faccia – Satprem confidava a un amico: «Ma non serve a niente fare supposizioni. Noi non sappiamo – non sappiamo niente».
Ci troviamo dentro a un piccolo acquario mortale – spiegava – come pesci che restano perdutamente pesci; tutto quello che sta fuori dell’acquario ci spaventa come l’asfissia. Alcuni esseri (pochissimi) hanno cercato di mostrare che “fuori dal vaso” non si asfissia affatto. Si passa in un’altra aria, in un’altra vita. Dunque «la transizione sta nel cercare di mettere il naso al di fuori del nostro acquario umano».
«Bisogna che alcuni esseri cerchino di metter fuori la punta del naso nell’altra aria – in un’aria che NON È mortale».
I Carnets d’une Apocalypse sono il diario minuzioso, compilato giorno dopo giorno e passo dopo passo, di questo “mettere fuori il naso” in una aria nuova, non mortale, che si rivela, per il corpo, per le migliaia di miliardi di cellule di cui è formato (più di centomila, dicono i genetisti) come un nettare.
Vengono pubblicati dall’Istituto di Ricerche Evolutive di Parigi, con la cadenza di un tomo all’anno, diciotto anni dopo la compilazione. A settembre del 2003 è uscito il quinto. Sulla prima pagina di ciascun volume si ricorda la definizione esatta di “apocalisse”, tratta dalla Encyclopaedia Universalis: il termine evoca di solito una catastrofe su scala mondiale, in realtà è la trascrizione della parola greca che significa, semplicemente, “messa a nudo”, “disvelamento”; messa a nudo in senso materiale; in senso figurato, rivelazione dei segreti umani e divini. I Carnets di Satprem sono il diario minuzioso della messa a nudo e anche una “rivelazione” – mediante visioni o “anticipazioni simboliche” di eventi che riguardano sia l’individuo che il “cammino del mondo” – di segreti umani e divini che la nostra mente razionale, con la sua ristretta logica, fa fatica a visualizzare e a “comprendere”. A meno che, come ci rivela Satprem, la mente non diventi una sorta di “pappagallo” silenzioso che si limita ad annotare, a registrare gli “eventi”, standosene buono e tranquillo sul suo trespolo. Sulla quarta di copertina di ciascun volume, il compilatore confida: «Avevo un Segreto; sarebbe stato inghiottito, ancora una volta, sotto i ruderi di una qualche ‘civiltà’? Qui si dice, o si tenta di dire, la messa a nudo di una vecchia specie che non conosce affatto se stessa, né il suo inizio né il suo Fine, né il perché della sua esistenza mortale. Il passo-dopo-passo nell’ignoto della Terra attraverso un corpo semplicemente umano che si dona a un Avvenire misterioso, che tuttavia è già qui, dentro di noi, e a una specie in divenire. Il cominciamento di una Vita nuova, una seconda Vita per la Terra e per gli uomini».
Il percorso dettagliato comincia con un’odissea, a partire dal “tragico 1973”, quando Mère è partita e l’ultimo «anello della catena del Mistero» sembrava essersi chiuso in una tomba, dopo altri milioni di tombe. Ma davanti a quella ennesima tomba un cucciolo d’uomo ha levato un grido: «Tiriamola fuori di lì». Era come un grido che attraversava i nostri muri, andando a toccare qualcosa di molto alto o di molto profondo, che sta al fondo di tutte le tombe come un avvenire che pulsa, palpita, batte, un Impossibile che esplode e perfora tutte le vecchie possibilità. Qualcosa che sarà e che va fatto. C’era da pubblicare la «prodigiosa Agenda di Mère». Quelli che invece volevano fondare una lucrosa “religione di Sri Aurobindo” e incrementare il “turismo delle tombe” si opponevano, facendo ricorso a tutte le loro forze malefiche. Cominciava l’incubo, la guerra, i tentativi di assassinio, la fuga inevitabile, alla ricerca di una forse impossibile “isola felice”, in mezzo all’oceano o su montagne azzurre. Bisognava fare in fretta, resistere agli spossamenti e respingere le male arti, reggere la tensione di una “concentrazione feroce”. E scrivere decine, centinaia di lettere, ad amici, governatori e anche presidenti, «lettere disperate come un appello e un grido dell’anima». Si trattava di resistere alla voglia di gridare, capire molte cose, senza sapere ancora di star scavando un buco profondo nella fortezza di menzogna che attraversa il proprio corpo.
L’aspirante-foca — al di qua dello stretto — si chiede se non sia proprio questa l’essenza del segreto umano che ci viene rivelato dall’ardito marinaio bretone. Che si può anche definire come «una preghiera del corpo e un richiamo continuo all’Avvenire divino», reiterata «attraverso un milione di negazioni umane». Infine «si vede a nudo, senza vedere nient’altro che le ferite del corpo e dell’anima». E tuttavia il corpo impara a conoscere, vedere, sentire, assaporare una «Grazia prodigiosa che ti porta attraverso tutto e a dispetto di tutto». Che al tempo giusto fa arrivare l’aiuto necessario e le persone giuste. Spesso «all’ultimo disperato secondo». Allora si percepisce materialmente che la strada è stata aperta. Si capisce – assicura Satprem – cosa intendesse dire Sri Aurobindo, nel suo modo discreto, quando affermava: «Stavolta qualcosa sarà fatto».
La “battaglia dell’Agenda” sarebbe durata cinque anni. Il primo tomo dei Carnets ne racconta impietosamente il decorso, senza reticenze, senza gettare veli pietosi, o ipocriti, sulle vociferazioni, gli insulti, gli attacchi, le imposture e le calunnie, i processi minacciati, le falsificazioni, le accuse di “tradimento” (ovviamente), i tentativi di “strangolamento”. E la presenza e l’aiuto concreto di angeli protettori che di volta in volta prendono la veste dell’editore illuminato, dell’imprenditore onesto e lungimirante, del saggio consigliere.
«La dimensione dell’assalto contro il piccolo uomo fa capire l’importanza dell’Opera e la potenza delle Forze che volevano strangolarlo. E tuttavia era soltanto il primo atto, sordido e assassino, della battaglia. La vera partita era ancora tutta da giocare».
Lo “scopo”, il fine dei Carnets, è dichiarato alla fine dell’introduzione scritta il 20 dicembre del 1998: la vera battaglia da combattere era quella di «incarnare, mettere nel corpo quello che hanno impedito a Lei (a Mère) di fare da viva… Farla uscire da quella tomba inaccettabile per far entrare nella coscienza terrestre il passo-dopo-passo dell’ignoto della Terra, attraverso un corpo semplicemente umano che si dava corpo e anima al misterioso Avvenire di una specie in divenire».
Un giorno del 1982 il marinaio — dopo aver materializzato e detto tutto il dicibile in linguaggio umano — si è detto: proviamo. I suoi Carnets (diari, taccuini, appunti o zibaldoni che dir si voglia) raccontano di un lungo cammino che non si sa se sia verso la morte o verso l’inizio di una Vita nuova, per la terra e per gli uomini. Il cammino a volte sembra “oscuro e sconosciuto”, si avanza passo dopo passo senza sapere, grazie a delle visioni, ogni tanto, di una Nuova Coscienza che, concretamente e graziosamente, illumina il passo successivo da fare, mostra i pericoli della situazione locale o mondiale, intenzioni, visi, «con un senso dell’umorismo e un’esattezza materiale impensabili, a volte enigmatici».
Un divino sorriso che sembra dire: vedi? sono qui, cammino insieme a te. Si tratta di un cammino «meraviglioso e impossibile» e tuttavia «supremamente possibile, grazie a questo Amore che ci porta e porta tutto».
P.S.: i Carnets d’une Apocalypse sono pubblicati e distribuiti dall’Institut de Recherches Evolutives (27, Rue Denfert-Rochereau - 14780 Lion/Mer - http://www.ire-miraditi.org) al quale possono essere direttamente richiesti dai lettori interessati.