di Tommaso Iorco
(autore tutelato S.I.A.E.)
Tra il 1909 e il 1927, Sri Aurobindo tenne una serie di diari personali inerenti la propria particolare sadhana. Recentemente, questi taccuini (che non furono scritti dall’Autore con l’intento di affidarli alla stampa, ma esclusivamente per se stesso, allo scopo di verificare minuziosamente, come uno scienziato di laboratorio, le proprie sperimentazioni) sono stati pubblicati per la prima volta in forma di libro (venendo a formare due grossi volumi, per un totale di circa 1.500 pagine), dandoci modo di conoscere qualcosa di quello che Sri Aurobindo definì il suo vero lavoro, volto alla trasformazione della coscienza umana e terrestre a immagine divina.
A tali diari furono dati dallo stesso Sri Aurobindo nomi disparati, a seconda del periodo in cui vennero scritti; tra i titoli più ricorrenti troviamo Journal of Yoga, Record of the Yoga, Notebook of the Sadhana, Yoga Diary, Yoga Record, e anche — e soprattutto —, Record of Yoga, titolo che è stato scelto dall’Editore in vista della loro pubblicazione.
Purtroppo, Sri Aurobindo interruppe presto questi documenti portentosi e affascinanti. Le ultime annotazioni, come dicevamo, risalgono al 1927. Dei ventitré anni successivi, del Lavoro di Sri Aurobindo non sappiamo praticamente nulla. Purtuttavia, questi diari ci fanno intravedere le dimensioni — davvero sterminate — dell’Opera da Lui iniziata e intrapresa, oltre a farci capire un po’ meglio il senso di quanto Mère — sua indispensabile metà e infaticabile ‘laboratorio vivente’ del processo di trasformazione — ci descrive nella propria Agenda (ovvero, l’Agenda di Mère, tredici volumi pubblicati a cura di Satprem).
Bisogna anzitutto precisare che Sri Aurobindo non scrisse tali diari come semplice ausilio mnemonico di fatti e di esperienze, bensì come un modo per fissare su carta il progresso del lavoro, esattamente come uno scienziato annota i suoi esperimenti al fine di verificarne in un secondo tempo i risultati, oltre al fatto che — come molte tradizioni ben sanno — la parola scritta possiede il potere di fissare e rendere più stabili e concrete le acquisizioni ottenute. Proprio per questo motivo, erano i “risultati definitivi”, e non semplicemente “qualsivoglia esperienza” che Lui intendeva registrare su carta. Inoltre, ricevendo spesso — da piani di realtà sopracoscienti — comunicazioni contenenti precise indicazioni operative, si era prefisso di annotare in questi diari «non soltanto i dettagli di quanto è stato compiuto e le linee dei compimenti in via di realizzazione, ma anche la registrazione di esperienze e indicazioni riguardanti il loro futuro sviluppo» (Record del 18.11.1914). Sri Aurobindo spesso andava a rivedersi vecchie indicazioni ricevute, per constatarne l’eventuale esattezza (annotando talvolta a posteriori — e il diverso inchiostro utilizzato, o il suo diverso grado di sbiaditura, rende testimonianza del lasso di tempo intercorso — la loro fondatezza o meno). Per limitarci a un singolo esempio, troviamo l’annotazione di una predizione, ricevuta nel 1914 (Record privo di data precisa), che il suo Lavoro sarebbe stato «completato nel 1956-57)». Sorprendentemente (per noi!), nel primo volume dell’Agenda, alla data 29 febbraio 1956, è riprodotta una nota in cui Mère descrive una esperienza capitale, che avrà conseguenze importantissime per tutto il futuro sviluppo di questo yoga della trasformazione terrestre, sotto il titolo «PRIMA MANIFESTAZIONE SOPRAMENTALE».
Occorre dire che il compito di Sri Aurobindo consisteva proprio nel calare un ‘nuovo’ Potere di coscienza, divino e solare — da Lui definito “sopramentale” in quanto ben al di sopra sia pur delle più alte vette della mente spirituale — che avrebbe col tempo prodotto una trasformazione radicale nell’uomo e che porterà, in ultimo, all’emergere di un nuovo essere che dovrà letteralmente incarnare tale principio gnostico, liberando la coscienza terrestre dalla schiavitù dell’ignoranza, della sofferenza e della morte, grazie al potere dell’Amore, manifestando la Gioia divina fin nella materia. Ed ecco che nell’anno di grazia 1956, il Lavoro di Sri Aurobindo può dirsi giunto a compimento: la Discesa sopramentale è avvenuta. Ed è proprio a questo punto che inizia il Lavoro di Mère, consistente nel rendere sempre più tangibile e operativo tale Potere.
Nella pratica, per far scendere tale Coscienza-Forza sopramentale sulla terra, Sri Aurobindo utilizzava anzitutto il proprio corpo come un vero e proprio campo di sperimentazione rappresentativo dell’intera materia universale. Come i fisici subatomici ben sanno, produrre delle modificazioni in un piccolo angolo di materia, significa intervenire su tutta quanta la massa materiale esistente. Così, Sri Aurobindo scende metodicamente e pazientemente nei vicoli sotterranei — magmatici e tenebrosi — del proprio corpo fisico, giù fino al subcosciente e al nesciente, armato della più alta Luce e Forza sopramentale, per stanare la menzogna che rende la materia fatalmente asservita al dolore e alla morte. Parallelamente, applica la ‘propria’ forza spirituale per intervenire sugli eventi mondiali, al fine di accelerare una sempre maggiore presa di coscienza da parte dell’umanità, e sostenere interiormente — o addirittura ispirare segretamente — quei movimenti mondiali destinati a ribaltare i vecchi sistemi sociali, politici ed economici che ancora tengono gli esseri umani in catene. Infine, e arriviamo all’aspetto di questa sua immensa Rivoluzione che possiede per noi i risvolti più tangibili (sebbene non necessariamente i più importanti), inizia a riversare nell’atmosfera terrestre una serie di ‘idee-forza’ che permettano agli uomini di acquisire sempre più conoscenza e consapevolezza della loro condizione; e ciò non soltanto tramite il potere di trasmissione silenziosa del pensiero, ma anche attraverso un preciso lavoro letterario, che abbraccia la filosofia, la psicologia, la politica, la sociologia e altro ancora (senza mai trascurare quello che era il Suo vero talento letterario e il veicolo espressivo a lui più appropriato: la poesia).
Per dare un’idea della complessità e del fascino di tali taccuini, e ancor più della proporzione del Lavoro che Sri Aurobindo si apprestava a intraprendere nell’ombra (ricordiamo che saranno proprio gli anni compresi tra il 1926 e il 1950 a costituire il momento in cui l’Azione di Sri Aurobindo acquista reale efficacia, anni purtroppo non documentati da alcuna testimonianza scritta) offriamo qui di seguito la traduzione e, ove necessario, la spiegazione, di alcune pagine prese saltellando qui e là attraverso i due volumi di cui sopra. Per forza di cose, dobbiamo selezionare un solo filone di lavoro, e scegliamo quello della trasformazione del corpo fisico. Tra parentesi quadre, in italico, cerchiamo di offrire una traduzione di termini sanscriti, utilizzati a profusione da Sri Aurobindo in questi suoi taccuini. Per ovvie ragioni non intendiamo soffermarci troppo su tutti quei dettagli che, seppure rivestano una enorme importanza pratica, non hanno motivo di essere approfonditi in questa sede. Limitiamoci ad accennare al fatto che, durante l’intero periodo di questi Record, alcuni termini usati da Sri Aurobindo subiscono un significativo sviluppo. È il caso, ad esempio, del termine sanscrito vijñâna, che noi abbiamo genericamente tradotto con ‘gnosi’, e che assumerà — a mano a mano che l’esperienza si approfondisce — la sua piena significazione, in quanto Coscienza-di-Verità sopramentale, anello di congiunzione tra l’emisfero del Divenire e l’emisfero dell’Essere. Il ponte tra il Cielo e la Terra, insomma, in grado di collegare gli estremi e unire i due poli opposti dell’esistenza: Materia e Spirito.
13 gennaio 1912
ore 10,15
…«L’ananda [la gioia divina] si è pienamente stabilita nel dominio degli indriya [dei sensi fisici]. Ogni cosa vista, odorata, gustata, toccata, tutti i movimenti, tutte le azioni, sono ora piacevoli o recano piacere; tutto quanto porta con sé il rasagrahana [il godimento del ‘rasa’ — il principio di delizia — nelle cose] o l’apprezzamento della bellezza dei guna [modi, qualità essenziali della natura fenomenica] di cui sono le espressioni, la gioia del vijñana [della gnosi] in essi (fondamento del cidghana ananda [la beatitudine della coscienza luminosa]), la gioia del cuore in essi (fondamento di kamananda [la delizia sensuale]), la gioia della mente in quanto indriya in essi (fondamento dell’ahaituka ananda [godimento fisico non dipendente da alcuno stimolo sensoriale o sottile]). Tutta questa gioia pertiene alla natura di bhoga [godimento, nella fattispecie privo di desiderio] da cui l’ananda incomincia a emergere. La gioia dello spirito nell’Ekam [nell’Unico] che esprime se stesso (fondamento di shuddhananda [pura beatitudine], cidananda [la beatitudine della Coscienza] e sadananda [la beatitudine dell’Esistenza] insieme, producendo kaivalyananda [la beatitudine dell’assoluta unità]) è al momento attuale ancora oscuro e involuto negli ananda inferiori. Da ieri, lo ahaituka kamananda [godimento sensuale privo di stimoli] e, da oggi, il sahaituka tivrananda [intenso piacere a seguito di un contatto] si stanno manifestando. Ieri, inoltre, il disagio causato da caldo e freddo e il dolore sono stati nuovamente banditi, sebbene non interamente. …Mentre sto scrivendo, ahaituka tivrananda [intenso piacere non causato da alcun contatto], raudrananda [intensa forma di godimento] e vaidyutananda (negativo) [una forma di ananda ‘elettrizzante’ — negativo in quanto legato alla sensazione di freddo, positivo qualora sia legato alla sensazione di caldo] stanno iniziando nuovamente a prodursi; anche vishayananda sahaituka e ahaituka [ananda dei sensi, con o senza causa], iniziate ieri, si stanno facendo più precise. Il bhoga di tutte queste forme è già stabilito. La difficoltà maggiore è data dal contatto prolungato di caldo intenso con una parte sensibile del corpo, ad esempio la pietra rovente sul terreno sotto il sole del meriggio. L’intensità di calore percepito può essere aumentata, diminuita o inibita dalla Volontà; il contatto prolungato tende a rimuovere l’elemento di sofferenza, a meno che la Volontà non voglia accrescerla o mantenerla, oppure, se il flusso della Volontà (cit-shakti [coscienza-forza]) viene mantenuto tamasico, la sofferenza indebolisce il contatto anziché acuirlo. Questa daurbalyam [debolezza] è stata creata allo scopo di permettere certe forme di intenso ananda, e principalmente viparita [gioia ‘perversa’, cioè determinata da iniziali sensazioni di dolore — come per l’appunto nel caso di scottature]. È possibile, come ora mi viene chiaramente mostrato, renderlo un grande elemento di possente e positiva (non viparita) ananda, ma in tal caso il daurbalyam può essere semplicemente una forma di balam [forza]; in altre parole, può essere sostenuto mediante dhairyam [tranquilla perseveranza] e anandadharanashakti [il potere di una gioia continua]».
Il nostro corpo fisico, come Sri Aurobindo argutamente nota proprio in uno di questi Record, è più abituato a tollerare certe intensità di dolore, che non certe intensità di gioia. La nostra trascorsa evoluzione terrestre emerge dall’incoscienza e, dolorosamente, si è aperta la strada verso una sia pur parziale coscienza. Adesso, nell’evoluzione che dovrebbe portarci a una coscienza globale e divina, bisogna disfarsi in primo luogo dei vecchi automatismi e in particolar modo della vecchia legge del dolore, per imparare a crescere in una gioia progressiva e ininterrotta. E Sri Aurobindo, come prima cosa, cerca proprio di abituare la materia vivente a sopportare in maniera sempre più massiccia e stabile la Gioia divina in tutte le sue forme — quell’ânanda di cui qualunque gioia che noi conosciamo è una espressione più o meno pura o, nella peggiore delle ipotesi, una deformazione. Ed ecco che Sri Aurobindo cerca di far scendere nel corpo fisico dosi di intensità crescente di quella suprema Gioia incondizionata. Qualunque contatto dal suo corpo percepito, la penna che tiene in mano per scrivere, il legno della sedia su cui siede, il pavimento su cui poggia e cammina, il sole che accarezza le membra o il freddo notturno, tutto quanto diventa motivo di un godimento continuo, di un divino orgasmós, di un piacere ininterrotto, coinvolgente tutte le parti dell’essere e della natura, compresi gli stessi sensi fisici.
Passano alcuni anni. Giorno dopo giorno, Sri Aurobindo si è lasciato triturare dalla Forza Divina. Il mese di aprile del 1920 Mère si stabilisce definitivamente al fianco di Sri Aurobindo. È una data importante, che segna l’inizio di un periodo di grande accelerazione. Sri Aurobindo parla di una “vertiginosa rapidità di progresso” che non tarda di portare i suoi risultati concreti:
17 Ottobre 1920
Mattino
«Lo stato consueto della coscienza fisica è la gnosi rivelatoria; lo scendere nel dominio dell’intuizione avviene più raramente e non dura a lungo. Occasionalmente si produce il vijñana rappresentativo».
La coscienza-forza sopramentale è discesa nel corpo (o il corpo è asceso alla gnosi suprema, che dir si voglia) e lo sta modellando a sua immagine.
Nel 1926, verso la fine del mese di novembre, Sri Aurobindo si ritira nella sua stanza, per accelerare il processo. Qualche giorno dopo osserva:
Dicembre 1926
«Quando la pienezza dell’energia-di-vita sopramentale è nel corpo, tutte le difficoltà vengono ridotte a nulla.
È l’energia-di-vita nell’intero corpo, e non soltanto nei sette centri [i famosi ‘cakra’, o centri di coscienza] che è necessaria. E una volta stabilita nei sette centri non può non diffondersi in tutto il corpo.
Deve prendere possesso di tutte le cellule, i tessuti, i muscoli, le ossa, il sangue, i nervi, la pelle, i capelli; allora il corpo sarà pronto per la trasformazione.
… Resta sempre il problema del fisico più materiale, ovvero la carne e gli organi. Essi devono diventare inattaccabili e invulnerabili; devono essere stabiliti nel loro auto-mantenimento indipendentemente dal cibo, in un modo o nell’altro».
E, circa un mese dopo, mette su carta la seguente osservazione:
3 Gennaio 1927
«Il Potere supremo si sta prendendo carico di tutti i movimenti. Li trasformerà nella Verità. Nessuno sforzo è necessario, nessun aiuto dalla mente o da alcuno degli strumenti; perfino il consenso individuale non è più necessario».
Il diario si interrompe con il compimento di quanto era stato iniziato, e con l’inizio di un serrato corpo a corpo con il nemico di sempre: la morte.
31 Ottobre 1927
«L’ananda ha preso possesso e sta diventando automatico, necessitando solo del ricordo o di un poco di attenzione per agire istantaneamente. Ogni cosa vista, udita, gustata, odorata, toccata è ora anandamaya [fatta di beatitudine]; quanto è visto, udito, sentito sta incominciando a essere percepito come ricolmo di ananda e perfino come se fosse fatto di Ananda. Sahaituka ananda di ogni cosa tranne gli eventi è ora automatica. Ahaituka ananda all’interno del corpo mostra segni di raggiungimento del medesimo stato, pur non avendolo ancora raggiunto».
Giorno dopo giorno, per anni, Sri Aurobindo ha impregnato la ‘propria’ materia con una Forza ‘nuova’, una Forza che è Gioia divina — la suprema Coscienza-Forza destinata a ribaltare il destino terrestre.
Poi è andato a stanare il nemico nel suo stesso rifugio.
Negli antichi miti della fertilità, il dio si faceva seppellire vivo, per poi ritornare dall’oltretomba apportando una nuova Primavera, al di là delle tombe.
Settembre 2003