UN MESSAGGIO IN BOTTIGLIA…
NELL’OCEANO INFORMATICO!

di Tommaso Iorco
(autore tutelato SIAE)

Occorre avere un cuore calmo, una volontà che non vacilla,
una completa dedizione e lo sguardo sempre fisso al di là,
per vivere senza scoraggiarsi in un’epoca come quella attuale,
che è davvero un periodo di decomposizione generale.
SRI AUROBINDO

Ci sono momenti in cui è necessario dire le cose nel modo più diretto possibile, senza troppo curarsi delle conseguenze.
Viviamo «in un periodo di decomposizione generale», per riprendere le parole di Sri Aurobindo. Questa atmosfera di decomposizione la si percepisce in modo molto concreto un po’ dappertutto: il mondo del lavoro è sempre più assurdo, la sfera politica e le risorse economiche del pianeta (ovvero il mondo della finanza) sono in mano a persone corrotte (e proprio Mère e Sri Aurobindo ci permettono di conoscere le motivazioni che stanno dietro: gli opportunisti, gli sfruttatori, i corrotti, sono gli strumenti migliori per quelle forze asuriche che, coscienti dell’approssimarsi della loro fine, stanno facendo di tutto per ritardarne l’evento, compiendo quanti più disastri è loro possibile), i rapporti interpersonali diventano sempre più complicati, il mondo della cultura e dell’arte è schiavo delle cosiddette ‘logiche di mercato’, mentre la miriade di piccoli atti quotidiani di cui la cosiddetta ‘vita’ di ogni essere umano è intessuta affoga nella mortalità.
E tuttavia, chi ha nel cuore Mère e Sri Aurobindo, possiede (ed è un loro regalo, senza alcun dubbio) una insopprimibile prescienza di quel qualcosa «al di là» dell’attuale caos, un avvenire terrestre che in realtà è già incominciato e che lo si può perfino scorgere in filigrana, a dispetto di tutte le circostanze avverse. E che, soprattutto, lo si può CHIAMARE. Sappiamo infatti che si può collaborare alla fine della Menzogna. Molti fra noi ne hanno fatto l’esperienza un numero sufficiente di volte da potervisi definitivamente convincere, cercando perciò — in un modo o in un altro — di farsi strumenti coscienti di quella Forza divina, di quella suprema Shakti che utilizza al meglio tutta questa decomposizione per trarne con precisione infallibile e sovrana una nuova, meravigliosa creazione.
Sri Aurobindo e Mère indicano una sola condizione come davvero indispensabile per farsi canali della suprema Coscienza-Forza divina: la SINCERITÀ. La sincerità di un dono di sé sempre più completo, una offerta — come si legge nelle luminose e brevi pagine di The Mother di Sri Aurobindo, «of all one is and has»: di tutto ciò che si è e che si possiede.
Il solo fatto di credere che le cose che possediamo ci appartengono in modo esclusivo, e che per essere felici dobbiamo cercare di riservare per noi stessi un numero di ‘averi’ sempre più elevato, è al tempo stesso una delle più grosse illusioni dell’umano egoismo e una delle principali cause dell’infelicità umana. Allo stesso modo, molto spesso gli uomini cercano di rifornirsi di un bagaglio di conoscenze che permetta loro di avere maggiore potere sugli altri esseri umani, anziché utilizzare tali conoscenze per aiutare quanti non hanno potuto avervi accesso. Ma la vera gioia non consiste nel prendere, consiste nel dare. «Ciò che dai è tuo per sempre, ciò che tieni è perduto per sempre» — questa massima, che i più cinici fra noi commentano con uno sprezzante sorriso di superiorità e che molti invece condividono nella testa ma non riescono poi a calare nel cuore e nella vita, contiene un segreto importante, che posso testimoniare di persona.

Come avevano scoperto i veggenti upanishadici già qualche millennio addietro, «non esiste felicità in ciò che è ristretto, ma solo nella vastità» (nalpe sukham asti bhumaiva sukham) — più si cerca di costruire una fortezza fra sé e il mondo, più si è votati alla miseria psicologica; più ci rinserriamo a tripla mandata in un sordido ‘io-me’ soffocante e ben pasciuto, più il peso gravitazionale ci trascinerà verso il basso, nell’incoscienza e nell’oscurità.
Oggi noi assistiamo a un enorme e continuo sperpero di risorse, a un forsennato e vano accumulo di beni, a un ridicolo perseguimento della ‘giovinezza perenne’ attraverso operazioni chirurgiche e magiche pozioni — mentre nel mondo milioni di individui crepano di fame o sono costretti a fare lavori degradanti per una ciotola di riso. Si producono le cose più assurde e inutili facendole credere indispensabili per lucrare sulle spalle degli ingenui componenti di questa barbarica (seppur tecnologicamente avanzata) società dei consumi, mentre chi (tanto per fare un esempio concreto) avrebbe tanti progetti da mettere a disposizione per arricchire le coscienze, riesce a fatica a raccogliere i soldi — grattando il fondo dei propri risparmi personali, faticosamente raccolti — per pubblicare senza alcuno scopo di lucro qualche libro che è un autentico scrigno contenente tesori inestimabili. Il segreto dei Veda, che abbiamo appena pubblicato con così tanta fatica e con così tanta cura (chi non si è mai buttato nel crudele e spietato mondo dell’editoria non può capire fino in fondo quanto queste parole siano vere), per la sola gioia della condivisione, è un esempio evidente. Ma è al tempo stesso una prova evidente che esiste qualcosa al di là degli appetiti voraci di questa umanità spocchiosa e arrogante che ha ormai sottoscritto il proprio epitaffio. Questi piccoli gesti apparentemente insignificanti sono la dimostrazione pratica che esiste qualcosa d’altro rispetto a una pingue umanità che, per usare le ironiche e quanto mai pregnanti parole di Mère, «si nutre di banconote»! E le persone che silenziosamente si dedicano a progetti belli e costruttivi senza aspettarsi nulla in cambio aumentano, contagiati dall’entusiasmo di quanti ne hanno fatto un modo di vita e spinti da un bisogno interno di consacrarsi a qualcosa che supera il loro piccolo ego, per puro amore, senza attendersi riconoscimenti e ricompense da nessuno, più o meno consapevoli dell’unità e dell’interrelazione del tutto con le sue parti costituenti.
Nel 1932 Albert Einstein pronunciò, nel corso di una conferenza alla Spinoza Society of America, le seguenti parole: «Le nostre azioni dovrebbero essere fondate sulla consapevolezza costante che gli esseri umani, nei loro pensieri, nei loro sentimenti e nelle loro azioni non sono liberi, ma sono tutti quanti legati in modo causale quanto le stelle nei loro movimenti» (Archives Einstein, 33-291). O, come canta il poeta, nessun uomo è un’isola. Non si tratta, pertanto, di un sentimento di inadeguata filantropia laica o religiosa (motivato più dall’amore del proprio piccolo ego magnificato che da autentica condivisione e compartecipazione), ma da una più o meno chiara consapevolezza del senso di mirabile unità che lega tutto e che ci lega a ogni singolo elemento del tutto. Come si può pensare di cercare di ferire o di sopraffare qualcuno quando dappertutto si scorge UN’UNICA COSA che prende innumerevoli forme, e che rappresenta la nostra più vera essenza? Come ci si può dedicare a un simile compito nella speranza che un qualche buondio lassù in alto ci ricompensi per i nostri meriti, quando percepiamo che TUTTO È UNO e che il Buondio è dovunque, dentro e fuori di noi?
Un mistico sufi era solito pregare con queste parole: «O Signore, se ti amo per paura dell’inferno, gettami nell’inferno; se ti amo nella speranza di un paradiso, negami il paradiso». Che cosa c’è infatti di più bello che amare per la sola gioia di amare, senza aspettarsi nulla in cambio? Perfino quando ci si accosta al Divino, sovente ci si aspetta qualcosa in cambio… Soprattutto quando si tratta di offrire tutto ciò che si è e che si possiede, il piccolo pigmeo dentro di noi subito si chiede: “ma io alla fine che cosa ci guadagno?”. L’umanità, nel suo insieme, sembra irrimediabilmente priva di bussola e i più vagolano alla cieca seguendo stoltamente altri ciechi.
Ma la bussola, in realtà, esiste. Esiste un Faro meraviglioso, una stella polare anche nella notte più fitta, se soltanto decidiamo di vedere oltre gli annebbiamenti creati da questa stupidità dilagante, da questa mediocrità disperante. Se impariamo a prenderci meno sul serio e a renderci disponibili alla grande avventura. Farci strumenti gioiosi della Forza che vuole costruire, liberandoci dalla morsa delle forze di distruzione.
Non è difficile.
Basta volerlo.
Come dice l’antico saggio cinese: «Anche il più lungo cammino comincia da un primo passo» — cui fa eco la tradizione sapienziale mediorientale: «se l’uomo fa un solo passo verso Dio, Dio ne fa cento verso l’uomo».
Allora, perché non iniziare da subito?
Perché rimandare la gioia?
Siamo innamorati della sofferenza a tal punto?

«Non lasciare che la prudenza del mondo
mormori troppo dappresso alle tue orecchie,
poiché questa è l’ora dell’inatteso»
Sri Aurobindo

«Il mondo si prepara a un grande cambiamento.
Volete dare una mano?»
Mère

14 maggio 2005