di Giacomo Colomba
Ribelli, poliziotti… Rivoltosi, peace-keepers… Terroristi, eroi.
Terrore. Un seme pieno di risorse che trova sempre il terreno adatto nel quale attecchire. Non che con questo sia giustificabile… ma deve diventare comprensibile. Impelle. E non perché stavolta i morti sono italiani. Ciò non ci farebbe onore.
Accantonando la guerra dei numeri che vede accumulare dossier su dossier per convincerci della legittimità dell’uso della violenza (da una parte e dall’altra), e quella delle immagini con le quali si pilota il consenso delle masse — sedute in poltrona —: quale segreta meccanica innesca senza soluzione di continuità l’esigenza della rivolta terroristica e dell’imposizione cruenta della democrazia?
Si può (avendone la voglia) premettere migliaia di dati e motivi, precedenti storici ed eventi scatenanti, per favorire o sfavorire qualsiasi fazione, più o meno organizzata, più o meno scaltra e accorta.
Ma dopo che tutti hanno detto la loro a riguardo non c’è più niente da premettere. Rimane solo da ammettere. Tutto ciò è potuto svilupparsi fino a tal punto perché da ogni parte si è cercato di far prevalere la propria ragione. Mai l’evidente realtà dei fatti. I mezzi li conosciamo bene. Su tutti l’informazione, tesa nello sforzo di convincerci che la pace è un mestiere.
Numeri e immagini sono estremamente strumentalizzabili.
Assistiamo a un’asta. In palio vi è la legittimazione. Così si sparano sulle folle numeri sempre più strabilianti e immagini sempre più sconcertanti. Quando l’informazione non riesce a distogliere l’attenzione dal terrore democratico cerca di giustificarlo. E l’unico modo è trovare (o inventare) un altro terrore.
Così chiunque può essere eroe o strumento del terrore… dipende dai dati a disposizione e dal sottile tranello del linguaggio giornalistico che, reso apparentemente innocuo da un “buongiorno” e un “grazie di averci seguito” si insinua nel subconscio dei ‘cittadini liberi’ da dietro cravatte e scrivanie. Da quel linguaggio subliminale dipende l’identificazione di ‘nemici’ e ‘alleati’. E così qualsiasi valore può essere invertito: chi è l’eroe? Chi cerca di sovvertire un sistema ciclopico, vorace, ipocrita e opprimente o chi lavora per garantire la sicurezza e la libertà degli individui? Chi è il terrorista? Chi reprime in mattanze massive la rivolta mantenendo l’ordine costituito o chi cerca di distruggere la democrazia colpendo vigliaccamente delle vittime innocenti?
I ‘cittadini liberi’ sembrano solo il frutto dell’informazione e dei parametri sociali e morali del momento. Ci dice Giovanni Lindo Ferretti: «…è difficile trovarsi pronti a sé. È doloroso accedere al fondante. La società offre, giustamente, modelli di comportamento tranquillizzanti le ansie profonde. Benedetti se e quando funzionano. Il conformismo non è che un rimedio alle potenzialità conturbanti della vita. Quieta e tacita “perché” che possono assumere valenze travolgenti...».
In realtà non c’è niente di giustificabile. Né il vile lavaggio del cervello fatto dal fondamentalismo religioso sulle masse ignoranti spingendole all’automassacro e verso un odio irrazionale e primitivo; né il titanico sistema imperialista-neoliberale a misura dei sesterzi e non dell’uomo, che sforna oppiacei canoni per le proprie “unità di produzione” umane. Non si può giustificare più niente. Non si può essere dalla parte del giusto se non si è dalla parte dell’Uomo.
Chiunque, che pratichi il ‘terrore’ o meno, che accetti la violenza come mezzo per mantenere o sovvertire l’ordine democratico, può a buon diritto rivendicare la propria innegabile ragione. Ma non di essere dalla parte della verità o della libertà.
Fino ad ora era lecito giustificare le proprie ragioni (come inevitabile nell’era della ragione). Ma adesso impelle un cambiamento. E per chi sceglie di Cambiare, le giustificazioni coi loro ‘se’ e ‘ma’ sono solo un vilipendio della verità e una maschera dell’abnorme appetito e dell’ignoranza medievale che i sistemi mondiali stentano ad abbandonare.
A quel punto il “nemico” non può più esistere da qualche parte là fuori… il nemico è la menzogna in ogni suo grado di distorsione della verità. E non accettare alcuna forma di menzogna o giustificazione è un continuo voto a favore di un nuovo ordine di cose che vige sui nostri abomini conclamati, e tentativi approssimati.
Tale menzogna, che epoche addietro utilizzò la religione e la religiosità per serrare la sua morsa sul destino e la vita dell’uomo, ha perdurato dopo mille rivoluzioni ed è trasmigrata con facilità nella politica e nell’economia (unici poteri ai quali si può aggrappare in quest’epoca una religione per influire sullo scacchiere mondiale, come ci tocca di vedere).
I sistemi che viviamo non hanno potuto far altro che proporre vite monche e istituzionalizzare comportamenti propri dell’età della pietra psicologica che tentiamo di lasciarci alle spalle.
Ci hanno educato a chiamarci: target, cliente, fatturato, forza lavoro… siamo UOMINI… materia in cui nessuno può laurearsi; perché non smuove le borse, non è controllabile alle frontiere, non è valutabile in percentuale alla fine dell’anno, non ha bisogno di petizioni per esistere e avere il proprio peso, non ha bandiera e non ha precedenti storici… semplicemente è li che aspetta di essere risollevata dalle ceneri di uomini costretti a non sapere d’esser tali e spinti a un’innaturale produzione di niente.
L’incantesimo si sta’ rompendo… e non c’è più motivo di credere agli ‘eroi della patria’ e ai ‘terroristi’. Prima che eroi e terroristi si è uomini… e se ci si vuol schierare dalla parte dell’Uomo dobbiamo necessariamente rifiutare la menzogna. Se non ci sarà un salto di coscienza verso una nuova Visione (e di conseguenza Azione) del mondo… dovremo procedere nel modificarlo geneticamente a nostra misura.
Vediamo crollare un mondo che ci dicono in via di sviluppo e di edificazione… sentiamo un mondo in via di costruzione che invece ci dicono impossibile.
A cosa crederemo? A chi vuole spiegarci cosa c’è ‘là fuori’… o a Qualcosa che si lascia Sentire sempre di più tra le macerie dell’homo sapiens?
Giovanni Lindo Ferretti suggerisce: «Cedere per credere».
18 novembre 2003