LAGER GLOBALE


a cura della redazione del sito arianuova.org


L’idea che la difficile situazione mondiale attuale rappresenti uno “scontro di civiltà”, come alcuni sostengono, ci sembra del tutto fuori luogo. Semmai dovremmo parlare di scontro fra due tipi di ignoranza.

Altrettanto fasulla e perniciosa ci appare l’idea di una difesa dei paesi occidentali contro presunte invasioni barbare. In molti, purtroppo, presentano l’immagine delle potenze occidentali assediate dai barbari, come avvenne per il tardo impero romano, circondato «dal furore dei popoli che latrano tutt’intorno» (come recita un anonimo del IV secolo). Ma anche in questo caso ci sembra assai più esatto parlare di due diverse forme di barbarie che si fronteggiano l’un l’altra.

Infatti, se cerchiamo di osservare con una certa attenzione lo stato attuale delle cose a livello planetario, ci accorgiamo che non ci troviamo di fronte alle modalità canoniche della guerra: non siamo di fronte né a una guerra fra Stati (quella tradizionale dello jus publicum europaeun), né a una ‘guerra totale’ (come quella descritta da chi è stato testimone diretto della prima o della seconda guerra mondiale).

Siamo di fronte a una situazione dalle tonalità apocalittiche, non interpretabile attraverso le lenti ‘classiche’ della teologia politica; non esiste più, infatti, una divisione dello spazio in grado di garantire una (per quanto relativa e temporanea) neutralizzazione dei conflitti. Siamo di fronte, piuttosto, a un tentativo di trasformare l’immensa prigione della visione shakespeariana (Amleto) in un campo di concentramento globale, piantonato da sentinelle spesso neppure in divisa — e quindi meno riconoscibili delle SS di un tempo, ma non per questo meno pericolose. Anzi.

E, in questo lager globale, assistiamo al proliferare di truppe ‘imperiali’, di armi, di scudi spaziali, di slogans (“il lavoro precario rende liberi”!), venendo a creare una situazione altamente inquietante che modifica radicalmente il terreno dell’agibilità democratica e dei diritti in ogni contesto nazionale — in primo luogo contro donne e uomini migranti, ma anche contro cittadini del centro, ai quali viene prospettata un’esistenza basata sulla precarizzazione di ogni rapporto sociale e sull’accettazione di questa precarietà anche attraverso la repressione del dissenso in varie forme.

È una forma di guerra nascosta, che Donald Rumsfeld ha definito (lui sì che se ne intende!) «segreta» e di lunga durata.