di Tommaso Iorco
(autore tutelato S.I.A.E.)
Improvvisamente, sulla strada c’è una curva, una svolta. In un certo qual modo, il paesaggio precedente è andato perduto — la scena di cui si possedevano le coordinate e certi solidi paletti sui quali chiunque poteva fare affidamento.
Jean Baudrillard
La visione di Sri Aurobindo e Mère, contrariamente a quanto generalmente si fraintende, non accorda un percorso rigidamente lineare ai processi che stanno alla base dell’evoluzione degli esseri manifesti. La linearità pura e semplice, al pari della perfetta simmetria, è un tipico prodotto della ragione umana, abituata a creare linee rigide e nette demarcazioni artificiose nell’interpretazione dei processi della Natura, i quali seguono perlopiù un andamento intricato e sinuoso, che a noi appare caotico e indecifrabile.
Mère e Sri Aurobindo ci mostrano — questo sì — come dietro il caos ci sia una precisa intenzione, un mirabile disegno di Madre Natura; ma non per questo riducono il lungo e per certi versi tortuoso percorso del divenire universale a una traiettoria in linea retta.
Per tentare di capire il senso dell’evoluzione terrestre, c’è da chiedersi, anzitutto, cosa è davvero ciò che a noi appare come caos. È una confusione priva di ordine in sé, oppure ci appare tale solo perché la osserviamo da una prospettiva deformata? Come intuì il poeta George Santayana, «caos è il nome per qualunque ordine che produca confusione nella nostra mente». Il caos, insomma, potrebbe essere un Ordine supremo, divino, che non soltanto sfugge completamente alla ragione, ma di fronte alla cui mirabile e sconcertante complessità la ragione riesce solo a vedervi disordine e confusione.
E se è davvero così, il caos nel quale la civiltà attuale è immersa può benissimo rappresentare uno dei segni più evidenti dell’instaurarsi di una nuova coscienza, non più mentale ma ‘sopra’mentale, sovrarazionale e divina. Questa intuizione si sta facendo sempre più spazio nel mondo. Per dirla con Tim Robbins, «il mondo sta dando segni di risveglio dalla sua trance lineare, dal suo pericoloso senso di sé come veicolo storico che arranca lungo una strada a senso unico verso una preordinata meta apocalittica».
Con sempre maggiore insistenza, infatti, sentiamo parlare di risveglio, di presa di coscienza, addirittura talvolta di saltus evolutivo.
«È evidente — annota Satprem nei suoi Taccuini — che questa Nuova Potenza non agisce per riparare i vecchi disordini, bensì per instaurare un nuovo Ordine, e questo Nuovo Ordine è necessariamente un estremo disordine del vecchio ordine! (Ciò è vero sia per il corpo individuale sia per il corpo del mondo)» (1 aprile 1985, vol. V).
I sistemi umani (religiosi, politici, etici, filosofici, economici o altro) appartengono tutti quanti al passato e ai suoi vecchi ordini fallibili e precarî. Ecco perché assistiamo al loro totale e inevitabile tracollo. Alcuni di noi sono terrorizzati da questo semplice fatto, perché lo collegano a una totale perdita di valori senza possibilità di ritorno. Ma non è necessario dare una simile interpretazione — al contrario, quello che ci attende alla fine del percorso di discesa nel caos, potrebbe essere verosimilmente un passaggio verso una coscienza ALTRA da quella umana, una coscienza divina e solare, attualmente per noi incomprensibile, come incomprensibile dovette apparire alla scimmia l’uomo razionale che pertanto da essa gradualmente emerse (e chissà quale caos dovette produrre nella testa della prima scimmia antropomorfa l’emergere di una sia pur rudimentale mente razionale!). Potremmo dire che la perdita dei valori umani è un passo indispensabile per l’acquisizione di una nuova e più vasta coscienza, così come la scimmia dovette scendere dagli alberi e smettere di credere nei suoi valori scimmieschi, prima di potersi mettere a ragionare sul senso dell’esistenza e dare così avvio a una nuova specie.
But to our gaze God’s light is a darkness, His plan is a chaos
ci dice Sri Aurobindo nel suo bellissimo poema epico Ilion —
Ma agli occhi nostri, la luce di Dio
è una tenebra e il suo disegno un caos.
A partire dagli anni Sessanta, seguendo un filone intuitivo sorto in Francia e poi diffusosi rapidamente nel resto del pianeta, il mondo umano è entrato in una nuova èra, provvisoriamente chiamata ‘postmoderna’, proprio per distinguerla dall’èra moderna, contraddistinta dal cosiddetto “trionfo della ragione”, ovvero basata sulla fede nella mente razionale come arma efficace per combattere definitivamente l’ignoranza, l’ingiustizia, la barbarie e le mille contraddizioni esistenti in seno a questa umanità martoriata. Ormai, infatti, sappiamo che la ragione non spiega e non cura nulla di fondamentale. Perfino in ambito scientifico la fiducia dogmatica nella ragione ha perso di credibilità. Tra gli scienziati contemporanei si parla, per esempio, di ‘fisica di orizzonte’, intendendo significare che ogni umana verità è sempre e soltanto una rappresentazione oggettiva della realtà, nel formulare la quale influisce in grande misura il punto da cui si osserva un determinato fenomeno. Per dirla con Glenn Ward, «le verità non sono mai assolute o atemporali — al contrario, sono sempre influenzate da specifiche condizioni conoscitive, sociali o storiche». Per usare le parole ancora più incisive e cruciali di Walter Truett Anderson: «Noi viviamo in un mondo nuovo, un mondo che non sa ancora spiegare a se stesso ciò che è, ma solo ciò che ha appena cessato di essere».
In definitiva, il fallimento della ragione, capace di giustificare con la sua inoppugnabile logica anche le aberrazioni più tremende, ha rappresentato LA FINE DI UN MONDO — o, parafrasando il prof. Fukuyama, LA FINE DELLA STORIA.
…La fine dell’uomo in quanto essere mentale?
E dopo?
La specie umana, che fino a un secolo fa si credeva la vetta della creazione (una ben misera vetta, ammettiamolo...), in fin dei conti potrebbe rappresentare solo una tappa provvisoria (e pervicacemente tragicomica!) verso un ‘dopo-uomo’ finalmente libero e felice, cosciente di sé come parte di una prodigiosa globalità organica, con tutte le implicazioni pratiche che tale consapevolezza unitaria produrrebbe, in sé e attorno a sé.
Perciò, visto con i giusti occhi, il crepuscolo dell’uomo risulta essere il primo segno tangibile di un’aurora di inimmaginabile splendore che già cova nelle attuali tenebre.
Perché «l’uomo non è l’ultimo gradino dell’evoluzione; l’evoluzione continua, e l’uomo sarà superato» — Mère.
© Novembre 2003