di Tommaso Iorco
(autore tutelato S.I.A.E.)
Satprem, che era stato per tutti questi anni il testimone diretto delle sperimentazioni di Mère, piano piano ne diventa diretto sperimentatore egli stesso. Pochi giorni dopo il nostro fatidico 17 novembre, annota nel suo diario personale (i cosiddetti Carnets d’une Apocalypse):
«Sento Mère che con una voce piuttosto imperiosa mi dice: "Vuoi che non sia un fallimento? — BEH, ALLORA FALLO"» (22 novembre).
E, poco dopo, dirà alla sua amatissima e inseparabile compagna, la dolce Sujata, che dalla tenera età di dodici anni ha avuto lo straordinario privilegio di vivere accanto a Mère e Sri Aurobindo:
«C’è una chiave che dobbiamo trovare. Lei se n’è andata affinché noi potessimo trovare qualcosa» (26 novembre).
Noi forse non ci rendiamo bene conto di quanto certi eventi pressoché ignoti o ignorati possano modellare i destini del mondo. Ma questo novembre qualcosa di grave è avvenuto sulla terra, che ci obbliga a nostra insaputa ad accelerare la nostra fine, o — ed è la stessa cosa, in fin dei conti — il nostro vero inizio.
Proprio in quei giorni, il supplemento settimanale del celebre quotidiano francese Le Monde, riflettendo sulla "guerra del petrolio" (chi non ricorda l’austerity del ’73?), scriveva: «Nel mese di novembre 1973 si è aperta una nuova èra nella storia del mondo» (10 dicembre). Già.
Così, Satprem e Sujata si ritrovano soli di fronte a un meraviglioso tesoro, che è per l’appunto l’Agenda di Mère di cui abbiamo voluto qui ripercorrere alcune tappe più o meno alla rinfusa. Sì, erano rimasti soli, poiché le moltitudini che circondavano Mère non hanno alzato un dito per protestare contro la presuntuosa arroganza di quel piccolo manipolo di profittatori che cercavano (già da diversi anni, ma sempre impossibilitati, a causa della quanto mai incomoda presenza di Mère) di impossessarsi di questo bel ‘business spirituale’, circondarlo di una bella aureola di santità e farlo fruttare a dovere. È una vecchia scena spesso ripetuta, alla quale abbiamo assistito diverse volte nella storia della terra. È il mezzo principale usato dall’Asura per diluire la carica eversiva e rivoluzionaria e far scadere tutto il lavoro a livello di religione organizzata.
Questa volta, però, è esistito un uomo che ha detto di no e che si è battuto anima e corpo affinché ciò non accadesse. E ha riportato la vittoria, il che è già di per sé un miracolo mai verificatosi prima d’ora.
La notte del 24 dicembre di questo stesso anno, Satprem ha avuto una visione simbolica, in cui ha visto giungere, secondo le sue stesse parole, «una enorme nidiata d’uccelli neri (più piccoli dei corvi) apparire nel cielo e precipitarsi su d’un albero accanto a me (simile al mango sotto la mia finestra) per mangiarne i frutti. Stamattina, Sujata sottopone a Nolini [uno dei dirigenti dell’Ashram] il progetto di pubblicazione dell’Agenda in fascicoli. Forse quest’albero rappresenta l’Agenda di Mère?».
Fatto è che a questo primo tentativo di pubblicazione, rimasto senza risposta, ne seguono altri. Il 30 settembre 1974 Satprem propone nuovamente ai dirigenti dell’Ashram, attraverso un altro responsabile, André Morisset, la pubblicazione dell’Agenda, stavolta però sotto forma di libro. All’incirca un mese dopo, il 3 ottobre, Morisset risponde in vece di Cunuma, ‘Managing Trustee’ dell’Ashram:
«Nulla si oppone alla pubblicazione di pagine scelte nel Bulletin [la rivista ufficiale dell’Ashram]». Pagine scelte? E scelte da chi? E perché una scelta, quando Mère aveva detto e ripetuto — di fronte alla richiesta dello stesso Satprem di pubblicarne qualche estratto — che l’Agenda sarebbe stato «un monumento! Pertanto è meglio lasciarlo come un monumento, anziché pubblicarlo a pezzettini» (11 febbraio 1967). D’altra parte, lo stesso famigerato mister Cunuma scrisse a Morisset in via confidenziale dicendogli: «Conto su di lei per spiegare a Satprem la mia reticenza nei confronti dell’Agenda di Mère». Che altro aggiungere?
Ma Satprem non si arrende. Dopo un anno — il 1975 — febbrilmente dedicato a scrivere un’ispirata e bruciante Trilogia su Mère, al principio del 1976 fa un terzo tentativo di pubblicazione dell’Agenda, e poi un quarto, nel marzo dello stesso anno. Ma, sempre, viene mostrata la medesima "reticenza".
Poi, il 27 agosto, Satprem scampa miracolosamente a un tentativo di assassinio. Ebbene sì — tentano perfino di toglierlo di torno, l’incomodo! Ora gli appare del tutto evidente che l’Agenda di Mère è in serio pericolo, e che occorre metterla in salvo prima che qualcuno possa metterci le grinfie sopra e distruggerla. Dopo aver posto tutte le registrazioni e i carteggi relativi a questo favoloso documento bene al sicuro (in tre luoghi diversi!), Satprem parte alla volta della Francia, in cerca di qualcuno che possa aiutarlo nella pubblicazione. Qui, scopre che ai sensi della legge internazionale lui è il solo detentore dei diritti d’autore di tale opera e, quindi, è deciso a volerla pubblicare per proprio conto. Il 14 luglio 1977 Satprem scrive una lettera ai dirigenti dell’Ashram, nella quale riassume i suoi tentativi di pubblicazione dell’Agenda e così conclude:
«Risulta pertanto evidente che né la purezza integrale delle mie conversazioni, né la loro diffusione pubblica possano essere assicurate dall’Ashram […]. È altrettanto evidente che la "resistenza" dei dirigenti dell’Ashram e la "disonestà generale" segnalata da Mère siano la causa di questa paura di vedere pubblicata un’opera che rischierebbe di gettare un’ombra sull’aureola spirituale dei proprietari e padroni dell’Ashram. Per l’ennesima volta, ci troviamo di fronte alla vecchia situazione che ha accompagnato la nascita di tutte le Chiese».
Il 14 luglio Satprem riunisce un gruppo di sostenitori e fonda a Parigi l’Institut de Recerches Évolutives, una organizzazione non lucrativa il cui scopo è quello di pubblicare i 13 volumi dell’Agenda e le cassette (ora diventate Cd-Rom) contenenti le registrazioni delle conversazioni tra Satprem e Mère. Viene presto trovato un editore, il celebre Robert Laffont. Per farla breve (tralasciando amare vicissitudini) il 21 febbraio 1978 (proprio in occasione del giorno della celebrazione del Centenario della nascita di Mère) esce a Parigi il primo volume dell’Agenda, e in pochi anni seguono gli altri dodici volumi, cui fanno seguito le edizioni in inglese (dal 1980), in italiano (dal 1987), e altre ancora. L’Agenda di Mère è definitivamente salva.
E il lavoro di Mère per la terra, di cui l’Agenda ci offre una testimonianza così vibrante?
Satprem non ha tempo di tirare il classico respiro di sollievo — una magnifica ossessione lo insegue: e il lavoro di Mère? Tutto l’Amore che Lei ha riversato per anni su questa terra, con inesauribile pazienza, affinché la grande Gioia possa finalmente germogliare sulla terra e farsi carne?
Non era possibile — per lui che ha conosciuto Mère così intimamente — concepire il fallimento di un lavoro la cui attualità non poteva permettersi certo procrastinazioni! «Il mondo ha sete d’amore!», scrisse Rimbaud rivolgendosi proprio alla Madre Divina — e conclude: «Tu verrai a sedarla» (Soleil et Chair). Parole profetiche.
Mai, nemmeno per un istante, Satprem ha avuto la sensazione che il lavoro di Mère fosse stato posticipato, o peggio ancora, vanificato. Occorreva perciò mettersi all’opera, ritrovare quel sottile filo rosso che contrassegna il nostro brancolante cammino di uomini assai poco sapiens. Ma, innanzi tutto, bisognava mettersi al riparo! In quello stesso fatidico 1978 in cui l’Agenda ha visto la luce del giorno, Satprem e Sujata, espulsi ufficialmente dall’Ashram, dopo vario peregrinare, trovano un luogo più adeguato, sui Nilgiris, le "Montagne Azzurre" nel Sud dell’India. Qui, innanzi tutto, Satprem può dedicarsi meglio alla compilazione dei tredici volumi dell’Agenda di Mère, da mandare volta per volta alle stampe. Lavoro che lo occupa fino al 1981.
*
Inaspettatamente, nel 1982, un altro evento capitale (e benvenuto): Navajata, uno dei principali scrocconi gravitanti attorno all’Ashram (si tratta di un individuo molto ricco e molto influente a capo di una danarosa istituzione, la "Sri Aurobindo Society"), perde definitivamente il processo che aveva intentato presso la Corte Suprema dell’India per farsi riconoscere che «Sri Aurobindo è una nuova religione» (di cui lui ovviamente sarebbe stato il primo pontefice massimo — il suo sogno, che confidava di tanto in tanto a qualcuno dei suoi più intimi collaboratori, era di instaurare un "governo mondiale" sotto il nome di Sri Aurobindo, di cui lui stesso fosse ovviamente l’indiscusso presidente). Inutile dire che questo sinistro individuo ha dovuto lottare contro Satprem, ritenendolo (giustamente!) il principale nemico nella realizzazione del suo losco piano — finalmente fallito! Un esempio per tutti: quando ha saputo che Satprem si era rifugiato sui Nilgiris, Navajata ha inviato la polizia a fare alcune perlustrazioni per avere informazioni su cosa stesse confabulando il suo eretico nemico. Corrompeva la polizia quest’uomo, e i politici, ovviamente, e pure qualche magistrato. Una mafia fitta come una ragnatela scura e collante. Il potere di corruzione, d’altronde, è proprio uno dei segnali di riconoscimento dell’Asura. Nel suo libro paga, c’era perfino un manipolo di tantrici che eseguivano per lui riti di magia nera contro quanti cercavano di ostacolarlo nei suoi progetti!
Ma, tutto sommato, un po’ di chiarezza inizia a farsi. Le nubi più minacciose incominciano a disperdersi sotto l’irrefrenabile Vento di questa grande Rivoluzione seminata da Mère e Sri Aurobindo — la più grande rivoluzione mai tentata prima d’ora: un cambiamento di governo in cui la mente viene progressivamente sostituita da una "sopra"mente divina e solare. Lo stesso Navajata, perduto il processo e sfumato con esso il suo grande sogno di gloria, si suicida, nel gennaio del 1983.
Nel frattempo, a Satprem, giunge qualche primo indizio di quello che diventerà il suo vero lavoro. Sebbene, al principio, i segnali sono vaghi e intermittenti, e lo stesso Satprem non riesce a decifrarli nella loro reale portata. Il 7 maggio 1978, riceve una visione — come una sorta di precognizione — in cui discende fino al centro della terra. Che ne avrebbe detto Jules Verne?
Poi, il 18 febbraio 1979, un’altra visione, in cui assiste alla bizzarra apertura di qualcosa come delle «piccole tasche d’aria» nel corpo. Avviene nel suo corpo? Oppure nel corpo di tutta quanta la terra? Forse, in entrambi. Perché il corpo della terra è UNO, in fin dei conti.
Finché, il 7 marzo 1981 capita un evento cruciale, che Satprem in un primo tempo scambia per un attacco cardiaco. Ecco come lui stesso tenta di descrivere il fenomeno in una lettera indirizzata a un’amica:
«Ho attraversato ogni tipo di prova nella mia vita: nei campi di concentramento ho preso il tifo, la tubercolosi e infine la peritonite e ogni sorta di cose per le quali uno dice: "Ho rischiato di lasciarci la pelle". Ma ogni volta, non ho mai sentito che… il mio corpo non ha mai sentito che stava per morire! Forse ha sfiorato la morte, ma non stava morendo. Mentre questa volta, ha sentito che stava per morire. È come se la morte avesse posato il suo dito sul corpo. Questo fatto lo ha parecchio scosso, e gli ha lasciato una sorta d’impronta, o d’incertezza.
Si tratta di un’esperienza che non ho ancora compreso del tutto, per cui preferisco non svilupparla e non mentalizzarla. Ma è avvenuto qualcosa di radicale nel mio corpo, questo è certo. Qualcosa che ha completamente cambiato il mio equilibrio di base — la base sulla quale abitualmente un corpo funziona, che crea una sorta di fiducia spontanea, di fiducia nella vita, di fiducia… che funziona. C’è qualcosa, là, che è stato (come posso dire?) toccato o cambiato o scosso, non saprei.
Che cosa vuole significare? Non lo so ancora» (4 aprile 1981).
Accettando il consiglio di alcuni amici, Satprem si reca perfino a fare degli esami cardiaci, ma l’elettrocardiogramma rivela inaspettatamente che il cuore non c’entra per nulla! Di che si tratta, allora?
Ed ecco che l’esperienza si ripete, tra il 24 e il 25 aprile. La descrizione di Satprem questa volta si fa più precisa, pur ignorando ancora il vero senso di quello strano processo:
«Il dolore è cominciato alla schiena come l’altra volta, ma più localizzato all’altezza della spalla destra e su verso il collo. Poi si è esteso su tutta la parte alta della schiena, come se ad ogni respirazione sentissi due linee o due vene o due arterie, non so, doloranti e un po’ ostruite, corrispondenti quasi esattamente all’altezza delle clavicole, ma dalla parte della schiena, e su verso la nuca. A questo punto sono iniziati i dolori al cuore, assieme a questa grande difficoltà di respirare, come se il respiro fosse corto e stentato» (4 maggio 1981).
Satprem impiegherà diverso tempo prima di arrivare a capire — e soprattutto ad ammettere a se stesso — che queste due esperienze segnavano proprio l’inizio cosciente del lavoro nel corpo, e che il dolore proveniva dalla resistenza fisica del vecchio sistema animale di cui noi esseri umani siamo attualmente provvisti. La breve descrizione offerta illustra con sufficiente chiarezza il passaggio della forza sopramentale attraverso quei canali sottili d’energia conosciuti come i "grandi meridiani".
Si tratta di un processo che si ripeterà con sempre maggiore precisione per anni e anni, con intensità crescente, proporzionata alla capacità dello strumento a sopportarla. Il vecchio corpo deve abituarsi a questa nuova vibrazione, e deve adattarsi a questo nuovo modo di funzionare. È il lavoro della trasformazione, insomma. Quello stesso lavoro che Sri Aurobindo e Mère hanno iniziato e reso possibile. Ora, tocca agli esseri umani prestarsi all’esperimento. E Satprem è un campione tra i tanti — o tra i pochissimi, per il momento… chissà.
Fatto è che, poco per volta, Satprem ripercorrerà quello stesso incredibile cammino che Mère gli raccontava anni prima, ritrovando così nel proprio corpo i risultati di quella straordinaria operazione che, con immenso amore, Lei aveva sostenuto per rendere percorribile un sentiero prima d’ora impraticabile — anzi, inesistente.
Il 18 maggio, rispondendo a una lettera di un’amica che si domanda se l’esperienza non ha giustamente a che fare con il processo di trasformazione del corpo, Satprem risponde:
«In tutta franchezza, io non ho la pretesa di fare lo yoga della trasformazione; ho un solo, unico desiderio: fare ciò che Mère vuole, e nel modo più puro possibile…
Non so se tutti questi incidenti facciano parte di un processo di trasformazione — Sujata lo crede e la sua fede tranquilla è un potente sostegno. La cosa certa è che tutto ciò ha completamente ribaltato il mio equilibrio di base e che ora mi trovo a brancolare verso qualcosa d’altro — e si tratta di un modo di apprendere molto radicale…
Non voglio mentalizzare queste cose, ciò che occorre è viverle» (18 maggio 1981).
Così, il vero lavoro comincia per Satprem.
È interessante notare che proprio nel 1982, a Parigi, il fisico nucleare Alain Aspect ha condotto un esperimento nel quale è riuscito a realizzare sperimentalmente l’ipotesi proposta a suo tempo da Einstein, e cioè che le particelle materiali di cui l’intero universo è costituito (che non sono identificabili né localizzabili, essendo onde e al tempo stesso corpuscoli), seppure a distanze intergalattiche, mantengono la memoria dei loro incontri. Questa scoperta rappresenta l’ennesima e definitiva conferma dell’unità della materia, che è un requisito fondamentale e indispensabile affinché il processo della trasformazione sia possibile: modificare radicalmente un solo punto di materia, significa in un certo qual modo agire su tutta quanta la materia universale.
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C’è una data capitale, il 14 maggio 1982, in cui qualcosa dice di sì, l’utensile umano accetta totalmente di prestarsi al processo della nuova specie. Qualche giorno dopo scrive a un amico:
«Quella che era ancora solo una "idea" o una congettura (la trasformazione), è diventato l’unico fatto pressante e imperativo. Non so come sbrogliarmi in una cosa del genere, so soltanto che c’è un’aspirazione imperiosa, inevitabile, irreversibile potrei dire, diventata una specie di necessità fisica, di bisogno nel buio, e che non potrei fare null’altro. Non conosco nessuna direzione, non so dove sto andando, ma comunque poco importa» (26 maggio 1982).
Pochi giorni dopo, il 25 giugno, un altro evento capitale viene a posare le fondamenta di tutto il lavoro futuro. Sul suo diario Satprem annota l’esperienza con una manciata di parole quasi enigmatiche:
«La montagna arida pompa avidamente i fiotti della luce».
Ovvero, il corpo attinge dalla Sorgente.
E una preghiera sorge spontanea:
«Mère, che questo corpo diventi la tua dimora» (27 giugno 1982).
Il 21 settembre di quello stesso anno, Satprem avverte poi un fenomeno che anch’esso diventerà assai familiare e ricorrente, pur sempre con una progressività di dosaggio e di approfondimento:
«Per il corpo, il Divino non è un pensiero e neppure un sentimento: è una delizia, come un fiore che si apre al sole, come una terra secca che beve la pioggia…
Stamane ero immerso a sentire-vivere questa delizia, quando improvvisamente la coscienza (che stava come sempre sulla sommità della testa) si è messa a salire-salire-salire, senza fine, con delle grandi nebulose dorate di tanto in tanto, e saliva nell’infinito in piani d’immenso silenzio bianco, salendo ancora…».
Come Satprem poco per volta riconoscerà, si tratta dell’ascesa della coscienza fisica, attratta in alto da una formidabile Calamita, verso la propria origine solare, divina e immortale. Il corpo fisico ha la sensazione di entrare in strati materiali sempre più densi, sempre più solidi — e, al tempo stesso, quella strana sostanza sembra liquida, come un blocco d’oceano. È la coscienza-forza sopramentale, «più fluida di un gas e più dura del diamante», come Sri Aurobindo l’aveva definita con quella sua penna precisa.
Parallelamente all’ascesa, avviene un movimento di discesa. In realtà, si tratta di un unico movimento duplice: a mano che mano che si sale in stati di sempre crescente densità, simultaneamente ci si sente precipitati sempre più in basso, in una crescente reistenza. È il nostro muro d’ombra, sempre più compatto, che viene martellato dalla forza sopramentale. È la nostra morte di sempre, che viene ghermita dalla Vita, la Vita vera, quella che non è ancora cominciata quaggiù.
E, in questo faticoso procedere, in un continuo alternarsi di tenebra e di luce, di momenti di grazia e altri in cui tutto sembra richiudersi nella vecchia vita mortale di sempre (che poi si rivelano essere momenti di grazia anch’essi, o perlomeno passaggi obbligati per procedere oltre) ecco sbocciare la certezza di un fiore meraviglioso sul cammino — tutto l’anno 1983 pare sotto una buona stella. Tra il 27 e il 28 gennaio, nel pomeriggio, Satprem assiste a una discesa massiccia:
«Una meravigliosa colata di oro solido, spesso, nelle vene, nei nervi, nelle membra, poi quasi immobilizzate: Dio vivo, là.
Per un’ora e mezza.
Stavolta, nulla più in me avrà dubbî.
La porta del sole è aperta».
E, qualche giorno dopo:
«Davvero una vita nuova è là, una forza nuova è là.
Occorre lasciarsi rimodellare da questo.
Una vita dorata vuole infiltrarsi nella Materia.
Bisogna immergersi là dentro come un anemone nell’acqua del mare» (29 gennaio 1983).
Ci siamo: Satprem è in pieno lavoro. Un lavoro terrestre.
«L’aria è piena del Divino! Ma di un Divino concreto, cosciente, dappertutto, come una coltre dorata che entra nel corpo in ogni parte contemporaneamente, lateralmente sembrerebbe, od orizzontalmente: le gambe, il ventre, il centro fisico, come se le maglie della rete fossero più molli e diventassero quasi inesistenti. L’impressione è (se si può dir così): il Divino tocca terra!
…Non posso evitare di pensare o di sentire che tutto ciò non può essere un’esperienza meramente individuale, ma che debba avere il suo senso per tutta la terra… Questa materia non è isolata dal resto» (30 gennaio 1983).
L’unità della materia, il continuum dei fisici nucleari, vissuta concretamente in un corpo di carne ed ossa.
«Quanto questa cosa viene, l’impressione o la sensazione è che essa irradia attraverso tutta quanta la Materia. Non c’è più la "mia" materia» (5 febbraio 1983).
L’esperienza si fa sempre più assidua e intensa, e giorno per giorno Satprem annota ogni minimo dettaglio — non senza una buona dose di auto-ironia (segno, se mai necessitassimo di una conferma in merito a quest’uomo dotato di una sincerità bruciante, di sano ed eternamente prezioso buon senso). Uno strano impasto Becquerel-Voltaire-Rimbaud sembra animare questa "provetta di laboratorio", la provetta B23, come lui stesso scherzosamente ama talvolta definirsi (ove B sta per Bernard, il nome datogli da sua mamma prima di quello assegnatogli da Mère, e 23 per 1923, corrispondente all’anno di nascita).
Il 6 aprile egli tenta perfino un bilancio della situazione di quegli ultimi dieci mesi:
«Innanzitutto, deve avvenire il risveglio della coscienza materiale — questa è la chiave. Il bisogno conduce al fiume. Poi, sotto l’effetto di questa aspirazione, della discesa del Potere sopramentale e di questa Delizia (questa, è la Grazia allo stato puro) che insieme lavorano o triturano la coscienza materiale, allargano e aprono delle falle nella tela della coscienza fisica, abituano il corpo a sopportare densità crescenti. Quindi, sotto l’effetto di questo Potere Sopramentale, tutta la coscienza materiale (Mère direbbe probabilmente la coscienza delle cellule, ma io non ho questa precisione di percezione che lei possedeva) sale verso il Sopramentale. In effetti, suppongo si tratti del risveglio della coscienza cellulare. E finalmente il Sopramentale "scende", o la coscienza materiale entra nel Sopramentale, vale a dire che il collegamento del piano sopramentale e del piano materiale è compiuto. La qual cosa significa che attualmente deve trattarsi di un lavoro diretto del Sopramentale nella e sulla Materia.»
Pochi mesi dopo — con l’approfondirsi dell’esperienza — si rende necessaria una precisazione fondamentale riguardante il punto di partenza che scatena tutto il processo della trasformazione: «Quanto mi sbaglio quando dico che la prima tappa o il primo passo dello yoga della nuova specie consiste nel "risveglio" dell’aspirazione nella coscienza materiale — dovrei dire piuttosto che consiste nella "scoperta" dell’aspirazione della coscienza materiale. Questo pozzo di sete. Essa infatti è "desta" da ben quattro miliardi e mezzo di anni (per questa volta)» (16 luglio 1983).
Un mondo di scoperte si apre dinnanzi. Piccole grandi scoperte che aprono prospettive inusitate.
«Mi accorgo che nulla è conquistato finché non è stato conquistato tutto, nel senso che il lavoro sarà sempre da ricominciare fino a quando non sarà stato superata una certa linea critica in cui si cessa di appartenere al vecchio mondo — resta da sapere dove si trova questa "linea critica" e se essa non è costituita da migliaia di piccole linee critiche! E poi, un girono, ci sarà un’ultima linea critica (!)» (4 agosto 1983). Già. Come si comporterà il corpo davanti all’estremo limitare della cosiddetta vita? …È il grande mistero della trasformazione. Un problema da risolvere passo dopo passo, in ogni istante di questo cammino senza cammino.
E, tra alti e bassi ma pur sempre immerso in quella che lui stesso definisce una "solidità di cristallo", ecco giungere una prima apoteosi:
«Questa mattina di Delizia, è venuto questo Nettare meraviglioso. Un bagno nell’oro. Tutto il corpo era meravigliosamente e deliziosamente immerso in Mère e Sri Aurobindo. È questa, la risposta a tutto — non soltanto la risposta, ma la nuova esistenza indistruttibile, il sole d’immortalità, o piuttosto di non-mortalità, dato che la morte non esiste più in quello stato! Contiene tutto, è tutto, può tutto — È.
È la sola cosa che è.
Un’estasi… talmente sorridente! oh! e così semplice! È il Supremo stesso nella Materia.
Tutto il corpo balbettava, sapeva soltanto balbettare: oh! Signore, Signore, Signore…, in un’ebbrezza assoluta.
L’illusione, consiste nel non vivere questo, nel non esserne coscienti, nel non immergersi lì dentro ininterrottamente.
Il Supremo è un bambino meraviglioso. E si è in questa infanzia meravigliosa.
Oggi, 5 settembre 1983, è un grande giorno per la terra.
Che la Vostra estasi possa irradiare attraverso tutta questa materia terrestre.
Stavolta, i due estremi sono uniti in una coscienza umana e in un corpo terrestre.
Almeno un uomo ha attraversato le porte che Loro hanno aperto.
Ciò vuol dire che altri passeranno.
E questo significa che il mondo cambierà» (5 settembre del 1983).
Il Passaggio è aperto.
E un primo essere umano è passato attraverso. Ma occorrerà percorrere fino in fondo la traversata, sperando nel frattempo che qualcun altro osi varcare quella soglia di morte per trovarsi catapultato — non senza un certo brivido di vertigine e di stupore — nella Vita divina.
*
Il 1984 è un anno decisivo per il processo della trasformazione. Tentando di ripercorrere il percorso nuovo e solitario tracciato nell’ombra da Mère e Sri Aurobindo, Satprem trova le tracce di un lavoro impossibile e miracoloso al tempo stesso, che passa attraverso le prime formazioni della vita nella materia, e che ha conseguenze e ripercussioni su scala mondiale.
L’anno incomincia con una certezza solida e imperiosa, dettata — come sempre — dall’esperienza diretta del corpo materiale:
«Stanno accadendo delle meraviglie divine.
Non le piccole storie "spirituali" e visionarie: la discesa del Supremo nella Materia.
E così, è un fatto EVIDENTE: la Terra sta cambiando. Non si trattava più di una preghiera, bensì di una evidenza: la Terra sta cambiando» (2 gennaio 1984).
E, pochi giorni dopo:
«Mère sta per ottenere la Vittoria nella morte.
Ci sarà una manifestazione divina.
Dapprima uno scuotersi di tutta la coscienza terrestre — tutti i suoi valori e i suoi appigli distrutti — dopodiché, la cosa si manifesta: il mondo sopramentale, l’invasione del Reale. All’ora esatta» (15 gennaio 1984).
Per Satprem, non si tratta certo di un’attestazione di fede, ma di un fatto, ovvero di una certezza dettata dall’esperienza quotidiana. Vale a dire che il suo corpo si fa laboratorio vivente e cosciente di quel processo di trasformazione che Mère e Sri Aurobindo stanno elaborando "cifra dopo cifra" sull’intera umanità in decomposizione.
Satprem vive mesi di progressivi e quanto mai ardui adattamenti fisici a un’Energia prodigiosa e insopportabile, che altro non è se non quella stessa Forza-Coscienza che fa muovere i mondi e che ha acceso tutto questo sterminato universo (e chissà quanti altri). Un irresistibile torrente della Shakti penetra goccia a goccia nei tessuti nervosi e fisiologici del suo corpo fisico, squassando i vecchi atavismi e creando un vero e proprio «cataclisma», per usare un’espressione che è piuttosto ricorrente nelle pagine del suo carnet di questo 1984 (si tratta infatti di una inondazione, kataklysmós) in cui l’incalzare degli eventi politici mondiali sembra fare da contrappunto (in negativo, purtroppo, come se a mano a mano che sulla terra scende un sempre maggiore potere divino, tutta la Menzogna si coalizzasse contro, usando i grandi poteri politici ed economici per fare quanti più disastri gli è possibile) alla radicalità di tali esperienze. Poi, il Niagara sbocca nell’oceano di luce della vita nuova.
Verso la fine dell’anno, Satprem è in grado di annotare una considerazione che ci sembra di capitale importanza:
«Finalmente, sono ormai persuaso che tutta quanta la faccenda riguardi questo: il passaggio dell’atmosfera mortale all’atmosfera divina. E quando si ricade nell’atmosfera mortale, ebbene, essa diventa assai mortale e dolorosa!
Non si "guarisce" dal Dolore, è l’intero sistema umano e tutta l’atmosfera umana che sono il Dolore e la Morte — bisogna passare dall’altra parte, dall’altra atmosfera… restando però sulla terra.
Allora si va e si viene da un atmosfera all’altra finché non ci si sia totalmente e fisicamente stabiliti nell’atmosfera divina. Si esce dallo scafandro e si rientra nello scafandro.
Ma il Passaggio esiste ed è umanamente possibile — è tutto quello che posso dire» (15 novembre 1984).
Aggiungendo, qualche giorno dopo:
«È da circa un anno che scavo in questo solo Punto.
È un’agonia che bisogna incessantemente volgere in nuova vita.
È nella notte tra il 21 e il 22 dicembre 1983 che ho visto questo scafandro dritto in piedi sulle sue gambe vuote e questo me stesso blu scuro che si arrampicava sul tetto di una casa pronta a crollare.
Questo scafandro, è le mille vite + una. È soprattutto mille morti — meno UNA» (18 novembre 1894).
Ma quello che Satprem cerca non è certo una immortalità personale e privata: il suo solo scopo — la sua sola preoccupazione, se possiamo usare questa espressione — è il lavoro che Mère ha fatto per tutta la terra; chiede perciò di fungere da strumento duttile, ricettivo e retto (in senso del tutto letterale, cioè a dire privo di tortuosità e di deformazioni) nelle mani della Forza divina, esattamente come ogni essere umano di buon senso dovrebbe cercare di fare in quest’ora cruciale del destino terrestre. Ma dato che la stragrande maggioranza degli esseri umani si lascia ancora pressoché totalmente fuorviare da quella grande Menzogna che ci avvinghia al cappio del Dolore e della Morte, quello di Satprem resta al momento un lavoro eccezionale, affidato a pochissimi sparuti (perlopiù sconosciuti) pionieri.
In fondo, è sbagliato perfino dire che Satprem, o chiunque altro, faccia qualcosa; a ben vedere, a quei livelli di realtà non esiste più una persona in grado di fare alcunché: è la Forza ad agire in modo più o meno diretto a seconda del gradi di ricettività che incontra. Una sorta di automatismo divino si instaura, in cui si assiste all’invasione di questa Densità che colma il corpo dal basso verso l’alto, fino a dilagare oltre il corpo, sopra la testa e tutt’intorno, in un movimento ripetitivo e quasi meccanico, come il moto della marea o la risacca del mare — con l’unica differenza che non è un fenomeno altrettanto poetico, purtroppo, in quanto il corpo ha la sensazione di un’intensità crescente sempre più insopportabile per la vecchia fisiologia. È tutto l’atavismo che viene mandato progressivamente in frantumi, e la minima vibrazione di paura può rivelarsi fatale. È un lavoro spossante, e di una precisione esatta fino all’inverosimile. Neppure un atomo può essere lasciato fuori gioco.
*
E arriviamo al 1985, in cui il processo si intensifica ulteriormente — 9 gennaio:
«Questo pomeriggio: un Bagno di Fuoco.
Qualcosa di perfettamente impossibile, invivibile, fisiologicamente demente — impossibile. E tuttavia è possibile, è vivibile, è. E come sia possibile, non lo so.
Secondo la logica, fisiologicamente sarei dovuto morire — scoppiato, polverizzato (o cotto, piuttosto).
Se non sono morto, significa o che la morte non esiste, oppure che c’è un altro tipo di vita che sfugge completamente alle leggi della Materia.
È tutto quello che posso dire.
Per un’ora e quaranta senza tregua.
Del Fuoco vivo. Della lava in fusione.
Non ho mai vissuto questa cosa a tale grado.
È al di là della morte e al di là della vita — qualcosa di sconosciuto.
Un altro tipo di vita.
La smentita a tutte le cosiddette "leggi della Materia"».
Poi, il giorno dopo, un’osservazione pregnante:
«Questo corpo umano è come un rappresentante della Tomba umana dentro la quale l’hanno chiusa — se questa tomba si lascia perforare, Lei uscirà, no!?
Questo farà scuotere tutte le tombe!» (10 gennaio 1985).
Ma la vera novità arriva il 31 gennaio, quando Satprem, cercando di andare ancora una volta alla radice del dolore, del male, della morte, si trova precipitato in «una immensa tela di ragno, come se tutte quante le fibre della vita, questi milioni e miliardi di fibre fossero avvolti in una Nube nera collante tessuta da una Tela centrale. La Tela della Tristezza, del Dolore, della Sofferenza, dei milioni e miliardi di buone ragioni di essere immersi nella sofferenza e nella tristezza e nell’orrore, ma è QUESTA che inocula il suo veleno, che ci costringe nella tela, e che finalmente vuole mangiarci. È la Tela della Morte. Si è prigionieri nella sua Nube, e poi hop!, può prendere un anno, dieci anni, vent’anni, ma alla fine ci trasforma in un boccone — è questo, il vero Cancro. È il nodo centrale.
E, improvvisamente, ho sentito nel mio corpo: il Passaggio è libero.
… Ed è straordinariamente curioso (è un caso?): nei registri dei campi di concentramento, eravamo catalogati N.N. (Nacht und Nebel) — Notte e Nube. Eravamo condannati alla Nube.
Una Nube.
… Credo proprio che, effettivamente, il Passaggio è libero.
Per l’intero pomeriggio, senza sosta, un fiotto denso, massiccio, continuo, senza un’increspatura, ha attraversato il corpo fin sotto i piedi, come attraverso una conduttura cava.
Il fiotto sembrava diventare sempre più massiccio, spesso (come possa essere possibile, non lo so proprio)».
Il giorno dopo, l’esperienza si conferma: «Sì, il Passaggio è libero.
Il corpo vive un Miracolo meraviglioso — un Miracolo del Supremo.
La colata di zaffiro sempre più densa e formidabile, e poi il corpo, lentamente, è diventato non più semplicemente un tubo o un passaggio, ma una Massa infinita fatta di una Vibrazione dell’onnipotenza del Supremo.
Un Miracolo meraviglioso.
Non c’era più corpo: c’era la Terra, c’era il "sei Tu che governi", c’era Mère e Sri Aurobindo che avvolgevano tutta la Terra in questa Luce massiccia onnipotente.
E Tu puoi ciò che vuoi.
Un Miracolo impossibile, impensabile, niente più "leggi", niente più "fisiologi", niente più individuo né limiti — c’è quel che Tu vuoi. Ed è tutto.
È veramente l’onnipotenza del Supremo che sta per abbracciare la Terra.
Come è possibile?
Non ci sono dubbi — è vissuto, è miracoloso, è una Fiaba viva.
Il corpo ha VISSUTO un (o il) Miracolo del Supremo.
Pertanto, è sicuro, è cosa certa che la Terra sta cambiando.
Le mie parole sono povere» (1 febbraio 1985).
Le parole sono povere, ma l’esperienza è stravolgente. «È una specie di rivoluzione nel corpo», aggiunge il 5 febbraio 1985. E, il giorno dopo:
«C’è qualcosa di radicalmente cambiato nel corpo.
…Una sorta di vulcano continuo (ininterrotto).
Come si possa essere attraversati da questa cosa, è una sorta di mistero» (6 febbraio 1985).
Un mistero che si apre la strada nell’ignoto di domani, attraverso il corpo della terra.
La transizione è lenta e pericolosa, ma la cosa più sconcertante è che si cammina senza sapere se si sta procedendo nella direzione giusta. Tutto il vecchio modo di percepire e di stare in un corpo si disgrega, e non si sa bene se è la vecchia morte di sempre che ci bracca e ci consuma a poco a poco, oppure la nuova Vita che erige le proprie divine fondamenta sopra le macerie di questa vecchia carcassa animale.
Ogni tanto, tuttavia, si può gridare un qualche ‘eureka!’ che, pur sapendo bene non costituire quello definitivo, è irrefutabile. Così, il 29 marzo 1985, Satprem può esclamare:
«Adesso SO! il corpo SA!
Tutte le leggi della Materia sono una Menzogna. Tutte le leggi del corpo sono una fabbricazione menzognera del subcosciente. Tutto è FALSO!
C’è la TUA Legge.
C’è un altro Sole.
C’è una vera Materia.
C’è la Sensazione divina che annulla, dissolve, "irrealizza" questa Menzogna millenaria.
La "disintegrazione", è la disintegrazione del subcosciente scientifico e atavico, materiale — saltato per aria!
C’è QUESTA COSA.
C’è quanto QUESTA COSA vuole.
C’è Questa Legge.
C’è la Materia divina dove tutto questo incubo di morte non esiste più.
Siamo alla Frontiera del Nuovo».
Questo 1985 è davvero un anno di grazia, pieno zeppo di date memorabili, come questo dies aurea signanda lapillo:
«Questa Potenza Formidabile, Suprema, è discesa per davvero! Ieri, non era che l’inizio dell’operazione. Adesso comprendo! COMPRENDO.
Il Mistero del Supremo è LÀ.
Non posso dire nulla. Non si può dire nulla.
È LÀ.
È l’Ora Divina.
È troppo sacro per essere detto.
Il 4 aprile 1985 è una grande Data della Terra» (5 aprile 1985).
E le porte si aprono, anche se sembrano subito richiudersi — ma è solo un errore di prospettiva. Ormai, il Passaggio è aperto, e irreversibilmente. Così, per esempio, Satprem esclama, il 3 giugno 1985:
«La barriera dei fantasmi è stata attraversata.
Sì, è un "capovolgimento di posizione".
È l’Inizio.
Nulla a che vedere con le meraviglie che noi immaginiamo, eppure si tratta di ciò che è più inimmaginabilmente Meraviglioso.
Le meraviglie che noi immaginiamo appartengono sempre all’umano magnificato.
Non è qualcosa che si aggiunge, ma qualcosa che se ne va».
Mentre, giusto il giorno dopo, tutto sembra di nuovo da rifare, al punto che Satprem constata:
«Occorre ricominciare l’operazione diverse volte.
Ho una così forte impressione di essere arrivato alla fine e di non poterne più» (4 giugno 1985).
Ma, al di là di queste comprensibili e — potremmo dire — fisiologiche alternanze di luce e di tenebra, o di vita e di morte, non ci sono dubbi: l’Opera di Sri Aurobindo e Mère e in via di compimento. La trasformazione della terra è iniziata e giungerà inevitabilmente a manifestazione.
Vita, morte… due parole che sembrano perdere il loro significato, o forse ne acquistano uno del tutto nuovo. E noi, da che parte stiamo? Dalla parte della vita, o dalla parte della morte? Siamo noi i morti che devono resuscitare, uscire da queste tombe nelle quali ci troviamo murati, illusi di crederci ‘vivi’… ma di quale vita andiamo blaterando? questa sembianza di vita in cui ci dibattiamo come forsennati, quest’ombra che fugge, "fino all’ultima sillaba del tempo segnato"? No, è la morte che ci fa credere vivi. È la Morte che deve morire, affinché la Vita vera sia!
Ma «se la Morte morisse per davvero, quante persone rimarrebbero vive? (!)
E quanti morti "risusciterebbero"?
(Sarebbe interessante da vedere)» (4 luglio 1985).
Giorno dopo giorno, ora dopo ora, il corpo di Satprem subisce un trattamento particolare. Così come il corpo della terra viene investito da una Forza sempre più massiccia che le nostre umane strutture faticano a reggere (e i sintomi d’insopportabilità del fenomeno sono ogni giorno più visibili nel mondo), allo stesso modo nel corpo fisico di Satprem la cateratta è ogni giorno più densa e imperativa — insopportabile. Satprem si interroga spesso su come sia possibile sopportare ancora a lungo quella Massa che per giunta aumenta sempre più la propria intensità… è come far passare una corrente di energia di diecimila watt in un piccolo cavo! I nervi, proprio come i fili di rame del cavo, paiono sul punto di spezzarsi. Eppure, passano i giorni, passano i mesi, e come per miracolo il corpo regge l’impossibile impatto… sia pur con un costante senso di nevrite, soprattutto nella zona del collo, laddove i nervi conducono al cervello. Il corpo sempre una caldaia sul punto di scoppiare. Eppure non scoppia. Evidentemente, c’è una Saggezza che vigila sul processo e che calibra la dose con una minuzia meravigliosa e stupefacente.
Il 21 novembre dello stesso anno, Satprem fa una constatazione:
«L’impossibile Miracolo continua.
L’impressione che Loro [Mère e Sri Aurobindo] stanno gettando una testa di ponte sulla terra mediante questo corpo».
E, in una nota a margine, aggiunge: «Non credo di essere ‘io’ il solo corpo — devono essercene altri (si spera).
P.S.: Se ce ne fosse uno per ogni continente, non sarebbe male… Lasciamo l’Antartide ai pinguini, che sono già tutti convertiti».