di Augusto Liberato
È piuttosto nota, nel taoismo, la presenza (mitica?) degli ’immortali’, ovvero di quegli esseri umani che, attraverso determinate pratiche, si dice abbiano raggiunto una considerevole longevità — se non, addirittura, l’immortalità fisica.
Si parla infatti di Chu-Lin Chi’i-hsien (“i sette immortali del boschetto di bambù”: Juan Chi e suo nipote Juan Shien, Liu Ling, Hsiang Hsiu, Wang Jung, Shan T’ao e Hai K’ang) oppure di Pa-hsien (“gli otto immortali”: Chung-li Ch’üan, Chang Kuo-lao, Lu Tung-pin, Ts’ao Kuo-chu, Li T’ien-kuai, Han hsiang Tzu, Lan Ts’ai-ho e Ho Hsien-ku).
Le pratiche dell’immortalità sono tuttavia avvolte nel più fitto mistero, anche perché, per i taoisti, la ricerca della propria longevità personale è considerata una estrema attestazione di quell’egoismo inveterato presente nella natura umana.
Il taoista, nella sua disciplina spirituale, mira alla longevità fisica esclusivamente per permettere al corpo di vivere in modo sano il più a lungo possibile affinché sia possibile uno sviluppo spirituale sufficientemente completo. È nel corpo, infatti, è nella vita, che una qualunque evoluzione spirituale risulta possibile. Prolungare la permanenza nel corpo fisico è un obiettivo che chi coltiva il tao si prefigge unicamente allo scopo di ottenere un compimento spirituale che sia il più integrale e completo possibile.
Inoltre, il taoista non mira soltanto alla liberazione dello spirito dalla natura fenomenica, ma anche (in una certa misura) alla liberazione nella natura e della natura — ovvero, la perfezione degli strumenti naturali (corpo fisico compreso) che lo spirito interiore ha a sua disposizione per la manifestazione-di-sé.
Huai-Chin Nan — vissuto nel XX secolo — ha voluto sollevare un poco il velo di questo mistero, rendendo di dominio pubblico alcune pratiche taoiste volte all’aumento della longevità e maggiormente comprensibile la terminologia altamente criptica dei testi taoisti, rivelandone il fitto simbolismo nascosto.
Occorre conoscere innanzitutto alcuni principi generali legati ai ‘meridiani’ cinesi, canali sottili attraverso i quali l’energia-di-vita (il famoso ch’i) scorre all’interno del corpo.
Nell’antica Cina, il giorno era suddiviso in dodici ore di 120 minuti, e tali ore corrispondevano ai dodici meridiani (ancora oggi la pratica dell’agopuntura tiene conto del fatto che il ch’i scorre attraverso un particolare canale durante ciascuna ora). E, oltre a questi dodici meridiani principali, i taoisti riconoscono altri otto meridiani supplementari.
Come le nadi dello yoga indiano scorrono attraverso tre canali principali (il sushumna centrale e i due laterali ida e pingala) per distribuire il prana nell’intero corpo, anche per i taoisti vi sono tre vie fondamentali del ch’i: la via mediana (Ch’ung Mai), anteriore (Jen Mai), posteriore (Tu Mai). Occorre in primo luogo ‘aprire’ tali Ch’i Mai.
Le prime pratiche taoiste mirano alla ‘apertura’ di questi tre canali, affinché l’energia vitale possa fluire in modo libero, senza blocchi.
Il canale Jen Mai è collegato agli organi preposti all’assimilazione e alla digestione del cibo, importantissimi per la salute e la longevità. Lo sviluppo del ch’i nel Jen Mai è perciò fondamentale. Nel linguaggio taoista, l’apertura di questo canale e il conseguente rafforzamento del basso ventre è noto come “il ponte inferiore degli uccellini”, che produce, fra gli altri risultati, la completa padronanza dell’energia sessuale (e i taoisti pongono in stretta relazione la longevità con tale padronanza). I taoisti affermano che se il ch’i del Jen Mai s’infiamma nel ‘Palazzo Mediano’ e ascende i dodici ‘piani’, si percepisce a livello della saliva una sorta di ‘nettare’, ovvero un liquido dolce e fragrante. Inoltre, sempre a detta dei taoisti, non si avrà più il bisogno di respirare dal naso, perché si attiva la cosiddetta ‘respirazione interiore’. A questo punto si acquisisce lo Ho Hou, vale a dire una maggiore resistenza al freddo, al caldo, all’umidità e si riduce notevolmente la necessità di assumere cibo e di dormire.
Giunto a questo stadio, il neofita si concentra sull’apertura del Tu Mai. Il ch’i scende gradualmente sempre più in basso, fino a raggiungere le piante dei piedi. L’intero corpo diviene elastico e flessibile al punto da sentirsi come privo di ossa; si avrà una sensazione di leggerezza corporea tale da ridurre notevolmente la sensazione della stanchezza e dell’esaurimento psico-fisico.
L’apertura del Ch’ung Mai rappresenta il passo successivo e, insieme, il raggiungimento del primo traguardo che si pone il taoista. Il “ch’i dei cinque elementi” è perfettamente libero di scorrere nel corpo. A questo punto, come dice un antico testo taoista, «la bellezza è all’interno e scorre verso le membra»; il corpo si sentirà leggero, chiarificato, caldo e morbido. Riportando le immagini che i testi taoisti utilizzano per descrivere gli effetti di queste aperture, si producono “la grande circolazione del cielo”, “la piccola circolazione del cielo”, “la rotazione del carro del fiume”, — simboli poetici che alludono all’apertura di tutti i meridiani, principali e secondari, producendo il conseguente ringiovanimento degli organi e dei tessuti e il raggiungimento di una salute eccellente.
La liberazione del ch’i dalle varie ostruzioni e la sua libera circolazione nel corpo, pur apportando grosse modifiche anche a livello fisiologico, non rappresenta affatto la realizzazione dell’intero frutto del tao; in realtà, è solo la fondazione di una solida base per entrare nel tao. È il cosiddetto “frutto iniziale”. Qui inizia il vero percorso conoscitivo e mistico, che culminerà nel raggiungimento di quella condizione in cui «le stelle dell’universo smettono di ruotare, il sole e la luna si uniscono”: è la conciliazione degli opposti e la realizzazione dell’unità nel seno stesso della manifestazione cosmica. Il Baihui (una sorta di finestra alla sommità della testa, similmente al sahasradala indiano) si spalanca e irradia la luce del sole; tutto l’essere è aperto e chiaro, incomparabilmente gioioso; una corrente d’aria fresca discende e permea l’intera struttura fisica; «i tre fiori si riuniscono sulla cima», il corpo diviene soffice come ovatta e tiepido come in primavera, la forza vitale raggiunge una superiore pienezza, la mente si stabilisce in un regno di luce in cui i pensieri ordinari scompaiono senza lasciare alcuna traccia. Non solo lo spirito interiore, ma anche le mente, la vita e il corpo sono immersi nell’illuminazione. L’interno e l’esterno si congiungono e si fondono l’uno nell’altro.
Successivamente, secondo i testi taoisti, si può congiungere il “calderone” (il corpo fisico animato dall’energia vitale liberata e dalla mente ridestata alla realtà originaria) alla “fornace” (una sorta di corpo celeste, dotato di forma), mediante il “Tan dorato esteriore” e il “Tan dorato interiore” (Tan corrisponde al concetto di immortalità).
Gli scritti che si occupano di queste pratiche sono conosciuti con il nome di Tan Sutra, che esaminano per l’appunto i metodi per conseguire l’immortalità fisica.
In definitiva, come disse Nan Chang, «il tao si deve manifestare nella materia poiché altrimenti non sarebbe visibile».