Oltre alla scoperta dell’America, un evento che giustifica la demarcazione creata dagli studiosi fra medioevo e era moderna è l’invenzione della stampa, attribuita a Gutenberg, che porta — nel 1.450 — alla prima edizione (in 200 copie) della “Bibbia delle 42 righe”. Questa scoperta, perfezionatasi nella seconda metà del Quattrocento, permise alla cultura di circolare più facilmente e di diffondersi progressivamente a tutti i livelli sociali.
Dopo la scoperta delle Americhe da parte dei primi viaggiatori, le nazioni europee (soprattutto la Spagna), inviarono i conquistatori. Lo spagnolo Cortés conquistò il Messico massacrando la popolazione indigena, mentre un altro spagnolo, Pizarro, conquistò il Perù, massacrando gli incas (per dovere di informazione, ricordiamo che anche l’italiano Cristoforo Colombo si macchiò di atroci e barbari stermini). Cominciò in questo modo uno spietato sfruttamento spagnolo del continente americano, cui presto si aggiunse lo sfruttamento portoghese del Brasile.
L’afflusso dei metalli preziosi dal nuovo mondo sconvolse l’economia europea e accentuò il consolidarsi della borghesia. L’asse economico si spostò dai paesi mediterranei a quelli atlantici e questo determinò la crisi dei porti e dei mercati italiani.
L’Italia era, alla fine del XV secolo, il paese più prospero e civile d’Europa, ma anche il più debole, a causa del suo frazionamento politico. Era quindi naturale che ad essa guardassero con cupidigia le potenti nazioni europee. Con la morte di Lorenzo il Magnifico (1.492) risorsero le ostilità fra gli Stati italiani.
Sollecitato da Ludovico il Moro, nel 1.404 calò in Italia il giovane re di Francia Carlo VIII, che si impadronì con facilità del regno di Napoli senza incontrare alcuna resistenza. Subito dopo però, temendo per la loro stessa indipendenza, gli Stati italiani formarono una lega e costrinsero Carlo a ritornare in Francia.
La discesa di Carlo VIII era tuttavia costata cara all’Italia e le conseguenze si fecero sentire anche dopo la fuga del re. A Firenze l’atteggiamento tenuto da Piero de’ Medici ne aveva provocato la fuga ed era stata creata, sotto la guida di Girolamo Savonarola, la repubblica. Nel 1.498 però, avversato dai nobili e dal clero e scomunicato, Savonarola fu arso sul rogo.
Dopo Carlo VIII anche il suo successore, Luigi XII, calò in Italia (1.499), rivendicando il ducato di Milano, che riuscì infatti a conquistare. Padroni della Lombardia, i francesi si allearono con gli spagnoli per conquistare e spartirsi il meridione, ma poi i due alleati si fecero guerra e il regno di Napoli toccò agli spagnoli vincitori (1.504).
Nel centro dell’Italia intanto Cesare Borgia creò un vasto Stato che subito dopo però, con la morte di Alessandro VI e l’elezione di Giulio II, crollò. Giulio II, preoccupato dall’espansione veneziana verso i possedimenti papali in Romagna, creò la lega di Cambrai (1.508) e stroncò definitivamente le ambizioni territoriali di Venezia. Liberatosi dei veneziani, Giulio II organizzò in funzione antifrancese la lega santa (1.511) che, benché sconfitta a Ravenna, finì per scacciare la Francia da Milano.
Francia e Spagna erano già avviate a essere un nuovo polo di rivalità in Europa quando sul trono di ognuno di questi paesi salì un grande re: Francesco I in Francia, Carlo V in Spagna (il quale, ereditando anche i domini degli Asburgo, venne eletto imperatore). La Francia venne così a trovarsi completamente circondata dalle terre appartenenti al potentissimo rivale. Gli scontri fra questi due re avvenne soprattutto in Italia. Clamorosamente sconfitto a Pavia nel 1.525 e fatto prigioniero, Francesco I, tornato in libertà, organizzò subito con il papa e altri signori italiani preoccupati dello strapotere spagnolo, la lega santa di Cognac, che fu però sbaragliata e Roma messa a sacco nel 1.527. Anche l’estrema resistenza di Firenze fu spezzata nel 1.530 dopo un lungo assedio. Per arginare la potenza spagnola Francesco I giunse a allearsi con i turchi, ma inutilmente. Alla sua morte, nel 1.547, salì al trono francese il figlio Enrico II.
Pochi anni dopo anche Carlo V, nell’intento di far tornare la pace in Europa, si ritirò dividendo il suo impero tra il fratello Ferdinando, cui lasciò i possedimenti degli Asburgo, e il figlio Filippo II, che divenne re di Spagna.
Con la pace di Chateu-Cambrésis del 1.559, seguita dalla vittoria spagnola di San Quintino, finì la guerra tra Francia e Spagna. Per quanto riguarda l’Italia, la Savoia tornava a Emanuele Filiberto, il ducato di Milano e il regno di Napoli restavano sotto la Spagna, mentre l’influenza spagnola si accentuava su tutta la penisola.
Durante la lotta tra Impero e Papato, contro la crescente corruzione del clero si erano già levate voci isolate. Alla fine del secolo XIV e all’inizio del XV, Wycliff in Inghilterra e Hus in Boemia ripresero e ampliarono la protesta.
Ferdinand Gregorovius, storico e poeta tedesco, ricorda che «la Chiesa romana di quell’epoca diventò un bordello». Per fare qualche breve esempio, papa Giovanni XII soleva brindare agli onori di Satana (un giorno, ubriaco fradicio, nominò diacono uno stalliere; un’altra volta nominò vescovo un ragazzino di dieci anni per ringraziarlo dei servigi amorosi prestatigli); Benedetto IX vendette la sua investitura di papa; le nefandezze di papa Bonifacio VIII sono tali per perfino un cattolico come Dante nella sua Divina Commedia lo getta nell’inferno, assieme a un altro papa, Clemente V; papa Sisto IV nomina Grande Inquisitore il famigerato Torquemada, che in soli quindici anni pronuncia quasi 100.000 condanne e fa bruciare vive più di 16.000 esseri umani; papa Innocenzo VIII fu il maggiore responsabile della “caccia alle streghe”; papa Alessandro VI (ovvero Rodrigo Borgia!) ebbe ben nove figli (da diverse mogli, ovviamente); papa Giulio II venne soprannominato “il Terribile”; papa Paolo III ebbe alla sua morte un epitaffio assai conciso in una pasquinata: «In questa tomba giace | un avvoltoio cupido e rapace». Per cercare di contrastare la corruzione dilagante della Chiesa, agli inizi del XVI secolo Martin Lutero guidò una rivoluzione religiosa in Germania. Le idee di Lutero si diffusero con impensata rapidità e ebbero anche ripercussioni politiche e sociali, come la rivolta dei contadini del 1.524. Da questo punto la Chiesa si smembrò, in Germania con i luterani e poi anche con i calvinisti, in Inghilterra con la Chiesa anglicana. A questa ondata riformatrice la Chiesa rispose con la cosiddetta controriforma, partita dal concilio di Trento del 1.545, raggiungendo l’aspetto di una vera e propria persecuzione degli eretici (fra tutti merita di essere ricordato in particolare il rogo del grande Giordano Bruno, ma anche l’inquisizione nei confronti di Galileo Galilei).
Intanto diventava regina d’Inghilterra Elisabetta I, che riuscì a portare il suo paese a un grado di grande prestigio, anche artistico: è la celebre età elisabettiana (basti pensare a Shakespeare). Nello scontro con la Spagna la flotta inglese sgominò quella spagnola, ribadendo la propria potenza incontrastata nei mari.
L’Italia del Seicento ci presenta nel complesso un quadro di decadenza politica e morale.
Nella prima metà del Seicento un tragico e lungo strascico delle guerre religiose, provocato dalla cosiddetta Guerra dei Trent’anni, insanguinò l’Europa finché la pace di Vestfalia del 1.648 non sancì la vittoria dei francesi (alleati dei protestanti) su Austria e Spagna. Artefici di questo successo furono due ministri, Richelieu e Mazzarino, ma soprattutto Luigi XIV, salito al trono nel 1.661, che impose la monarchia assoluta in Francia e la supremazia francese in Europa. In Inghilterra i contrasti politici e religiosi portarono a una rivoluzione antimonarchica, guidata da Cromwell e conclusasi con la decapitazione del re Carlo I di Stuart. Morto Cromwell, tornarono gli Stuart, ma per breve periodo, perché una nuova rivoluzione portò sul trono inglese nel 1.689 l’olandese Guglielmo III d’Orange.
All’inizio del Settecento l’egemonia della Francia si consolidò su tutta l’Europa, con una serie di guerre che si svolsero in gran parte in Italia.
Intanto, un nuovo grande impero si presentava sulla ribalta dell’Europa, la Russia, che sotto la guida di Pietro il Grande spostò verso Occidente il centro dei suoi interessi. Infine non va dimenticata la Prussia, che con Federico Guglielmo I e Federico II riuscì a espandersi.
Mentre si intensificavano le esplorazioni delle parti del mondo ancora sconosciute, cominciò la colonizzazione dei territori già noti: Africa, India, Cina.
Il Settecento fu caratterizzato da un notevole progresso in campo politico e sociale, dovuto in gran parte alle idee illuministiche nate in Francia (grazie a pensatori come Voltaire, Diderot, D’Alambert), applicate con successo in Prussia da Federico II, in Russia da Caterina II e in Austria da Maria Teresa e da Giuseppe II. Anche l’Italia (in Lombardia attraverso i sovrani austriaci, ma anche in Toscana e nel regno di Napoli) fu toccata da alcune importanti riforme illuministiche.
L’invenzione delle macchine e il rapido perfezionamento dei metodi di produzione determinarono, nella seconda metà del Settecento, la rivoluzione industriale. Il perfezionamento delle macchine, in particolare l’introduzione della macchina a vapore, determinò la nascita delle grandi città industriali, soprattutto in Inghilterra. Veniva intanto scoperta l’energia elettrica e, sull’onda del pensiero illuministico, anche la scienza faceva grandi progressi (la chimica in particolare).
Intanto, in America, si lotta per l’indipendenza dagli inglesi, che portò alla pace di Parigi nel 1.783, ove si sancì l’indipendenza degli Stati Uniti d’America. Il nuovo Stato si diede una Costituzione improntata alle più avanzate idee dell’illuminismo.
La Rivoluzione francese nasce dal contrasto fra la borghesia e gli ordini privilegiati (nobiltà e alto clero). La convocazioni degli Stati generali, voluta da nobili e clero per porre rimedio alla crisi finanziaria, si risolse però a favore del terzo stato che chiese una riforma politica dello Stato e la Costituzione: gli Stati generali si trasformarono in Assemblea nazionale costituente. L’Assemblea proclama l’abolizione dei diritti feudali; vota la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino; approva la Costituzione (1.791). Il terzo stato ha vinto, ma è diviso fra coloro che sono soddisfatti dei diritti conquistati (alta e media borghesia) e coloro che vogliono la completa uguaglianza (piccola borghesia e masse popolari). Molti nobili emigrano; lo stesso re tenta la fuga, ma è arrestato e esautorato. La Convenzione vota una nuova Costituzione (1.793), in cui è previsto il suffragio universale. Ma la borghesia arricchitasi con la rivoluzione riesce a rovesciare il governo rivoluzionario e mandare a morte Robespierre, capo della rivoluzione nel periodo del terrore (1.794). La Convenzione vota una nuova Costituzione (1.795): il suffragio è ristretto ai cittadini attivi.
Intanto, Napoleone Bonaparte, dopo varie vittorie in Italia, dall’Egitto (dov’era impegnato a colpire l’Inghilterra nei suoi traffici marittimi) decise all’improvviso di tornare a Parigi, dove, con un colpo di stato, eliminò il Direttorio e creò un Consolato, di cui si fece nominare primo console. Dopodiché, Napoleone si volse contro i suoi nemici esterni: scese nuovamente in Italia e sconfisse gli austriaci (1.800). Nel 1.804 si fece attribuire attraverso un plebiscito il titolo di imperatore dei francesi. Nel 1.810, per consolidare il suo potere, dopo avere ripudiato la sua prima moglie Giuseppina, sposò Maria Luigia d’Asburgo, figlia dell’imperatore d’Austria.
Napoleone non compì solo grandi imprese militari: egli riorganizzò l’amministrazione e le finanze francesi e diede grande impulso all’istruzione pubblica. Particolarmente importante fu la sua opera giuridica, espressa nel Codice Civile, la cui influenza si avverte ancor oggi in molte legislazioni, compresa quella italiana.
Napoleone creò intorno alla Francia degli Stati satelliti: la Confederazione del Reno, il Regno d’Olanda, il regno d’Italia (1.805), il regno di Napoli (1.806), il regno di Vestfalia (1.807), il granducato di Varsavia. Contro l’unica nazione che non era riuscita a sconfiggere sul campo, l’Inghilterra, Bonaparte bandì il “blocco continentale”, ossia la chiusura di tutti i porti europei alle navi inglesi. Nel 1.812 Napoleone si accinse alla sua più grande spedizione: l’invasione della Russia, finita con una tragica ritirata. Approfittando di questa sconfitta, Svezia, Russia, Inghilterra, Austria e Prussia si coalizzarono e nel 1.813 riuscirono a battere Napoleone a Lipsia, che fu costretto a abdicare (1.814). Sul trono di Francia salì Luigi XVIII, fratello di Luigi XVI. A Bonaparte fu lasciato come minuscolo regno l’Isola d’Elba: da qui Napoleone organizzò un suo ritorno al potere e nel marzo del 1.815 rientrò in Francia. Ma il suo governo durò solo cento giorni: austriaci, prussiani e inglesi gli inflissero una definitiva sconfitta a Waterloo (18 giugno 1.815). Relegato nell’isola di Sant’Elena dagli inglesi, Napoleone vi morì il 5 maggio 1.821. In Italia, alla quale la dominazione napoleonica aveva portato i vantaggi di importanti riforme amministrative e l’abolizione di diversi privilegi feudali, la caduta di Napoleone segnò il ritorno dei vecchi sovrani. La Lombardia e il Veneto formarono il regno lombardo-veneto, sotto il dominio dell’imperatore austriaco.