I primi stanziamenti umani nell’alta valle del Nilo risalgono a circa 10mila anni fa. Nel Sud, verso il V millennio, l’Alto Egitto aveva come capitale Nekhen, dove si adorava la dea-avvoltoio Nekhbet. Nel Basso Egitto (la zona del delta) la capitale era Buto; vi si adorava la dea-cobra Uto.
Un mitico re, Narmer, riunì — intorno al 3.000 a.C. — i fiorenti regni dell’Alto e del Basso Egitto, dando vita alla cosiddetta “dinastia zero”, unendo le due corone e facendo del serpente e dell’avvoltoio le due deità protettrici del nuovo sovrano, che sarà chiamato “faraone” e considerato incarnazione del dio Horo, figlio del dio Ra. È probabile che Narmer fosse il padre di Menes, considerato il capostipite della I dinastia (2.920 a.C.). Da qui inizia la storia ufficiale dell’Egitto.
Poco si sa della II dinastia; durante questo periodo, che risale al sacerdote Manetho, la letteratura egizia sopravvissuta è costituita unicamente da testi epigrafici.
Quando Menfi divenne capitale con i faraoni della III dinastia comincia l’Antico Regno, durato poco più di 500 anni (dal 2.778 al 2.260 a.C.), fino alla VI dinastia. A questo periodo risalgono le celebri piramidi di Cheope, Chefren e Micerino. Fra i testi papiracei rinvenuti appartenenti a questo periodo, occupa un cospicuo posto il compendio di testi religiosi, magici e funerari in stile poetico-letterario redatti per i faraoni del tempo e comunemente denominati Testi delle piramidi. In questi testi è possibile isolare due vasti complessi tematici, l’uno costituito da formule di contenenza magico-religiosa (collegati in particolare alla cerimonia funebre e alla resurrezione), l’altro da concezioni anche politiche. Di una certa rilevanza gli inni agli dèi e i racconti mitologici di alcune divinità (domina la figura del dio-sole Râ, onorato nel famoso centro che i greci hanno chiamato Eliopoli). Da un punto di vista stilistico si riconosce la freschezza, il vigore dell’espressione, l’originalità di molti concetti espressi in tali testi che, peraltro, non caddero in disuso nei secoli successivi.
Segue un periodo di decadenza, chiamato Primo periodo intermedio (fra il 2.260 e il 2.160 a.C. circa). Le opere letterarie sono pervase da un senso di tristezza e di scoramento. Segnaliamo in particolare le Istruzioni per Merikarâ che, sebbene pervenutoci incompleto, contiene elementi di grande interesse. Sulla falsariga di similari componimenti dell’Antico Regno, il testo è un insieme di consigli che un padre redige per il proprio figlio, il cui nome è per l’appunto Merikarâ. Interessante in particolar modo è il tratto in cui cogliamo una concezione della divinità in relazione con gli uomini, secondo la quale l’umanità è qualificata «gregge di Dio», di Colui che ha creato cielo e terra, il soffio della vita. Gli uomini, usciti dalle membra di Dio, sono immagine di lui. Quando questi piangono, lui li ode. Ha creato per essi la magia, come mezzo da opporre ai tristi eventi. Il contenuto evoca così un’ideazione veramente inaspettata della divinità, la quale non è affatto insensibile né distaccata dai fatti della vita di qualsiasi uomo (e non soltanto dei faraoni).
Con il Medio Regno l’Egitto visse tempi di grande splendore — dal 2.160 al 1.785 a.C. — comprendente le dinastie XI e XII. I testi di questo periodo, purtroppo, sono piuttosto scarsi. Meritano una speciale menzione un paio di testo narrativi: le Avventure di Sinuhe, il cui linguaggio terso riesce a rendere ogni sfumatura psicologica del protagonista, tratteggiate con mano felice e misurata; e il Racconto del naufrago, in cui si narra di un’isola fiabesca abitata da un serpente smisurato, che richiama comparazioni con l’Odissea (in particolare le avventure che Ulisse sperimentò prima di toccare l’isola dei Feaci), con Sindbad il marinaio, con Robinson Crusoe, con il Gilgamesh.
La XII dinastia fu interrotta dalla invasione di un popolo guerriero, gli Hyksôs (è ancora da stabilire se si tratta di un popolo africano o asiatico), che occuparono il paese e lo tennero per più di un secolo: è il Secondo periodo intermedio, dal 1.785 al 1.580 a.C. Durante questo periodo una torma di genti delle popolazioni limitrofe dell’Asia Minore invase l’Egitto. Taluni dei loro capi riuscirono a insediarsi sul trono egizio. Il periodo di soggezione degli asiatici si concluse sotto la dinastia XVIII.
I faraoni del Nuovo Regno liberarono l’Egitto e lo condussero alla sua massima potenza con la conquista di gran parte dell’Africa e dell’Asia. I dinasti prendono a stringere frequenti matrimoni con figlie di capi asiatici. Esse (e le centinaia di ragazze che con vario titolo costituiscono il loro seguito) contribuirono enormemente nel divulgare la cultura della loro patria d’origine. Durante questo periodo (dal 1.580 al 950 a.C.) si susseguirono le dinastie dalla XVIII alla XXI, durante alcune delle quali gli egiziani vissero una profonda crisi politica e religiosa — soprattutto con i faraoni Amenhotep III (figura di regnante egizio fra le più ammirate dagli egittologi, che aveva una aperta predilezione per il dio Atòn) e Amenhotep IV, che seguì le simpatie paterne, mutò il suo nome in quello di Echnatòn e fondò il centro residenziale “Orizzonte di Atòn” sulla riva destra del Nilo. Il dio fu onorato con il celebre Inno a Atòn, ammirato tuttora per il seducente lirismo che lo abbellisce. Ma nell’innologia del tempo occupano un loro posto anche gli inni in onore del dio-sole Râ; particolarmente riuscito è l’Inno a Râ composto dai due fratelli Hôro e Seth, architetti del tempo di Amenhotep III; notevole e inaspettata, nell’inno, è l’apposizione di «madre benefica degli dèi e degli uomini», il cui valore, delicatissimo, suscita ammirato consenso anche da parte di lettori moderni. Da citare anche l’Inno a Amonrâ e (attribuito a un tale Thuti) l’Inno a Amòn. Alla dinastia XIX risale inoltre un magniloquente componimento poetico, il cosiddetto Poema di Qadesh che godette, a suo tempo, della più ampia diffusione. Ha per soggetto uno scontro fra egizi e ittiti (popolo indoeuropeo stabilitosi verso l’inizio del secondo millennio a.C. nelle zone montuose fra l’Armenia e l’Asia minore). Si distingue nettamente da composizioni analoghe per l’impeto lirico, per la misurata e accorta padronanza con cui furono vivificati, con tocchi maestri, i singoli episodi, tutti concorrenti alla glorificazione della figura del giovane sovrano combattente e a esaltare la potenza di Amonrâ.
Persa l’Asia a opera di non bene identificati ‘popoli del mare’, cominciò la decadenza: le dinastie XXII-XXV appartengono alla cosiddetta Bassa Epoca, compresa fra il 950 e il 395 a.C. Alla dinastia XXII è per lo più attribuita (sia pur con qualche riserva) la composizione sapienziale conosciuta come le Istruzioni di Amenemòpe, scritta allo scopo di trasmettere a un figlio la summa delle esperienze personali. Per Amenemòpe degno di elogio è l’individuo che opera silenziosamente, con riservatezza. Alcuni studiosi ipotizzano una possibile traduzione di questo testo in ebraico, al tempo della prima signoria persiana (dopo un periodo conosciuto come “rinascenza saita”, per l’importanza cui assurse la città di Sais, fra il 663 e il 525 a.C. — XXVI dinastia) — in cui dominarono gli assiri, l’Egitto cadde sotto il dominio persiano: è appunto la “prima signoria persiana”, XXVII dinastia, fra il 525 e il 404 a.C.); in età successive l’autore ebraico cui dobbiamo i cosiddetti Proverbi di Salomone avrebbe tolto a prestito e incorporati passi isolati delle istruzioni di Amenemòpe. Da un certo valore è inoltre il testo narrativo intitolato Viaggio di Uenamòn, pregevole sotto molti punti di vista (redatto in forma autobiografica da un copista della XXII dinastia). Grandi pregi artistici di fantasia e di intreccio presenta poi il ciclo che prende nome da Haemuas, articolato in distinte narrazioni, delle quali le più complete, per lo stato di conservazione dei manoscritti papiracei, sono due, solitamente denominate Il libro magico di Thot e Il figlio Si-Osiris. Si tratta di racconti mirabolanti, connessi con il mondo leggendario e fantastico delle forze magiche e soprannaturali, che hanno comunque precise comparazioni con motivi letterari posteriori, come alcuni versetti del Vangelo di Luca o di alcuni passi di Plutarco e di altri scrittori greci.
La grande civiltà dell’Egitto volge al suo termine. Alcune dinastie nazionali, dalla XXVIII e la XXX (404-341 a.C.) non bastarono a risollevare gli egizi, che caddero nuovamente in mano ai persiani (Seconda signoria persiana, 341-332 a.C.). L’Egitto fu quindi conquistato da Alessandro Magno (nel 332 a.C. - “signoria greca”) e divenne infine colonia romana (“signoria romana”, 30 a.C. - 395 d.C.).