Sono pochi i popoli su cui la mentalità europea nutra più equivoci che sugli abitanti autoctoni dell’Africa. Le ragioni, forse, sono facili da spiegare. Le culture africane appartengono al tipo che i profani sono abituati da generazioni a considerare primitive in tutti i significati di questo termine abusato. Inoltre, si tratta di culture di una specie umana rimasta schiava dal XV al pieno XIX secolo. Isolati dalla popolazione di pelle bianca, relegati nelle più umili mansioni, erano in sostanza costretti a vivere una vita economicamente e intellettualmente depauperata.
La difficoltà maggiore, nel valutare la cultura dell’Africa, sta nel fatto che si è trattato di una cultura prevalentemente orale, che non accordava importanza alla scrittura. Cerchiamo comunque di mettere in evidenza alcune caratteristiche fondamentali.
Il primo tratto saliente da mettere in luce è che la letteratura dell’Africa indigena costituisce una unica entità; cosa che non si potrebbe ripetere per nessun’altra terra di questa mole. E le somiglianze non si limitano esclusivamente ai tipi d’intreccio e ai contenuti specifici, ma si estendono anche agli espedienti letterarî (per esempio, alla funzione dei canti nel contesto prosastico). Come disse una celebre africanista, «comunque si studi l’Africa: geograficamente, etnologicamente o psicologicamente, a mano a mano che ci si inoltra, si avverte sempre più l’assenza di confini precisi» (Werner, African Mythology).
Inoltre, contrariamente alla credenza diffusa in tutto il resto del mondo, l’Africa autoctona non pensa che l’uomo sia stato in origine depositario di una particella divina che poi avrebbe perduta. L’uomo, per esempio, non sale al cielo per comunicare con gli dèi; sono gli dèi a scendere sulla terra. In alcuni miti gli dèi un tempo abitavano sulla terra, donde sono stati costretti per varie ragioni a trasferirsi in cielo.
È stato infine spesso messo in luce l’usuale realismo che contraddistingue la letteratura africana. Precisiamo che tale realismo non è, generalmente, accompagnato da cinismo. Alle crude difficoltà del vivere, la letteratura africana contrappone l’astuzia, la vitalità e una allegria con un fondo melanconico. Il romanticismo non compare spesso, mentre il sentimentalismo è praticamente inesistente.
Per una raccolta di narrativa orale africana ordinata secondo criteri scientifici, si rimanda a studi specifici. Sarebbe impossibile qui anche solo una rassegna che non cada nella generalizzazione eccessiva e diminutiva e che farebbe disonore a questa grande e affascinante cultura.