L’astronomia è un campo di ricerca che ha affascinato l’uomo dai primordi. In India riferimenti all’astronomia si possono riscontrare già nell’antichissimo Rg-Veda che è, lo ricordiamo, il più antico documento scritto pervenutoci dalla preistoria dell’uomo.
L’antica astronomia indiana — detta khagola-shastra — conosceva i pianeti (detti grahas) e, collegandosi all’astrologia, erano convinti che avessero una qualche relazione con le umane fortune o sfortune.
Jean-Claude Bailly (1736-1793), rinomato astronomo francese del XVIII secolo, membro dell’Accademia di Francia e dell’Accademia delle Scienze, autore del celebre Essai sur la théorie des satellites de Jupiter, scrisse che «il sistema astronomico degli hindu è molto più antico di quello dei greci e degli egiziani; il moto delle stelle calcolato dagli hindu 4.500 anni fa non presenta sostanziali differenze dalle misurazioni più recenti». E, più oltre, ribadendo il primato di antichità sugli egizi, Bailly aggiunge che «anche gli ebrei derivarono la loro conoscenza dagli hindu».
L’astronomia indiana antica era consapevole del fatto che il sole è una stella tra le tante, posta al centro del nostro sistema solare; inoltre, l’astronomo Brahmagupta (vissuto intorno al VII sec. a.C.) stimò la circonferenza della terra nella misura di 5000 yojana (un yojana corrisponde a 7,2 km. e quindi il calcolo era sorprendentemente esatto, corrispondente ai 36.000 km. reali). Per gli astronomi indiani dell’antichità era inoltre assodato il fatto che la terra fosse sferica. E fu sempre Brahmagupta a formulare la teoria della gravità e della gravitazione terrestre. Egli scrisse che «i corpi materiali cadono a terra poiché è nella natura della terra di attrarre i corpi, come lo scorrere è nella natura dell’acqua». Un secolo dopo, Varahamihira ipotizzò una forza che spingeva i corpi materiali a cadere per terra, affermando che quella stessa forza agiva sui corpi celesti nel mantenerli stabili al loro posto, determinando nel contempo la posizione occupata dai principali corpi celesti visibili a occhio nudo. Il termine sanscrito per designare la gravitazione è gurutvakarshan, parola composta formata daguru tva akarshan, ove akarshan significa essere attratto e l’intero termine può essere tradotto con “attratto dal maestro”. L’astronomia indiana considerava il sole il Guru, il maestro del sistema detto per l’appunto solare (interessante risulta anche notare che guru significa letteralmente ‘colui che rimuove le tenebre’). Il Sole è il sostegno di tutti gli esseri terrestri, fonte di luce (dinkara), e di calore (bhaskara). Bhaskaracharya, celebre astronomo dell’antichità (500 a.C.), nel suo Siddhanta-Shiromani discute a lungo l’eliocentrismo, sebbene la paternità della scoperta venne data ai greci in epoca assai più recente, fino alla moderna teoria di Copernico e Galileo che suscitò severe reazioni da parte dei più alti funzionari della chiesa cattolica.
Uno dei più grandi astronomi indiani fu Aryabhata, nato nel 476 a.C. in una città chiamata Ashmaka, nell’attuale stato del Kerala. Venne mandato già da ragazzino a studiare presso la prestigiosa università di Nalanda (frequentata anche da studenti greci, persiani e cinesi), e presto si distinse per le sue doti, apportando significativi contributi nel campo scientifico. Tra le altre cose, lo si ricorda per avere proposto la teoria della gravitazione eliocentrica, anticipando Copernico di un migliaio di anni. La sua opera principale, conosciuta con il nome di Aryabhatiya, venne tradotta in latino nel XIII secolo. Grazie a questa traduzione, i matematici europei conobbero i metodi per calcolare l’area del triangolo, i volumi delle sfere, le radici quadrata e cubica. Aryabhata formulò la teoria delle eclissi lunari dando la responsabilità del fenomeno al Sole, proprio come Copernico e Galileo osservarono molto tempo dopo. I calcoli astronomici di Aryabhata, che egli formulò nel suo Aryabhata-siddhanta, servirono a creare l’antico calendario hindu (detto pachanga), il quale teneva conto delle eclissi. L’assenza del telescopio ovviamente limitò enormemente la ricerca astronomica nell’antica India, tuttavia alcune delle scoperte effettuate in tale ambito sono sorprendenti. Fu sempre Aryabhata a formulare la teoria della sfericità della terra.
Concludiamo notando che la ricerca scientifica in India non venne mai ostacolata da alcuna istituzione religiosa, diversamente da quanto accadde in Europa fino a Galileo, scomunicato e condannato quale eretico.