È toccata a Furio Colombo la sorte di intervistare Pasolini per l’ultima volta, il pomeriggio precedente quella tragica notte del 2 novembre 1975.
Diamo qui alcuni estratti di tale intervista che riteniamo straordinariamente e drammaticamente attuale.
Io pretendo che tu ti guardi intorno e ti accorga della tragedia.
Qual è la tragedia?
La tragedia è che non ci sono più esseri umani, ci sono strane macchine che sbattono l’una contro l’altra. E noi, gli intellettuali, prendiamo l’orario ferroviario dell’anno scorso o di dieci anni prima, e poi diciamo: ma strano che questi due treni non passano di lì, e come mai sono andati a fracassarsi in quel modo? O il macchinista è impazzito, o è un criminale isolato, o c’è un complotto. Soprattutto il complotto ci fa delirare. Ci libera di tutto il peso di confrontarci da soli con la verità. Che bello se mentre siamo qui a parlare qualcuno in cantina sta facendo i piani per farci fuori. È facile, è semplice, è la resistenza.
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Quando stai con la faccia schiacciata contro quell’ora, quel minuto della storia, scegliere è sempre una tragedia. Però ammettiamolo, era più semplice. Il fascista di Salò, il nazista delle SS, l’uomo normale con l’aiuto del coraggio e della coscienza, riesce a respingerlo anche dalla sua vita interiore (dove la rivoluzione sempre comincia). Ma adesso no. Uno ti viene incontro vestito da amico, è gentile, garbato, e collabora (mettiamo alla televisione).
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Dico: smettete di parlarmi del mare mentre siamo in montagna. Questo è un paesaggio diverso. Qui c’è la voglia di uccidere. E questa voglia ci lega come fratelli sinistri di un fallimento sinistro di un intero sistema sociale. Piacerebbe anche a me se tutto si risolvesse nell’isolare la pecora nera.
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Una prima divisione, classica, è “stare con i più deboli”. Ma io dico che in un certo senso tutti sono deboli, perché tutti sono vittime. E tutti sono colpevoli, perché tutti sono pronti al gioco del massacro. Pur di avere. L’educazione ricevuta è stata: avere, possedere, distruggere.
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Ho nostalgia della gente povera e vera che si batteva per abbattere quel padrone senza diventare quel padrone.
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Se siamo a questo punto io dico non perdiamo il tempo a mettere un’etichetta qui e una là. Vediamo dove si sgorga questa maledetta acqua prima che restiamo tutti annegati.
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Voglio dire fuori dai denti io scendo all’inferno e so cose che non disturbano la pace di altri. Ma state attenti. L’inferno sta salendo da voi. È vero che viene con maschere e bandiere diverse. È vero che sogna la sua uniforme e la sua giustificazione. Ma è anche vero che la sua voglia, il suo bisogno di dare la sprangata, di aggredire, di uccidere, è forte ed è generale. Non resterà per tanto tempo l’esperienza privata e rischiosa di chi ha, come dire, toccato la “vita violenta”.
Non vi illudete. E voi siete con la scuola, la televisione, la pacatezza dei vostri giornali, voi siete i grandi conservatori di quest’ordine orrendo basato sull’idea di possedere e sull’idea di distruggere.
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Io ascolto i politici con le loro formulette, tutti i politici, e divento pazzo. Non sanno di che paese stanno parlando, sono lontani come la luna. E i letterati, i sociologi, gli esperti di ogni genere.
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Forse sono io che sbaglio. Ma continuo a dire che siamo tutti in pericolo.