Secondo Benedetto Croce, due sole categorie di individui scrivono poesia dopo i diciott’anni: gli stupidi e i poeti. Pur avendo finora pubblicato quattro testi poetici – Amritagni (1996), Alkesti(2000), L’opera della fenice (2004) e Dana(2009) – suscitando il plauso dei maggiori critici contemporanei (Giorgio Bárberi Squarotti e Edoardo Sanguineti), una certa prudenza mi ha sempre spinto a indossare i più modesti panni del regista teatrale.
Forte del bagaglio ricevuto sotto la guida di teatranti del calibro di Zigmunt Molik (co-fondatore del “Teatr Laboratorium” di Grotowski), Yoshi Oida (della compagnia di Peter Brook) e Bruno Ferraro, ho realizzato spettacoli in cui la poesia ha un ruolo predominante, accanto alla fisicità attoriale e con la collaborazione di danzatrici e musicisti (io stesso ho studiato chitarra classica con Liana Wyan e canto lirico con Alberto Jona, presso il Conservatorio di Torino). Così sono nati, fra gli altri, Una stagione all’inferno (1993) Magna Mater (2000), Kaligone (2009).
Le mie conoscenze cinematografiche, formate con il regista Gianluca Tavarelli, mi hanno inoltre permesso di realizzare il video Kaosmos (1995), accolto presso la Galleria d’Arte Moderna di Torino.
Ma è sempre la poesia lo strumento espressivo che più mi corrisponde. Per amore di Mère e Sri Aurobindo ho tradotto in poesia italiana (per aria nuova edizioni) le principali opere poetiche di questo Poeta Divino. Perciò, ho accettato con gioia l’occasione di adattare la vibrante prosa di Satprem, affinché un compositore raffinato come Americo potesse musicarne i testi.