Nirodbaran è stato per anni il segretario personale
di Sri Aurobindo. Negli ultimi tempi,
è diventato l’amanuense di Savitri.
Riportiamo qui alcuni ampi estratti tratti dal capitolo
di un suo libro (“Twelve Years With Sri Aurobindo”)
dedicato appositamente al capolavoro poetico
di Sri Aurobindo.
È mia intenzione effettuare un resoconto del lungo processo che condusse SAVITRI alla sua stesura definitiva. Dato che il grande poema epico ha toccato così tanti cuori in tutto il mondo, per la sua bellezza suprema, ho pensato che tutti costoro sarebbero stati interessati alla storia della sua crescita e del suo sviluppo, del suo compimento finale: la nascita del Bambino d’Oro. Mi rendo conto tuttavia che è un compito assai arduo.
Sebbene abbia avuto la singolare ventura di vedere Sri Aurobindo lavorare al poema epico e alla revisione dell’intera stesura e io stesso abbia svolto un modesto ruolo in veste di scriba, tentare di ricostruirne in retrospettiva l’imponente struttura, tornando indietro con la memoria, è davvero arduo, per via del fatto che ci sono state tante versioni, revisioni, aggiunte, limature e modifiche prima che la stesura finale fosse compiuta.
Pare che, originariamente, lo schema dell’epopea fosse composta di due parti: Parte I, Earth (“La Terra”), e Parte II, Beyond (“L’Aldilà”). Ogni parte comprendeva quattro Libri o, più precisamente, quattro Libri la prima, mentre la seconda tre Libri e un Epilogo.
In seguito le parti divennero tre, ma senza una denominazione precisa, e ognuna era costituita da un certo numero di Libri. Il primo si chiamava Love (“L’Amore”), poi cambiato in Quest (“La Ricerca”), mentre Love divenne il secondo Libro. In una delle prime versioni abbiamo Canti invece di Libri, ma successivamente i Libri compresero i Canti.
Sri Aurobindo redasse un buon numero di elaborazioni prima di arrivare alla forma conclusiva. Una delle prime stesure recava come sottotitolo A Tale and a Vision (“Una Storia e una Visione”), più tardi mutato in A Legend and a Symbol (“Una Leggenda e un Simbolo”).
Solo dopo diverse revisioni nacque l’attuale incipit:
[Era l’ora che precede il risveglio degli Dei.]
La penultima versione ricalcava praticamente la medesima struttura del testo attuale, ma i Canti erano assai più corti e molti temi successivamente trattati in modo più esteso trovavano lì uno svolgimento più conciso, in modo particolare per il Libro chiamato The Traveller of the World (“Il Viaggiatore dei Mondi”), il quale venne notevolmente ampliato. Sri Aurobindo cominciò ad aggiungere versi in quantità considerevole nel 1938.
Il punto raggiunto nel 1946 si può arguire da una lettera scritta in quell’anno. In essa Sri Aurobindo confida: «Ti accorgerai che, quando riceverai l’intero dattiloscritto [dei primi tre Libri], SAVITRI è cresciuto a una lunghezza considerevole e non è più la stessa cosa di ciò che vedesti all’epoca. Nella prima parte vi sono ora tre Libri; il primo, The Book of the Beginnings [“Il Libro delle Origini”], comprende cinque Canti che riguardano i medesimi argomenti dello scritto che copiasti a macchina, ma contiene anche diverse sezioni nuove. Il breve passaggio su Aswapati e gli altri mondi è stato sostituito da un nuovo Libro, The Book of the Traveller of the Worlds [“Il Libro del Viaggiatore dei Mondi”], in quattordici Canti contenenti migliaia di versi e c’è anche un terzo Libro piuttosto esteso, The Book of the Divine Mother [“Il Libro della Madre Divina”]. Nel nuovo assetto dell’epopea c’è una seconda parte che comprende cinque Libri: due di questi, The Book of Birth and Queest [“Il Libro della Nascita e della Ricerca”] e The Book of Love [“Il Libro dell’Amore”] sono stati completati e un altro, The Book of Fate [“Il Libro del Fato”], è quasi completo; gli altri due, The Book of Yoga [“Il Libro dello Yoga”] e The Book of Death [“Il Libro della Morte”], restano ancora da scrivere, anche se esiste già del materiale il quale necessita di una revisione completa. Infine c’è la terza parte che comprende quattro Libri: The Book of Eternal Night [“Il Libro della Notte Eterna”], The Book of the Double Twilight [“Il Libro del Doppio Crepuscolo”], The Book of the Everlasting Day [“Il Libro del Giorno Eterno”] e The Return to Earth [“Il Ritorno sulla Terra”], che devono essere interamente riveduti, ad eccezione del terzo Libro che deve essere quasi interamente ricreato. Perciò occorrerà ancora parecchio tempo prima che SAVITRI possa essere completo».
Quindi, il 20 luglio 1938, Sri Aurobindo scrive a Amal: «Temo di essere molto occupato con continui conflitti legati alle vicende mondiali e al diavolo… Anche SAVITRI ha rallentato moltissimo e sto curando esclusivamente le ultime revisioni della prima parte, già completata; le altre due parti sono per ora congelate.»
C’è già quindi una breve valutazione del lavoro compiuto e di quello che doveva ancora essere fatto. Durante gli ultimi quattro anni, dal 1946 al 1950, Sri Aurobindo lavorò costantemente sulle sezioni non terminate dando loro una versione quasi nuova, a eccezione del Libro della Morte e dell’Epilogo che, per qualche ragione imperscrutabile, lasciò praticamente senza revisione.
In ogni versione successiva alla prima, si nota uno sviluppo crescente in cui vecchi brani sono incorporati in una nuova struttura.
Nel novembre 1938 Sri Aurobindo ebbe un incidente alla gamba sinistra. Il lavoro sul poema epico dovette perciò arrestarsi come risultato di questo evento infausto e non poté essere ripreso prima della metà del 1940; infatti, benché egli fosse guarito per poter riprendere il suo lavoro letterario, si dedicò anzitutto alla revisione di The Life Divine [La Vita Divina] e solo dopo la sua pubblicazione, nel 1940, riprese il lavoro su SAVITRI.
Ormai Sri Aurobindo aveva ripreso a sistemarsi su una sedia durante le ore mattutine, mentre nel pomeriggio continuò per qualche tempo a lavorare seduto a letto. Fino a quell’anno, non avevo avuto alcun accesso all’opera né ad alcun altro dei suoi scritti e, nonostante tutto il lavoro fosse sparpagliato sul tavolo o nei cassetti, dovetti frenare il mio forte impulso a dare qualche sbirciatina all’epopea di SAVITRI; eravamo infatti lì per un altro scopo [ovvero, assisterlo durante la sua degenza in qualità di medico] e sarebbe stato un abuso di fiducia da parte nostra mettere mano nella sua sacra proprietà privata.
L’opportunità giunse nel 1940, dapprima solo per porgergli i manoscritti che chiedeva e, in seguito, iniziando a lavorare come suo scriba. Ricordo ancora chiaramente il giorno in cui, seduto a letto, con lo scrittoio davanti a sé, mi disse: «Troverai nei cassetti alcuni grossi quaderni con le copertine colorate; portameli.» Credo che al primo tentativo sbagliai, ma al secondo ottenni la sua sorridente approvazione.
Che cosa facesse in realtà con tali quaderni non saprei dirlo, perché vi lavorava per suo conto mentre noi stavamo seduti alle sue spalle; immagino si stesse dedicando a una prima rilettura delle varie versioni, dato che erano numerose. Infatti ci aveva già informati, prima dell’incidente, di avere riscritto il primo Libro per una decina di volte; forse le stava rileggendo allo scopo di effettuare una selezione dei versi e dei passaggi per la versione finale. In seguito, alcuni mesi dopo — nel periodo in cui al mattino si metteva su una sedia — mi disse che aveva bisogno di qualche quaderno nuovo. Senza informare Mère, corsi subito al mercato e acquistai due o tre quaderni da Manikacetty; Lui li accettò con un sorriso e fui felice di notare che li utilizzava per trascrivere SAVITRI.
Al termine di uno di questi quaderni scrisse: «Ultima stesura del primo Libro di SAVITRI, 6 settembre 1942.» In un altro quaderno che conteneva materiale fino alla fine di The Book of the Divine Mother è segnata la data 24 aprile 1944 (la mattina del giorno di Darshan), alla fine del Canto V del Libro I. Da queste due date possiamo supporre che dal 1940, anno in cui presumiamo che si impegnò nel lavoro di SAVITRI, al 1944, continuò a dedicarsi ai primi tre Libri; ma quanto nuovo materiale vi aggiunse? Quel che sappiamo, da una lettera a Amal, è che il Libro II, The Book of the Traveller of the Worlds, prima era costituito solo da un passaggio molto breve; adesso, invece, il Libro era assai vasto, sviluppato in quindici Canti. Anche il terzo Libro, The Book of the Divine Mother, fu redatto probabilmente per la prima volta, poiché scrisse a Amal nel 1946: «…c’è inoltre un terzo Libro piuttosto lungo, The Book of the Divine Mother».
Il passo successivo nello sviluppo dell’epopea fu l’intera trascrizione dei tre Libri, fatta da Sri Aurobindo stesso, su grandi fogli di carta bianca, su due colonne, con una calligrafia minuta. Una data alla fine di The Book of the Divine Mother, il 7 maggio 1944, suggerisce che la trascrizione dei tre Libri aveva richiesto circa un anno. Quando essa venne completata, io venni chiamato in causa e mi venne chiesto di leggergli questa copia finale, forse perché la sua vista si stava indebolendo.
Da questo momento iniziarono correzioni e aggiunte di mia mano sul manoscritto stesso. Mi spiace notare che esse sfigurarono la linda bellezza dell’originale e comprendo solo ora che fu un atto di brutale sacrilegio da parte mia, simile alla profanazione di figure scolpite sulla parete di un tempio, anche se non posso immaginare come avrei potuto inserire altrimenti così tante modifiche e aggiunte: un verso o una parola qui e due là, e molte di più altrove, per l’intera lunghezza del testo.
Sappiamo quanto abbondanti furono le correzioni e revisioni di SAVITRI. Si rimane semplicemente stupefatti di fronte alle enormi cure di Sri Aurobindo per elevare SAVITRI al suo ideale di perfezione e mi domando se a questo riguardo qualsiasi altro poeta possa essere paragonato a lui. Mi portò quale esempio Virgilio, che pare scrivesse nove versi al mattino e continuasse a correggerli per il resto della giornata. Ma anche così, l’Eneide è lunga nemmeno la metà dei primi tre Libri di SAVITRI. A tutte queste revisioni, Sri Aurobindo aggiunse, su piccoli fogli di carta separati, lunghi passaggi scritti di proprio pugno, fino al Canto The Kingdom of the Higher Mind [“Il Regno della Mente Superiore”], Libro II; tutto questo lavoro fu completato, credo, verso la fine del 1944.
A questo punto si rivelò necessario preparare una bella copia di quanto era stato corretto. Non so perché il manoscritto non venne subito consegnato per essere battuto a macchina. Ci fu un colloquio fra Mère e Sri Aurobindo in proposito: Sri Aurobindo disse probabilmente che a causa delle numerose aggiunte non sarebbe stato possibile farlo copiare da un’altra persona e lui stesso non ne era in grado. Mère suggerì il mio nome e portò uno spesso libro blu, simile a un libro mastro.
Ebbi bisogno di due o tre solleciti da parte sua prima che mi impegnassi sul serio. Ogni mattina sedevo dietro la testata del suo letto e appoggiandomi contro la parete incominciavo come uno studente del nostro vecchio ‘tols’ [scuola elementare di villaggio] sanscrito, con lo sgabello di Sri Aurobindo a fungere da tavolo; Mère non mancava di controllare la mia buona applicazione.
Benché gran parte del valore poetico passasse sopra la mia testa, abbastanza spesso il mio vitale fremeva per la pura bellezza delle immagini e delle espressioni, e fu proprio il primo verso che mi lasciò stupefatto. Non mi ricordo se la trascrizione e la revisione con Sri Aurobindo procedettero simultaneamente, oppure se la revisione seguì l’intera trascrizione. Mère di tanto in tanto chiedeva informazioni e penso lo facesse per sollecitarmi e per il fatto che la tipografia, istituita di recente, smaniava di avere qualcosa di Sri Aurobindo da pubblicare; specialmente adesso che la gente era venuta a sapere che dopo The Life Divine Sri Aurobindo si era dedicato a SAVITRI, tutti quanto lo attendevano ardentemente. Dovettero però attendere piuttosto a lungo perché, dopo la revisione, quando l’intero libro fu consegnato a Mère, lei lo passò a Nolini per essere dattiloscritto, e avvenne un’altra revisione del testo prima che fosse pronto per la stampa! Anche qui non posso giurare se la battitura fosse stata completata prima della revisione o se tutte e due procedettero contemporaneamente.
Ad ogni modo, l’intero lavoro progredì molto lentamente, perché Sri Aurobindo non si accontentava di un SAVITRI meno che perfetto. Anche noi non potevamo dedicargli molto tempo, non più, penso, di un’ora al giorno e qualche volta anche meno. La tipografia cominciò a pubblicarlo in brevi fascicoli di Canti a partire dal 1946 e, in tutte le fasi della revisione, anche sulle bozze di stampa, le modifiche e le aggiunte non finirono mai.
Fin qui il resoconto del procedimento seguito nel lavoro sui tre Libri mi pare abbastanza corretto, siamo stati aiutati in modo considerevole da alcune date menzionate in precedenza, ma dalla descrizione che seguirà circa il resto dell’epopea non si potrà pretendere tanta esattezza a causa della mia mancanza di memoria in materia. Posso rifarmi comunque alla lettera scritta da Sri Aurobindo a Amal nel 1946 e, dopo avere esaminato tutti i documenti disponibili, siamo giunti alle seguenti conclusioni circa il resto dei Libri.
Il Libro IV, The Book of Birth and Quest [“Il Libro della Nascita e della Ricerca”], è stato sufficientemente riveduto da Sri Aurobindo. Il lavoro si basa su diverse versioni antecedenti il 1938, che erano a loro volta sviluppi di altre molto più vecchie; la versione riveduta fu più tardi corretta e ampliata con il mio aiuto di scriba ed è stata divisa in quattro Canti.
Nel ricomporre il Libro V, The Book of Love [“Il Libro dell’Amore”], Sri Aurobindo ricorse a un certo punto a una delle versioni precedenti il 1936. Ne esistono infatti varie versioni, con titoli differenti, e anche qui in origine non c’erano Canti diversi.
Esistono tre vecchie versioni di The Book of Fate [“Il Libro del Fato”], uguali in lunghezza, che erano state chiamate Canto II ed erano abbastanza brevi. Una di esse, ampliata fino a raggiungere una lunghezza considerevole, fu sviluppata in due Canti, e gli ultimissimi ritocchi furono apportati l’ultimo mese di vita di Sri Aurobindo.
Non c’era The Book of Yoga [“Il Libro dello Yoga”] nello schema originale dell’epopea. Una vecchia versione, denominata Libro III, Death [“Morte”] è stata trasformata in The Book of Yoga, enormemente ampliata e denominata Canto I. Gli altri sei Canti furono totalmente nuovi, dettati e inizialmente suddivisi in Canti, ognuno con un suo titolo. Pare che tutti questi Canti, a eccezione del primo, siano completamente nuovi; non ho trovato infatti alcuna traccia di una qualche vecchia versione dalla quale potessero essere stati sviluppati. Mi stupisco solo adesso nel constatare come potessero essere dettati tanti versi giorno dopo giorno, come in The Book of Everlasting Day [“Il Libro del Giorno Eterno”].
The Book of Death [“Il Libro della Morte”] comprende tre vecchie versioni tutte chiamate Canto III e la stesura finale risulta essere l’elaborazione di una di queste; da un’altra versione è stato invece preso qualche verso da inserire in The Book of the Eternal Night [“Il Libro della Notte Eterna”].
La vecchia stesura, chiamata Canto IV, Night, servì come base per The Book of Eternal Night. Fu rivisto, furono aggiunti versi e venne diviso in due Canti; poi sul dattiloscritto vennero apportate altre correzioni.
Il Libro X, The Book of the Double Twilight [“Il Libro del Doppio Crepuscolo”], era denominato solo Twilight e costituiva il Canto V nelle stesure più vecchie, di cui esistevano quattro o cinque versioni, e non recava alcuna suddivisione in Canti. Da quelle versioni fu estrapolata una gran quantità di versi che vennero intrecciati in una elaborazione più vasta in cui le versioni precedenti non hanno mantenuto sempre la loro forma originale.
Il Libro IX presentava tre vecchie stesure. Una di queste, più lunga delle altre, è stata usata per la versione finale e venne notevolmente ampliata, mediante l’inserimento di interi lunghi passaggi nuovi di centinaia di versi, come ho già detto. Quanto all’Epilogo, tranne poche aggiunte, si tratta praticamente dell’unica versione iniziale.
All’inizio e per lungo tempo, il lavoro procedette molto lentamente, o perché Sri Aurobindo non sembrava avere fretta, oppure perché non avevamo molto tempo a disposizione, a causa della copiosa corrispondenza da sbrigare.
Successivamente, il lavoro assunse un ritmo accelerato e procedette in modo fluido senza interruzioni fino a che fu posto il sigillo di ‘stesura incompleta’ circa due settimane prima del Darshan del mese di novembre 1950.
Questa è pressappoco la storia del grande poema epico SAVITRI. Senza dubbio i primi tre Libri posseggono un livello di ispirazione molto più puro e più vicino alla perfezione degli altri perché, lavorando da solo e in tutta tranquillità, Sri Aurobindo aveva potuto dedicare loro più tempo e cura, cosa che, sfortunatamente, non si può dire per il resto dei Libri.