un breve raffronto fra
Rodogune
di
SRI AUROBINDO
e la tragedia omonima
di
Pierre Corneille
Il grande drammaturgo francese Pierre Corneille (1606-1684) nel 1644 compose una tragedia (in alessandrini a rime baciate) intitolata “Rodogune”. Vorrei pertanto, in questo articolo, tracciare alcuni raffronti, sulla base delle riflessioni fatte da Tommaso Iorco nell’introduzione della tragedia di Sri Aurobindo.
Ma voglio approfittare anzitutto dell’occasione per fare una precisazione relativa alla pronuncia del titolo della tragedia, che è il nome di persona di una principessa parsi vissuta nel II secolo a.C. e figlia del re Mitridate I di Parta. Tommaso Iorco ha infatti preferito mantenere il calco originale inglese utilizzato da Sri Aurobindo (identico a quello francese usato da Corneille) Rodogune, trovando — a giusto titolo, a mio modesto parere — l’italianizzazione ‘Rodoguna’ decisamente brutto (non a caso è utilizzata molto di rado dagli studiosi italiani, preferendo anch’essi mantenere Rodogune, a eccezione di quelli che operarono durante il periodo fascista, quando si usava italianizzare, in modo un po’ ridicolo, tutti i nomi di persona stranieri, a partire da ‘Guglielmo’ Shakespeare — e qualche volta anche i cognomi, come capitò alla famiglia di Tommaso, che originariamente era York!).
Si tenga quindi presente che in italiano è necessario leggere questo nome sopprimendo la ‘e’ finale, proprio come avviene in inglese e in francese (ma, ovviamente, eliminando ogni dieresi — del tipo anglosassone o francese — sulla lettera ‘u’). Trascrivere il nome come in italiano si legge, ovvero ‘Rodogun’, risultava ugualmente inappropriato e brutto fin sotto il profilo estetico.
Tornando invece allo scopo primario del mio articolo, volto a effettuare un raffronto fra la tragedia di Sri Aurobindo e quella di Corneille, come lo stesso Tommaso ci ricorda, nella tragedia del raffinato drammaturgo francese «Cleopatra è un personaggio perdutamente malefico, una manipolatrice scaltra e priva di scrupoli, assetata di potere (che vorrebbe continuare a esercitare manovrando i figli). L’intera drammaturgia si svolge su una dimensione dai toni fortemente cupi in cui Cleopatra, pur cosciente del proprio fallimento, mantiene fino all’ultimo un atteggiamento spietato.» E, a riprova di questa caratterizzazione, vengono riportati alcuni versi dell’ultimo atto mostranti «con quale odio sdegnoso la regina morente si rivolge al figlio Antioco, maledicendo la sua unione con Rodogune» —
Je t’ai défait d’un père, et d’un frère, et de moi:
puisse le ciel tous deux vous prendre pour victimes,
et laisser choir sur vous les peines de mes crimes!
Puissiez-vous ne trouver dedans votre union
qu’horreur, que jalousie, et que confusion!
Et pour vous souaiter tous les malheurs ensemble,
puisse naître de vous un fils qui me resemble!
Parole agghiaccianti, soprattutto se pronunciate da una madre, che cerco di tradurre qui (purtroppo non possiedo la penna poetica di Tommaso per tentarne una trasposizione in versi e occorrerà quindi accontentarsi di questa mia traduzione letterale!):
Ti ho strappato un padre, un fratello e me stessa:
possa il cielo prendervi entrambi per vittime
e far cadere su di voi la pena dei miei crimini!
Possiate non trovare nella vostra unione
altro che orrore, gelosia e confusione!
E per procurarvi tutti questi malauguri insieme,
possa nascervi un figlio che mi rassomigli!
Il taglio drammaturgico offerto da Sri Aurobindo è, invece, nettamente diverso. Riprendendo le riflessioni concise e puntuali di Tommaso, Sri Aurobindo «pur mantenendo i toni tragici che la vicenda impone, ne offre una prospettiva assai diversa», conferendo a Cleopatra un carattere forte ma per nulla spietato, allo scopo di «opporsi a quell’atteggiamento maschilista che tende a raffigurare le donne di potere come fatalmente crudeli, impulsive, accecate dalle passioni.»
Vi sono infatti «implicazioni più universali» nella tragedia di Sri Aurobindo. «Corneille incentra la tragedia sulla figura di Cleopatra, al punto da confidare in un’epistola di aver dato all’opera il nome della principessa Rodogune solo perché quello di Cleopatra Tea avrebbe certamente tratto in inganno il pubblico, confondendola con l’altra e assai più famosa regina d’Egitto, Cleopatra VI Tea Filopatore, ultima regina dell’antico Egitto, ultima rappresentante della dinastia tolemaica e ultima a possedere quel nome (e, di tutte, la più famosa). Sri Aurobindo, per contro, conferisce piena giustificazione al titolo, facendo ruotare la vicenda sulla figura della principessa parsi (e sul suo futuro sposo), sottolineata ulteriormente dalla sublime e acuta tragicità che Rodogune incarna nel doloroso epilogo.»
Infine, Tommaso — da sommo intenditore della poesia francese classica — conclude con una doverosa precisazione: «Chiarito, in definitiva, che entrambe le drammaturgie sono opere di grande e ispirata poesia (ove la squisita fattura dell’alessandrino francese fa coppia con la duttile e potente forza ritmica del pentametro giambico inglese), occorre mettere in evidenza il fatto che, pur recando un identico titolo e vertendo sulla medesima vicenda storica, ci troviamo in presenza di due testi assai diversi fra loro — non solo stilisticamente, ma anche nei risvolti drammaturgici, nella caratterizzazione dei personaggi, nella costruzione dell’intreccio e, per finire, nelle implicazioni e nelle allusioni contenute.»
Non mi risulta che la tragedia di Corneille sia mai stata tradotta in italiano. In ogni caso, per chi volesse andarsela a leggere nell’originale, inserisco qui in basso un link al testo francese, preceduto da uno (in italiano!) contenente i cenni biografici principali del poeta francese.
Buona lettura!
Gaia Ambrosini
RODOGUNE, Princesse des Parthes