La realtà araba vista attraverso
l’occhio del Poeta:

I visir di Bassora

Dopo la pubblicazione del dramma lirico Perseo il liberatore — ispirato al mito greco di Andromeda e del suo riscatto grazie all’intervento della dea Atena (per mano appunto di Perseo) — questo nuovo testo poetico ci permette di riflettere sul fantasmagorico mondo delle Mille e una notte.

Il materiale narrativo de I visir di Bassora, infatti, è tratto da una novella contenuta nella felice antologia mediorientale che è, verosimilmente, la più celebre racconta di fiabe del mondo.

In un passato non troppo antico, come sappiamo, la tradizione araba ha esercitato un forte influsso in Occidente, apportando un contributo essenziale alla cultura europea, nel campo della matematica, della medicina, della geografia, dell’astronomia, della filosofia, della letteratura e in molte altre sfere conoscitive e vitali (in Italia ci basti pensare alla fondazione araba del Regno delle due Sicilie e alle importanti conseguenze prodotte).

E, oggi che il mondo arabo è nuovamente alle porte dell’Europa (l’ammissione della Turchia nell’Unione Europea — che noi auspichiamo caldamente — ne rappresenterebbe l’ingresso ufficiale), ci troviamo di fronte a nuove opportunità e, anche, a nuove sfide.

La presente pubblicazione è certamente (fra le altre cose) uno stimolo verso un confronto costruttivo e un incontro positivo, in modo da poter arricchire ulteriormente sia la cultura europea sia la cultura araba.

Questo ci sembra infatti il giusto atteggiamento da tenere verso una cultura ‘altra’: guardare alle eventuali diversità come motivo di ulteriore crescita, anziché innalzare rigide barriere ideologiche (il più delle volte pretestuose) e barricarsi con integralistico delirio dietro le differenze (reali o presunte), esasperandole ed erigendole a pretesto per uno scontro funesto che potrebbe rivelarsi fatale per entrambe le culture.

Spesso, il mondo occidentale contemporaneo guarda con una sorta di superiorità il medioriente, a causa del fatto che le strutture sociali e politiche del mondo arabo non hanno ancora saputo trovare una veste appropriata per i tempi attuali, non avendo operato quella necessaria divisione fra potere politico e potere religioso che in Europa, pur con qualche difetto che ancora si ostina malauguratamente a persistere, si è felicemente creata grazie alla Rivoluzione francese.

Tuttavia, dobbiamo pur sempre ricordare che ci troviamo di fronte a una civiltà che, nel suo complesso, non è per nulla inferiore a quella europea.

Se ci affidiamo alla memoria dei testimoni oculari, ovvero di chi ha vissuto la storia in modo diretto e ne ha lasciato qualche testimonianza pregnante, prendiamo subito coscienza dell’alto valore della cultura araba nel passato. La figlia del re Alessio I (imperatore d’Oriente), donna coltissima, e in più europea fino al midollo e cristiana convinta, ottima conoscitrice tanto dei crociati europei quanto dei musulmani, nel suo libro (conosciuto come l’Alessiade) considera gli arabi più colti e maggiormente raffinati dei «barbari e ignoranti» (sic) cristiani. Nella sua opera citata, Anna Comnena (questo il suo nome) descrive gli arabi quale popolo dotato di un grado di civiltà assai più progredito rispetto a quello degli europei del suo tempo. Vi sono spunti nella stessa drammaturgia di Sri Aurobindo che sottolineano questa particolarità.

Infatti, se analizziamo l’Europa di Carlo Magno e il Medioriente sotto il califfato del suo contemporaneo Harun al-Rashid (periodo al quale il dramma lirico che stiamo presentando si ispira), notiamo subito la differenza sostanziale fra il mecenatismo illuminato di questo sovrano abbaside, e la follia sanguinaria e bigotta del re dei Franchi.

E proprio sotto il regno di Harun al-Rashid il mondo arabo ha conosciuto uno dei suoi momenti più fulgidi. La compilazione definitiva — così come noi la conosciamo attualmente — della celebre raccolta Le mille e una notte, il cui nucleo originale ha le sue radici in India, passando poi dalla Persia e approdata infine a Baghdad (con una tappa significativa in Egitto), venne concepita proprio in questo periodo, al punto che lo stesso al-Rashid figura sovente come uno dei personaggi dei racconti. Ivi compreso il racconto che Sri Aurobindo prese a spunto per realizzare questa mirabile opera poetica che, con orgoglio e ammirazione, ora pubblichiamo in questa edizione bilingue: nel suo radioso originale e in traduzione italiana.

Ma Sri Aurobindo non era un arabo né un musulmano, bensì un indiano non legato assolutamente ad alcuna religione (d’Oriente o d’Occidente), dotato di una inesauribile vena poetica, di una straordinaria esperienza spirituale e, in ultimo, di una conoscenza profondissima delle più significative culture della civiltà euroasiatica (e oltre).
Allora, perché questa sia pur felicissima irruzione nel mondo arabo da parte sua?

Anzitutto, diciamo subito che all’epoca della composizione di questa opera poetica, Sri Aurobindo viveva in un luogo dell’India a maggioranza musulmana (lo Stato di Baroda, per l’esattezza), lavorando in qualità di docente presso l’università di Stato. Ebbe perciò modo di conoscere assai da vicino i tratti caratteristici del mondo islamico. Una delle prime scoperte che fece in tal senso — sorprendente per quanti sono convinti che il mondo musulmano sia necessariamente maschilista e retrivo — fu proprio la constatazione dell’estremo grado di libertà di cui le donne musulmane disponevano, di gran lunga superiore a quello delle donne hindu dell’epoca. Egli notò con piacere che le donne musulmane (che fossero celibi o maritate) potevano liberamente circolare — da sole, intendiamo — per le strade di Baroda in qualunque ora del giorno (e della notte), e che non avevano alcun timore a conversare con degli sconosciuti. Né i loro mariti mostravano il minimo atteggiamento maschilista e repressivo.

Peraltro, è proprio dal contatto con l’India che gli arabi, semiti in origine, grazie in primo luogo all’influsso esercitato su di loro dalla Persia conquistata, hanno saputo trarre grandi frutti. È dall’India che i popoli musulmani, per limitarsi a un singolo esempio, hanno tratto i loro concetti matematici, esportandoli in Europa (i cosiddetti ‘numeri arabi’ sappiamo ormai essere in realtà indiani, così come l’invenzione dello zero e molti altri concetti che gli arabi esportarono). In questo modo gli arabi hanno arricchito, da un lato, la propria cultura, addolcendo le radici semite con influssi indo-persiani (basti pensare al sufismo), dall’altro, permettendo alla cultura europea di fare un enorme balzo in avanti in molti campi del sapere.

Ma non finisce qui.
Esiste un filo sottile che collega, da sempre, l’India agli europei e al mondo arabo.
India e Europa, come è ormai ben noto, condividono una medesima radice, che ha dato vita alla civiltà detta ‘euroasiatica’ o ‘indoeuropea’.
Perciò in un momento storico in cui l’Europa aveva fatalmente dimenticato le proprie origini euroasiatiche (corrispondente pressappoco agli inizi della nostra èra volgare), gli arabi hanno svolto una funzione preziosissima, facendo da tramite con la più lontana Asia.

Noi siamo perciò debitori nei confronti degli arabi, e la presente pubblicazione vuole essere un contributo — da parte della casa editrice aria nuova — verso una auspicata integrazione, in vista di quella nuova figurazione mondiale, del pensiero e dell’esperienza, che seppure a fatica si sta delineando in questo nostro mondo ancora profondamente scosso dalla violenza e da un barbaro impulso di dominio che vorrebbe imporre nel mondo un sistema totalitario basato sull’uniformità e sulla distruzione delle diversità.Il Pensiero Unico è una minaccia grave per l’umanità.

Possa dunque la grande poesia riscattare l’attuale pianeta in agonia! Con questa speranza offriamo al lettore italiano l’opera I visir di Bassora, ben consapevoli che la meravigliosa poesia in essa contenuta non si limita certo alle istanze (importanti, ma pur sempre limitate) offerte in questa breve riflessione. L’introduzione contenuta nel libro stesso offre, in modo assai più esaustivo e puntuale, un ampio raggio interpretativo volto a porre in luce la profonda ispirazione e il ricchissimo simbolismo che pervade quest’opera poetica, in cui l’Autore presenta alcune tematica a lui particolarmente care, presenti in tutta la propria produzione letteraria (fino a giungere al testo filosofico The Life Divine e alla sublime epopea Savitri).

Buna lettura!

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