SOHAMASMI

- aria nuova teatro -

Sohamasmi proclama l’identità essenziale tra l’essere individuato e l’Essere Supremo. E, in questa unità fondamentale dell’intero esistente, la stretta correlazione tra le varie culture della grande civiltà euroasiatica. Riprendendo le parole del Premio Nobel Romain Rolland, «noi dobbiamo unire di nuovo insieme la grande famiglia indoeuropea, che è stata divisa in due in modo criminale».
Le poesie offerte durante lo spettacolo (in sei diversi idiomi d’Eurasia) appartengono a Sri Aurobindo, mirabile ponte tra Oriente e Occidente. Per fare ancora ricorso alle parole di Rolland, «Sri Aurobindo rappresenta per tutti noi la più grande sintesi mai realizzata tra il genio dell’Asia e il genio dell’Europa; ultimo dei grandi Poeti-veggenti, tiene nelle sue mani tese l’arco dell’impulso Creatore».
Il percorso drammaturgico, scandito dai testi poetici scelti e dai ritmi delle percussioni, mostra l’evoluzione dell’amore (rappresentato da Cupido-Kama e incarnato da Psiche-Savitri) fino al raggiungimento della vittoria conclusiva e trionfale sulla morte.

Riproduciamo qui il testo di un’intervista che l’associazione culturale Soham (che ha commissionato il lavoro) ha fatto a Tommaso Iorco su questo spettacolo di cui egli è l’ideatore, il regista e il responsabile della drammatizzazione in forma scenica delle poesie di Sri Aurobindo (oltre a rivestire il ruolo di Kama-Cupido).

 


Domanda: Tommaso, puoi dirci qualcosa a proposito di questo nuovo spettacolo?

Tommaso: Si tratta anzitutto di una pregnante riflessione, insieme poetica e teatrale, sul grande fascino universale esercitato dall’amore. Due personaggi danno corpo all’intera azione scenica: il dio dell’amore, mostrando ognuno di noi strettamente legato a una delle sue molteplici espressioni, le quali vanno dalla passione carnale all’amore mistico, passando per le più variegate forme di amore: platonico, materno, intellettuale, artistico e altre ancora; il secondo personaggio rappresenta invece una significativa incarnazione umana dell’amore alla sua massima intensità che, aiutando il dio a liberarsi dalle proprie catene, rende possibile una radicale trasformazione, una sorta di riscatto terrestre, annunciando (mediante la poesia ispirata e vibrante di Sri Aurobindo) «una più grande e prodigiosa aurora», culminante nella perfetta identificazione — sohamasmi, per l’appunto — con quel Sole-di-Verità destinato a sorgere nel buio crepuscolo dei nostri umani fallimenti e a coronare in tal modo il sogno accarezzato dall’umanità attraverso i millenni: «un nuovo Cielo e una nuova Terra in cui la Verità abiterà». Tutto ciò, mentre il tempo (Kala/Chronos) scandisce i ritmi della rappresentazione, a ricordare che tutto quaggiù è sottoposto alle sue precise scansioni: dall’alternanza di giorno e notte fino allo stesso ciclo biologico di ogni essere vivente e dell’intero universo.

D.: Il fatto che il personaggio cui è destinato lo scioglimento dell’intreccio sia una donna è un caso o è una scelta deliberata?

T.: È una scelta assolutamente voluta. Diverse mie opere (non solo teatrali) vertono sul ruolo palingenetico della donna. Si tratta del naturale sviluppo di una percezione che ha radici antichissime: già nel Paleolitico il culto della Grande Dea era universalmente diffuso. La donna, direbbero in India, è la “Shakti”, la potenza dinamica e realizzatrice. Ma occorre anzitutto che la donna prenda coscienza delle sue reali potenzialità e si liberi dalle odiose costrizioni che l’hanno costretta nel corso della storia e che ancora oggi ne limitano il suo più pieno e libero sviluppo.

D.: Leggendo il programma di serata, si apprende che la drammaturgia ricorre non solo all’italiano, ma anche al greco antico, al sanscrito, all’inglese, al francese, al bengali... Non si rischia in questo modo di confondere gli spettatori?

T.: Nelle mie intenzioni, questa scelta intende costituire uno stimolo a comprendere come la vera essenza del linguaggio teatrale non risieda nel livello razionale e comprensibile della parola, quanto nell’azione teatrale che prende vita sul palcoscenico, a partire dalla parola. Non è mia intenzione disorientare il pubblico, ma sarebbe comunque sempre meglio che rifilargli una delle solite formulette che, ormai da decenni, allontanano lo spettatore dal teatro.
C’è poi una motivazione legata al senso stesso di questa rappresentazione, che vuole essere un invito a riconoscerci figli della vastissima cultura euroasiatica, la quale include lingue meravigliose come quelle che utilizzeremo durante lo spettacolo. Si tratta di lingue dotate ciascuna di una peculiare bellezza intrinseca ma che, al tempo stesso, condividono le medesime radici lessicali e, soprattutto, una medesima origine culturale.
Infine, non dobbiamo dimenticare che il reale valore del linguaggio poetico solo in minima parte poggia sul significato letterale e massimamente sul potere del suo vibrato, del suono — ponte ideale per tentare di avvicinarci alla vera scaturigine della poesia (e del mantra). E, per fare questo, occorre imparare a prestare orecchio alla musicalità dei versi.

D.: Un’ultima domanda: puoi spiegare cosa significa esattamente “Sohamasmi”?

T.: È una delle “grandi affermazioni” (mahavakya) cui l’altissima speculazione mistico-filosofica dell’India è giunta da millenni e proclama l’unità essenziale tra l’anima individuale (jivatman) e l’Anima suprema (paramatman). Le più alte vette della spiritualità sono arrivate a riconoscere l’unità fondamentale di tutti gli esseri nell’Unico Essere, non solo in India ma un po’ dappertutto — in Europa basti pensare a Angelo Silesio o a Giordano Bruno. In un mondo come quello attuale, drammaticamente lacerato da scontri etnici e da assurde divisioni, in cui il Moloch dell’economia domina su tutto, compresa la cultura, è necessario prendere coscienza di questa dimensione dell’essere se non si vuole annegare nell’insensatezza.
Questo è anche il motivo per cui preferisco tenermi il più possibile al di fuori dell’attuale sistema culturale: ogni suo prodotto — dal libro allo spettacolo teatrale — viene trattato come semplice “merce”, alla stregua di un pacchetto di sigarette o di una crema antirughe. Meglio volare alto e concentrarsi sui veri valori. Non sono mai stato a caccia di fama e il pubblico affezionatissimo che ci segue ormai da decenni dimostra di apprezzare questa scelta e lo testimonia spostandosi da ogni regione d’Italia per assistere con una partecipazione molto viva alle nostre rappresentazioni.