Caro Tommaso,
ho appena finito di leggere la tua lettera, in questo ben strano giorno, ma che dico, in queste ‘strane’ settimane e mesi che si susseguono precipitando la mia vita in un vortice di piccole e grandi, a volte impercettibili, coincidenze, modi di porsi delle cose, dei fatti, sensazioni, percezioni, barlumi di sogni, voci che si rincorrono, il degrado che impregna parole e carne, pelle e corpi.
Cosa ne è stato veramente di Satprem e di Sujata? Cosa dei loro corpi, di quelle cellule impregnate di coscienza, di una vita vissuta sempre a lottare per andare oltre? Sepolti e basta, come sempre, come per tutti, come il ‘mondo’ vuole?
I timori sono veramente tanti, enorme è la paura che ancora una volta qualcuno abbia deciso sulla pelle, è il caso di dirlo, di Satprem e Sujata, e sulla pelle di chi tenta momento per momento, ma chissà se conosciamo realmente cosa voglia dire “momento per momento, di dare significato alle parole «tutta la vita è yoga», perché non restino solo parole che il nostro io compiaciuto ripeta come un disco rotto.
È proprio vero che anche una piccola luce di consapevolezza concentrata smuove il fango dal profondo, con tanti vermi che riemergono facendo sentire la loro voce e protestando come ad impedire che la luce diventi più forte e penetrante.
Ti scrivevo già che le menzogne sono solidali, molto solidali, nel sabotare la verità. L’hanno sabotata, la stanno sabotando questa verità? Hanno già chiuso il ‘capitolo Satprem e Sujata’? Hanno deciso?
Ma chi sono questi signori che stabiliscono cosa dire e cosa no, cosa di Satprem vada reso pubblico e cosa no? Ancora, cosa sia privato e cosa pubblico?
Perché non dire e raccontare cosa è realmente successo e fornire tutte le necessarie informazioni, e non a conforto, perché non ho bisogno di alcun ‘conforto’ che tranquillizzi la mente, ma perché Satprem era un fratello che cercava, cercava, e non c’è confine, non possono esserci linee di confine, tra ciò che tutto il suo essere ha cercato e raggiunto, e ciò che i nostri esseri possono cercare e raggiungere, andando anche oltre.
È proprio l’unicità dell’esperienza di ognuno, nel diventare ciò che dentro, sotto strati e strati, siamo già, che può propagarsi oltre l’unico, oltre i confini dei nostri pensieri, dei nostri corpi, per diventare esperienza della Terra tutta.
Continuerò a cercare e tentare di diventare, e tentare di diventare significa anche cercare di sapere delle ultime ore di Satprem e Sujata, e del ‘dopo’ dei loro corpi, e di che cosa ne sarà dei Carnets. Avrò mai modo di leggere in italiano quelli già pubblicati e soprattutto, in qualunque lingua, quelli, tanti, ancora da pubblicare? Chi deciderà e secondo quali tempi, chi leggerà e interpreterà e tradurrà, e come?
Certo, infine, è come minimo suggestiva, per non dire strabiliante anche solo a livello intellettivo, l’interpretazione della signora Joos su “campi privati da delimitare” mentre il corpo e le cellule aspirano e vivono la trasformazione della Terra! Sempre e comunque separazione, divisione, un dentro e un fuori, un pubblico e un privato, il bene e il male, e qualcuno che decide cosa è bene e cosa è male!
Ti abbraccio e ti sono grato.
Francesco
30.1.2008
RISPOSTA
Caro Francesco,
le tue parole hanno sempre il buon sapore della sincerità e della chiarezza, ed è con fraterna gratitudine che ogni volta le ricevo e le leggo.
I tuoi interrogativi sono gli stessi che molti si pongono, in Italia, in Francia, in India e altrove. Chi potrebbe — o dovrebbe — fornire le risposte (tanto per non fare nomi, Françoise Joos e Diane Lemoulant) finge di non capire e, quando scrive, usa un inchiostro che annega le pagine in una coltre viscida e bituminosa.
In merito alla traduzione in italiano dei Carnets, che tu auspichi, ti basti sapere che avevo chiesto a Satprem il permesso di tradurre e pubblicare, e lui si era espresso del tutto favorevolmente. Ma l’I.R.E. francese ha ritenuto opportuno porre il suo niet — tanto scontato quanto squallido — per impedire a un ‘esterno’ (che per giunta è un irriducibile eretico!) di intromettersi nelle loro beghe da oratorio (dalle quali mi sono sempre premurato di tenermi a debita distanza).
Ci sarebbe poi da dire qualcosa a proposito dell’I.R.E. italiano. Come sai, l’ex-responsabile, Boni Menato, ha appoggiato le calunniose infamie di Luc Venet, e quindi ci sarebbe da aspettarsi un suo volontario allontanamento dall’IRE creato da Satprem. La signora Joos ha rassicurato quanti hanno chiesto chiarimenti in merito. Con me lo ha fatto su carta intestata IRE in data 16.11.2007, scrivendomi: «Je peux néanmoins vous dire que Boni a démissionné de son poste à l’Institut italien». Tuttavia, se provi a scrivere all’IRE italiano chiedendo chi è l’attuale responsabile, riceverai in risposta — come è accaduto a una cara amica qualche giorno fa — che i responsabili sono Boni Menato e una tale Gilberta C. (la sua commercialista)!
Insomma, pare proprio che la menzogna illo tempore incarnata dall’istituzione Ashram, sia ora trasmigrata nell’istituzione IRE. Già: i dèmoni sanno trasmigrare, purtroppo.
Per quanto mi riguarda, mi sono sentito in dovere di rendere pubblica la mia posizione, ma desidero confidarti che non sono minimamente preoccupato né sconvolto. Come sappiamo, ben al di là della portata di discutibili personaggi, resta il vero Lavoro, che nulla e nessuno potrà mai compromettere. Di fatto, peraltro, ogni ostacolo è un’occasione di crescita (e, in ogni caso, è più facile non inciampare negli imbecilli, quando si sa come smascherarli!).
Ricambio l’abbraccio con affetto e ti saluto con molta stima e amicizia
Tommaso
3.2.2008
CONCLUSIONE
Caro Tommaso,
ti ringrazio per le parole della tua lettera[…].
Penso, ma forse è una troppo semplicistica interpretazione, che a molti abbia dato fastidio il non essere riusciti a mettere Satprem su un altare. Vada per Sri Aurobindo e per Mère, “Avatar in due poli”, ma Satprem, se non lo rendiamo un idolo, un ’altro’ da noi, che ne facciamo? Perché se Satprem è uno di noi, la sua vita è stata ed è una sfida perenne alle nostre piccolezze. Se lui ha tentato, continuando sempre a scavare e seguendo la via aperta da Sri Aurobindo e Mère, non abbiamo proprio alibi, e allora è facile che Satprem diventi “diverso”, colui verso cui provare una velata ostilità, colui le cui parole, i cui manoscritti potranno anche essere filtrati attraverso competenze e tecnicismi mentali, accompagnati da diffidenza vitale, e non a partire dalla sincerità del cuore.
Un abbraccio fraterno.
Francesco
9.2.2008